Il Ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, prende le distanze dal sottosegretario Vittorio Sgarbi. Il noto critico d’arte, infatti, almeno stando a un’inchiesta del Fatto Quotidiano, sarebbe indagato a Roma per sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte. Si parla di debiti non pagati per 715 mila euro

Il sottosegretario alla Cultura Vittorio Sgarbi è finito nell’occhio del ciclone, riferisce l’agenzia Agi, per l’accusa di avere percepito denaro in violazione di una norma che riguarda i componenti di governo: si tratterebbe di 300 mila euro in consulenze, presentazioni e mostre, emolumenti incassati da inizio, ancorché riscossi anche attraverso società intestate a un suo collaboratore o alla fidanzata del sottosegretario.

Compensi incompatibili, fa rilevare l’inchiesta giornalistica del Fatto Quotidiano, con la carica, in base a quanto disposto dell’articolo 2 della legge 215/2004.

“Se ho guadagnato 300mila euro in 9 mesi? Non lo so, forse è una cifra sottostimata, spero che siano molti di più”, ha risposto sempre sui giornali lo stesso Sgarbi. “La mia attività non è vietata dalla legge. Sono come un ministro che scrive libri”, aggiunge, sostenendo di avere una lettera dell’Anac che giustifica le sue “attività divulgative”.

Vittorio Sgarbi, replicando all’articolo del «Fatto Quotidiano» dal titolo «Sgarbi è al governo e incassa cachet d’oro: la legge lo vieta» e annunciando iniziative legali. Nell’articolo si precisa che Sgarbi ha guadagnato «almeno 300 mila euro, solo da febbraio a oggi» per conferenze, interventi e partecipazioni televisive. I soldi – si legge ancora – «sono per il sottosegretario Sgarbi, ma vengono dati anche al suo capo segreteria e alla sua compagna, e son tutti felici». «E che fine ha fatto – si chiede il quotidiano – la legge che da vent’anni impone ai titolari di incarichi politici di dedicarsi esclusivamente alla “cura degli interessi pubblici” vietando “attività professionali in materie connesse alla carica di governo? Buon per lui, solo che dal 31 ottobre 2022 Sgarbi è pagato dai contribuenti italiani per svolgere il suo incarico di sottosegretario».

Il Fatto aggiunge che, «stando ai documenti che ha visionato, attorno al critico-politico e ai suoi collaboratori di fiducia ruoterebbe invece una vera e propria industria fondata sull’arte di procacciare attività che si svolgono pure alla luce del sole, ma le cui remunerazioni restano nell’ombra, a volte erogate ad altri, non di rado spacciate come “missioni” e poi messe a rimborso del ministero».

Il Fatto aggiunge che, «stando ai documenti che ha visionato, attorno al critico-politico e ai suoi collaboratori di fiducia ruoterebbe invece una vera e propria industria fondata sull’arte di procacciare attività che si svolgono pure alla luce del sole, ma le cui remunerazioni restano nell’ombra, a volte erogate ad altri, non di rado spacciate come ‘missioni’ e poi messe a rimborso del ministero». Cicconi precisa che «non si capisce affatto dove stia il conflitto d’interesse e che il Fatto Quotidiano, invece di provvedere, come impone il codice deontologico dei giornalisti, a uno scrupoloso riscontro di quello che gli è stato sottoposto da ignoti (crediamo ancora per poco) “corvi”, ha preferito amplificare quella che è una calunnia, per la quale annunciamo sin da adesso di agire in sede civile contro il direttore, l’autore dell’articolo articoli e l’editore».