Vittorio Alfieri nasceva il 16 gennaio 1749. Ripercorriamo insieme l’eredità letteraria del grande scrittore.
Vittorio Alfieri nasceva il 16 gennaio del lontano 1749; uno dei più importanti autori della tradizione letteraria italiana, famoso soprattutto per le sue tragedie. Il Conte ebbe una vita piuttosto avventurosa e un carattere tormentato, precursore delle inquietudini tipiche del Romanticismo. Nato ad Asti da famiglia nobile, lo scrittore frequenta dal 1785 al 1766 la Reale Accademia Militare di Torino, con scarsi risultati. In seguito viene nominato alfiere dell’esercito regio ed assegnato al reggimento di Asti: da quel momento inizierà una lunga serie di viaggi, tra Inghilterra, Francia, Prussia, Olanda e Scandinavia. Fino al 1775, anno da considerarsi spartiacque nella vita del poeta, poiché segna il momento della “conversione” alla letteratura.
Le opere
Nel 1775 porta a termine la sua prima tragedia: Cleopatra. Seguiranno fra il 1775 e il 1782 numerose altre opere, fra cui vanno ricordate Filippo, Polinice, Antigone, Agamennone, Oreste, La Congiura de’ Pazzi e Maria Stuarda. Di altro genere è invece Vita scritta da esso: autobiografia iniziata nel 1790 e completata nel 1803, che ripercorre la scoperta di sé e la nascita del suo amore per la letteratura. Fra il 1783 e il 1788 vanno invece ricordati il Saul, il quale racconta lo scontro contro un dio tragico, Mirra e Bruto. Degno di nota è l’Abele (1786) per la sua definizione di tramelogedia, inventata dallo stesso poeta, che sarebbe la coniugazione del melodramma con la tragedia. Rimangono importanti anche i trattati Della Tirannide e Del Principe e delle Lettere; quest’ultimo analizza il rapporto dello scrittore con il potere assoluto, e le Rime sul modello petrarchesco, che danno libero sfogo al disprezzo nei confronti di meschinità ed ipocrisie tipiche dell’aristocrazia. Negli ultimi anni della sua vita si cimenta invece nella composizione delle Satire, di sei commedie, e della seconda parte della Vita.
Pensiero e filosofia
Attraverso lo studio dei classici l’Alfieri assume una visione personale razionalista e classicista, anti-tirannica e in favore della libertà, a cui si unisce l’esaltazione del genio individuale, tipica del Romanticismo. La tragedia è la forma artistica prediletta poiché la più adatta a rappresentare la sua concezione della vita basata sullo scontro tra oppressi ed oppressori, tra uomini eroici e tiranni. L’amore per la libertà è altro tema centrale, non intesa a livello politico ma esistenziale, e di conseguenza il suo odio per la tirannia. Per lo scrittore la scrittura tragica non deve essere lirica, ma anzi esprimere forza e azione, così come è fondamentale il rispetto delle tre unità aristoteliche.
L’amore
Il 1777 è un altro anno fondamentale nella vita del drammaturgo, poiché conosce per la prima volta quello che descrive come il “degno amore” nella figura di Luisa Stolberg, contessa d’Albany, moglie di Carlo Edoardo Stuard, pretendente al trono britannico (anche se i due si potevano considerare separati). Ne nasce un rapporto che resterà tale fino alla sua morte, mettendo fine alle irrequietezze dell’Alfieri, considerato fino a quel momento un dongiovanni. L’otto ottobre del 1803, a soli cinquantaquattro anni, muore, assistito proprio dalla Stolberg.
Curiosità su Vittorio Alfieri
Sull’Alfieri, personaggio eccentrico, non mancano aneddoti. Lo scrittore famoso per la sua malinconia, infatti, a sette anni tentò il primo suicidio. Avendo sentito parlare della cicuta e della morte di Socrate, andò in giardino mangiando quanta più erba possibile, credendo così di poter morte. Ovviamente si prese solo una indigestione. La seconda volta invece, per una delusione amorosa, chiese ad un medico di somministrargli i salassi con sanguisughe, e una volta solo si strappò le bende, ma un amico arrivò in tempo per salvarlo. Nel 1775 invece, dopo aver messo fine alla relazione con la marchesa Falletti, per imporsi di non vederla più, si dice che si tagliò il codino, segno di nobiltà del tempo, al fine di non uscire di casa per la vergogna. Nello stesso anno, dopo la rappresentazione di Cleopatra del 1775, giudicando immeritati gli applausi, si mise a studiare, e leggenda narra che si fece legare ad una sedia dal suo cameriere, con l’ordine di non slegarlo per un determinato lasso di tempo, ripetendo la celeberrima frase:
“Volli, sempre volli, fortissimamente volli” – Vittorio Alfieri