VIRTUS BOLOGNA ’98: Gli anni ’90 per il nostro basket possiamo sintetizzarli come un periodo di grande illusione. Sì perché in quegli anni il movimento si era messo in testa di avvicinarsi, per quanto possibile, agli standard del più ricco calcio. In quel periodo entrano, dunque, nel business della palla a spicchi imprenditori facoltosi e realmente ambiziosi. Dei mecenati, vogliosi di entrare nel mondo dello sport senza rischiare di confrontarsi con i più potenti e influenti “pallonari”. Uno di questi è Gilberto Benetton, che acquista la Pallacanestro Treviso negli anni ’80 per trasformarla in una delle grandi dei nostri parquet. Questo grazie anche ad alcune mosse di mercato degne di nota. Un nome a caso? Toni Kukoc. Ma anche nella Capitale si voleva fare le cose in grande. La Virtus Roma, sponsorizzata da “Il Messaggero”, mise a segno colpi notevoli. Raoul Gardini, a capo del Gruppo Ferruzzi, si sbizzarrì per portare al PalaEur giocatori di alto livello.
Virtus, Danilovic l’uomo simbolo
La parola d’ordine era, dunque, investire, investire e investire. Peccato che il giocattolino si ruppe in un batter d’occhio. Non tutte le società poterono permettersi una politica votata allo spendere senza ritegno. Il basket italiano, dopo questa scelta scellerata, si ritrovò infatti di colpo più povero e anche meno abituato a occupare posizioni dominanti a livello europeo. La Coppa Campioni non arrivava in Italia dal 1988, ovvero l’anno della seconda affermazione consecutiva dell’Olimpia Milano sponsorizzata Tracer. Primi sintomi di un idillio che piano piano stava andando a scemare. Bologna, però, sembrava essere un caso a parte. Anzi, forse non ci fu mai così tanto fermento nei confronti della palla a spicchi. Siamo a fine anni ’90 quando, la città delle due torri, tramutò definitivamente in Basket City.
La rivalità storica tra Virtus e Fortitudo si era spostata ai massimi livelli. I derby decidevano non solo Scudetti, ma talvolta avevano un peso internazionale. Nel 1997 la Virtus era sponsorizzata dalla Kinder. La Ferrero però, che a differenza di altri poteva realmente permettersi spese folli, agì secondo prudenza senza fare il passo più lungo della gamba. Il roster era comunque più che competitivo a livello europeo. I più giovani sono Rasho Nesterovic, che farà poi fortuna in NBA, e lo sfortunato Chicco Ravaglia. Poi giocatori di esperienza come Riccardo Morandotti, i lunghi Augusto Binelli e il devastante Zoran Savic. Non mancano giocatori tutto cuore, come Sandro Abbio e Hugo Sconochini, e tutto cervello come Claudio Crippa e Antoine Rigadeau. La star non può che non essere lui, Predrag Sasha Danilovic, nuovamente in forza alla Virtus dopo il biennio in NBA. A dirigere l’orchestra c’è un certo Ettore Messina, tornato a Bologna per continuare il percorso interrotto dall’esperienza da ct azzurro.
Virtus Bologna, lo Scudetto e il “tiro da 4”
In campionato la Kinder è cannibale. Chiude la regular season con 23 vittorie e 3 k.o. Parte, dunque, come testa di serie per il play-off Scudetto. La prima a cadere sotto le tenaglie della squadra di Messina è la Calze Pompea Roma, eliminata dopo 4 gare. In semifinale la Virtus affronta Varese. Anche con i lombardi stesso risultato. Si vola, quindi in finale, dove ad aspettarla c’è la Fortitudo di Carlton Myers. Non si deciderà, dunque, solo chi vincerà il tricolore, ma anche la supremazia cittadina. E’ un derby drammatico, forse il più iconico in quegli anni d’oro di Basket City. Sì perchè a 20 secondi dall’ultima sirena, la Fortitudo era momentaneamente Campione d’Italia. Poi… la storia fece il suo corso.
Dominique Wilkins, “The Human Highlight Film” all’epoca in forza alla Effe, commette forse il più grave errore della sua carriera. Decide di fare fallo a Sasha Danilovic che nel frattempo stava sparando da 3. Così il serbo ha nelle mani un possibile gioco da 4, che porterebbe la gara all’overtime. Danilovic non sbaglia e da lì il match prende una piega tutta a favore della Virtus. La Fortitudo è frastornata dall’accaduto. Dopo aver accarezzato il titolo non ha avuto più la forza per rientrare in partita. La Kinder conquista, così, uno storico Scudetto, ancora protagonista di veri e propri sfottò verso gli odiati cugini.
Quarto di finale… con rissa
L’Eurolega vede la Kinder inserita, al primo turno, nel girone C, dove oltre ai bolognesi troviamo il Barcellona, il Pau-Orthez, il Partizan, l’Ulkerspor e l’Hapoel Gerusalemme. Si parte proprio in Terra Santa, dove le V Nere si impongono con un 68-81 propiziato dai 15 e i 21 punti di, rispettivamente, Danilovic e Rigadeau. Nella seconda gara i francesi dell’Orthez sbancano il PalaDozza, ma nella gara di Barcellona la Kinder si rimette in carreggiata. La Virtus da lì in poi le vince tutte e chiude il primo girone da indiscussa capolista. Al secondo turno fa parte del girone G dove, oltre al Barça e il Pau-Orthez, trova l’Alba Berlino, l’Union Olimpija e Paris Basket Racing. La Virtus continua il suo cammino trionfale, riuscendo così a conquistare il primo posto del girone con 3 giornate d’anticipo.
Agli ottavi ci sono i madrileni dell’Estudiantes. Pratica chiusa in due gare dove, in particolare all’andata al PalaDozza, la Virtus mostra una netta superiorità. Ai quarti c’è di nuovo la Teamsystem. Il derby, sia all’andata che al ritorno, è di nuovo tutto di marca bianco-nera. All’andata, però, succede un vero e proprio putiferio. Una rissa destinata a rimanere nella storia. Tutto nasce dalle prime schermaglie tra Fucka, Savic e Abbio, poi si inseriscono tutti, in particolare Myers e Danilovic. Gli arbitri cacciano, quindi, Savic, Abbio e Morandotti della Virtus, Fucka, Myers e tutta la panchina della Fortitudo. In tutto dieci espulsi, con la Effe che termina la gara addirittura in 3. Si arriva così alle Final Four con sede a Barcellona. In semifinale la Kinder affronta di nuovo il Partizan Belgrado. Un impegno che, però, non si rivela all’altezza della posta in palio. All’intervallo i ragazzi di Messina guidano sul +20 e alla ripresa non sembra esserci partita. La Virtus Bologna affronterà in finale l’AEK Atene.
Virtus Bologna, Campioni d’Europa
I greci raggiungono la finale dopo aver sconfitto precedentemente la Benetton Treviso. Possono contare nel loro roster la presenza di un italiano, grande ex del match, ovvero Claudio Coldebella. L’AEK, però, inizia sotto tono. Segna solo 5 canestri nel primo tempo, ma rimangono però in partita per via del basso punteggio. La Kinder va sul +13, ma successivamente molla la presa. A meno di 4 minuti dalla sirena finale, gli ellenici sono a soli 4 punti. Rigadeau segna due liberi importanti, cosa che non riesce invece agli avversari. Savic, MVP della gara, decide quindi di mettere la parole fine sull’incontro con la tripla decisiva. I 6.000 virtussini arrivati dalla città felsinea possono festeggiare. La Virtus Bologna conquista la sua prima Eurolega.
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