Violenza, quando i maltrattanti si autodenunciano

Foto dell'autore

Di Redazione Metropolitan

Un’intervista con la terapeuta Maria Rosaria Rapolla ha messo in luce il processo che si nasconde dietro gli uomini autori di violenza e che cosa porta alla loro autodenuncia.

Che cosa si nasconde dietro alla violenza?

Con la terapeuta e conduttrice dei gruppi di rehab per uomini autori di violenza, organizzati dalla Fondazione Somaschi Onlus, Maria Rosaria Rapolla è stata intervistata su un tema che ormai da anni interessa tutta la nostra nazione.

In occasione della festa della donna, l’intervista alla terapeuta verte su un tema che è stato più volte ripreso nel corso degli anni e che sempre di più sta interessando le vite di migliaia di donne.

Come potrebbe capitare, molti autori di violenza si rendono conto di esserlo e, per non rischiare di ripresentare un’azione simile, si autodenunciano e cercano aiuto.

Le parole di Maria Rosaria Rapolla

Secondo quanto dichiarato dalla dottoressa, molti sembrano essere gli uomini che si pentono dopo un’azione simile. “È un meccanismo tipico” dice.

il pentimento rientra in una specie di schema circolare per cui l’uomo autore di violenza dapprima cerca di controllare la donna, poi, quando percepisce di non riuscirci, compie violenza e infine manifesta un senso di colpa

Aggiunge inoltre che a seguito di tale comportamento, ci potrebbe essere un periodo “luna di miele”:

fase di maggior gentilezza e attenzioni da parte dell’uomo, per farsi perdonare. Questo, in alcuni casi, può trarre in inganno: sembra un cambiamento, ma non lo è

Perché questo accade? La domanda sorge spontanea e l’intervistata risponde così

Perché, non appena l’uomo sentirà di non avere più il controllo sulla donna, molto probabilmente reagirà ancora con violenza, per poi pentirsi nuovamente. Quindi anche quando c’è una sorta di rimorso non significa che l’uomo sia davvero consapevole di quello che ha fatto e abbia maturato realmente la scelta di non compiere più violenza

L’autodenuncia, per quanto possa essere un’azione positiva, potrebbe riportare a diversi problemi. Secondo quando afferma la dottoressa, il problema si presenta è il seguente

Il problema è che in tal caso luomo ha delegato il controllo ad altri: “Fermatemi, perché io da solo non mi fermo

Proprio per questo, Maria Rosaria Rapolla consiglia a coloro che rientrano in questa categoria di seguire un percorso strutturato di consapevolezza. “Percorsi iter “educativi” che portino la persona ad apprendere che ogni violenza è il frutto di una volontà e di una decisione personale, che si può scegliere di non compierla

Il percorso per la consapevolezza

Il percorso che viene fatto per giungere alla piena consapevolezza ha inizio con il mettere in evidenza i diversi tipi di violenza. Segue poi l’identificazione della violenza e per arrivarci l’uomo viene aiutato attraverso il percorso a ritroso di pensieri e ed emozioni che precedono l’atto stesso. L’obiettivo è quindi quello di imparare a riconoscerlo e governarlo.

Come vengono aiutate queste persone? La terapeuta durante la sua intervista ha affermato che la domanda che viene posta al paziente dopo un atto di violenza è “cosa avrebbe potuto fare di diverso?“. Si cerca quindi di fare in modo che l’uomo comprenda le sue azioni e comportamenti.

Un uomo consapevole della sua violenza e che continua comunque a perpetrarla è dovuto al fatto che lui stesso è convinto di essere nel giusto.

Purtroppo il sottotitolo della violenza domestica è quasi sempre un “ma”, seguito da “se l’è cercata, è anche colpa sua”.

Il programma di rehab

L’accesso al percorso è gratuito e si articola in diversi canali: il primo passo è un colloquio individuale con operatori dell’equipe antiviolenza, per una valutazione e motivazione. In seguito si chiederà al paziente di sottoscrivere una sorta di “contratto” nel riconoscere gli obiettivi del percorso e nel rispettare condizioni per partecipare.

Dopo questa fase, la persona interessata verà inserita nel gruppo condotto da due terapeuti (un uomo ed una donna) e sarà composto da un massimo di 8 persone.

La durata minima del percorso suggerita è di almeno un anno con una frequenza quindicinale.

Rebecca-Asia Spadon

Seguici su:
Instagram : https://www.instagram.com/metropolitanmagazineit