Vittima di una madre: il caso di Daniela Molinari

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Di Redazione Metropolitan

Negli ultimi giorni un caso di cronaca sta rimbalzando da un quotidiano all’altro. Si tratta della storia di Daniela Molinari, quarantasettenne malata di tumore. La donna, essendo stata abbandonata alla nascita, ha richiesto in totale anonimato una fiala del sangue della madre per poter accedere a una terapia sperimentale e salvarsi. Nonostante il Tribunale sia riuscito a contattarla e abbia avuto la possibilità di avere un totale riserbo sulla vicenda, il genitore biologico ha rifiutato di sottoporsi al prelievo. Ecco il quadro completo della vicenda.

La malattia di Daniela Molinari

Daniela Molinari nasce nel 1973 e la madre biologica decide di abbandonarla in ospedale. La bambina all’età di due anni poi viene data in affido a una coppia di Milano. Però purtroppo anche questa circostanza non è delle più rosee. Il padre adottivo preferisce recedere dall’impegno preso, lasciando la compagna e la piccola in balia del sistema giudiziario. In questo modo Daniela nei suoi anni di formazione è costretta a fare continuamente avanti indietro fra casa e comunità. Nonostante queste problematiche riesce ad andare avanti e ad ottenere una laurea in Psicologia. Attualmente infatti si occupa di aiutare pazienti con problemi di natura psichica. Purtroppo tre anni fa si comincia a manifestarsi un cancro al seno che nel giro di poco tempo si aggrava. E qui entra in gioco il suo passato: solo tramite una mappatura del codice genetico c’è possibilità di rimanere in vita.

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Per viltade il gran rifiuto

Per questo motivo Daniela Molinari si attiva, mettendosi sulle tracce della madre. Dopo un appello sui giornali, decide di chiedere aiuto al Tribunale dei Minori per portare avanti l’istanza. L’oramai anziana signora si rifiuta fermamente e anzi afferma di essere già da tempo a conoscenza delle peripezie della figlia naturale, ma di non volerla aiutare. In questo caso per salvare la vita a Daniela non basterebbe una dose del tanto abusato termine “amore materno”, ma una semplice provetta da laboratorio. Però alla fine, non tutte le donne sono degne di essere chiamate madri. Alcune infatti condannano la propria prole a morte certa come delle Medee contemporanee.