Erano altri tempi, quando il bello dello schermo faceva anche ridere. Quando si accendeva il televisore e il bianco e nero rifletteva le luci del varietà. Walter Chiari, straordinario attore di cinema, teatro, di radio e di televisione. Ti ricordi il varietà? Si potrebbe chiedere con una gomitata, tra sottintesi, parlando tra vecchi amici. Senza un filo conduttore, uno spettacolo d’arte varia, fu la via del successo per Walter Michele Armando Annicchiarico; viscerale mattatore, capace di stregare il pubblico e conquistare l’applauso come fa un mago con un colpo di bacchetta sul suo cilindro.
Un volto televisivo divenuto familiare, il primo showman capace di far tutto, nell’Italia delle serate RAI anni Cinquanta. Intrattenitore, con quel talento che, quando è puro, pare sia un gioco. “Quelli che venivano dal teatro erano ingessati, nessuno aveva la sua naturalezza”. Dice di lui Enrico Vaime, l’autore televisivo. Il dominio assoluto del linguaggio, era per Walter Chiari la chiave dello stare in scena. Conosceva così tante parole, da renderlo un uomo colto, curioso di tutto. E poteva intrecciare nello stesso contesto, la barzelletta da comico esilarante, alla frase di Shakespeare, con la saggezza di un letterato.
Il Re Walter Chiari
Il nome abbreviato in Chiari, perché troppo lungo sulle locandine, fu il premio ottenuto dopo un giro d’Italia con le valigie di cartone. Nell’immediato dopoguerra a Milano, il giovane Walter lavorava come operaio nella fabbrica Isotta Fraschini, la casa automobilistica. Pugile dilettante, dal ring di uno sport troppo pericoloso, salì su di un palco, quella sera, quando con gli operai della fabbrica, assistette all’esibizione di una compagnia d’avanspettacolo. Il comico va sostituito, e viene spinto sul palcoscenico dai suoi amici ad improvvisare una barzelletta. Da lì, finì con Carlo Campanini, attore comico già affermato, in “Vieni avanti, cretino!“, un cavallo di battaglia, che fu un tormentone dal teatro alla tv.
“Davanti alle telecamere ho bisogno almeno di un pubblico”. Le reazioni spontanee e il contatto con gli spettatori. Questo non doveva mancare per Walter Chiari, e fu lui ad inventare la trasmissione con il pubblico in studio, la platea televisiva. Una ventata di realismo arrivata fino a noi, oggi. Chiamato anche in numerosi film da registi come Dino Risi e Luchino Visconti. La vetta di una carriera, che la guerra aveva voluto iniziasse nelle serate dal vivo per i militari, pagate con i bollini annonari e qualche pacchetto di sigarette.
Chiari di luna…
Richiestissimo, pagatissimo e ‘paparazzato’. Risi lo scelse per il film “Il Giovedì”, nel 1964. E di lui disse: “Chiari non ha occhi, ma due buchi neri, e il cinema è fatto con gli occhi“. Avrebbe dovuto interpretare “Il sorpasso“, divenuto film simbolo dell’Italia del boom economico. Fu l’attore a rifiutare costringendo lo stesso regista a puntare su Gassman, forse per non lasciare sola la sua amante Ava Gardner; la moglie separata di Frank Sinatra che aveva conosciuto nel 1956 a Cinecittà, sul set de “La capannina“.
Un leggendario seduttore, fra i più popolari latin-lover del suo tempo. Come non credere al magnetismo di quegli occhi, che si fanno seri a contrasto di quel sorriso, capolavoro di bellezza in una risata. Tra le sue conquiste, accreditate dalla stampa scandalistica, Ava Gardner, Lucia Bosè, Elsa Martinelli, Mina e la principessa Maria Gabriella di Savoia. “E’ l’amor che mi rovina“, parafrasando uno dei suoi film con la Bosè, allora esordiente sul grande schermo. Walter, capace di abbandonare il palcoscenico una sera e far saltare uno spettacolo, solo per andare a trovare Lucia. Lei, dal fascino tenebroso, indecifrabile, che cedette all’innamoramento forsennato di questo stupendo pazzo Walter Chiari.
“Quando spunta la luna a Walter Chiari…”
Nel “Falstaff” di Orson Welles, grazie anche all’ottima conoscenza dell’inglese. E, ancora sugli schermi televisivi a condurre “Studio Uno” e “Canzonissima“, fortunate trasmissioni, con Mina e Paolo Panelli. Walter Chiari, nel 1970, aveva già ottanta film alle spalle e un record di ascolti in tv. Si era da poco unito all’attrice Alida Chelli, cantante romana e figlia del maestro Rustichelli, da cui stava per avere il suo primo figlio. Vent’anni di differenza tra loro e non sentirli. Appena tornati dal viaggio di nozze, la polizia preleva Walter dagli studi Rai dove si trova per un’intervista, e lo porta in commissariato, indagato per detenzione e uso di droga. Cento giorni di detenzione in carcere fino al processo. Sarà poi, assolto dall’accusa di spaccio.
Apprenderà da un secondino che suo figlio Simone è nato. La sua vita, un animale da palcoscenico, che ha incassato cifre favolose e dissipato tutto con incontrollata generosità. Il conduttore ideale. L’incarnazione della fantasia al potere. Idolo delle folle. Tutti in ginocchio da Chiari, ad osannare la raffinatezza verbale, e la bellezza di un fuoriclasse dalle sfumature drammatiche. L’eleganza vestita in abito da sera, rassicurante e protettiva, in un ‘buonasera’ dal sipario aperto. Per poi, girare le spalle all’uomo. Accusato, come se avesse perso fama e credibilità in egual modo, all’improvviso. Delusioni, sconforti, ferite, tutte impresse in quel volto che faceva sognare.
Un fiore a petali chiari
“Si muore in tanti modi, ma morire davanti al televisore acceso è da Walter Chiari”. Lo scrisse Aldo Grasso sul Corriere della Sera, all’indomani della tragica notizia. Quando fu trovato, ancora vestito dalla sera prima, seduto in poltrona, adagiato su di essa. Come se volesse restare aggrappato al mondo che meglio amava e conosceva. E al suo pubblico. E, insieme lui, per una volta, dall’altra parte dello schermo.
“Amici, non piangete, è soltanto sonno arretrato”. Questo l’epitaffio che aveva scelto per se. Regalandoci una risata fino all’ultimo. Sorrisi e non lacrime sui nostri volti. E come la scena finale in quel film di Risi, sali senza voltarti le scale. Quei gradini a tre per volta, impavido, forte, dritto verso l’alto. In una stessa notte di dicembre, nel film come nella vita, te ne sei andato. Senti gli applausi, Walter, dietro, che ti accompagnano. Sono scoppi di petardi, sono stelle filanti da ultimo dell’anno. Assordanti, come il silenzio dopo di te.
Federica De Candia. Seguici su MMI e Metropolitan cinema !