“Canzonissima ’68, a voi!”. Apriva così il sipario: l’eleganza di uno smoking nero e il sorriso rassicurante di un ragazzino. Erano altri tempi, quando il bello della televisione faceva anche ridere. Walter Chiari, era lui, insieme a Mina e Paolo Panelli, a radunare tutti davanti uno schermo. In bianco e nero, ma illuminato dalle luci di un varietà. Dal Teatro delle Vittorie di Roma andava in onda molto di più di una trasmissione musicale: uno spettacolo d’arte varia, che sembrava senza un filo conduttore, grazie alla leggerezza di Walter Michele Armando Annicchiarico. Viscerale mattatore, capace di stregare il pubblico e conquistare l’applauso: “Perché non provi a chiamarlo alle tre di notte? Almeno sei sicura di trovarlo in casa… Io faccio sempre così con i miei amici e li trovo sempre”.

Quelli che venivano dal teatro erano ingessati, nessuno aveva la sua naturalezza”. Dice di lui l’autore televisivo Enrico Vaime. Il primo showman capace di far tutto. Un volto televisivo divenuto familiare, nell’Italia delle serate RAI anni Cinquanta. Intrattenitore, con quel talento puro che pareva giocasse. Il dominio assoluto del linguaggio, aveva Walter Chiari in scena. Conosceva così tante parole, da renderlo un uomo colto, curioso di tutto. E poteva intrecciare nello stesso contesto, la barzelletta da comico esilarante, alla frase di Shakespeare, con la saggezza di un letterato. E pensare che aveva iniziato facendo il magazziniere e radiotecnico, e l’operaio nella fabbrica Isotta Fraschini, la casa automobilistica. Peppino De Filippo ne fece un quadro profondo e delicato: “Credo che la sera, quando va a letto, dopo aver fatto l’allegro per tutta la giornata, sia felice di distendersi e di abbandonarsi – almeno in privato – a un po’ di malinconia“.

Il re Walter Chiari

Chiari non ha occhi, ma due buchi neri, e il cinema è fatto con gli occhi“. Dino Risi riconosceva le sue doti di leggendario seduttore, e ancora su di lui diceva: “Era uno che con le donne ci sapeva fare. Collezionò, come Mastroianni (più sornione ma altrettanto vincente), bellezze nazionali e internazionali“. Un latin-lover in pieno stile, capace di abbandonare un set per correre da una donna. Avrebbe dovuto interpretare “Il sorpasso“, il film simbolo dell’Italia del boom economico. Fu l’attore a rifiutare per non lasciare sola la sua amante Ava Gardner; la moglie separata di Frank Sinatra che aveva conosciuto nel 1956 a Cinecittà, sul set de “La capannina“. Costringendo lo stesso regista, Risi, a puntare su Gassman.

Suo figlio Simone Annicchiarico in un’intervista rilasciata a L’Espresso nel 2012, dichiarava: “Le donne lo corteggiavano e lui le ricambiava. Ma credo che ne abbia amato una sola: Lucia Bosè. Quando lei lo lasciò per Dominguín, iniziò la sua vita randagia”. “E’ l’amor che mi rovina“, sembra dire Walter parafrasando uno dei suoi film con la Bosè. Lui una sera abbandonò il palcoscenico e fece saltare lo spettacolo, solo per andare a trovare Lucia. Lei, ex commessa e Miss Italia 1947, dal fascino tenebroso, indecifrabile, che cedette all’innamoramento forsennato di quel pazzo stupendo Walter Chiari. Come non credere al magnetismo dei suoi occhi, che si fanno seri a contrasto del sorriso, capolavoro di bellezza in una risata. Tra le sue conquiste accreditate dalla stampa scandalistica, Ava Gardner, Elsa Martinelli, Mina e la principessa Maria Gabriella di Savoia.

Sarchiapone con le donne

Un oste di Roma Nord, uno di quelli appartenenti alla vecchia scuola, che ha visto il cinema ‘sedersi ai tavoli’, ricorda Walter che portava a cena Brigitte Bardot: “Era n’fijo de…”, che vuol dire che sapeva farci con le donne. Si era da poco sposato a Sydney con l’attrice Alida Chelli, conosciuta sul set del film “Sono strana gente” del 1966, vent’anni di differenza tra loro, cantante romana e figlia del maestro Rustichelli, da cui stava per avere il suo primo figlio. Quando, tornati dal viaggio di nozze, la polizia preleva Walter dagli studi Rai dove si trova per un’intervista, e lo porta in commissariato, indagato per detenzione e uso di droga. Cento giorni di detenzione in carcere fino al processo. Sarà poi, assolto dall’accusa di spaccio. Apprenderà da un secondino che Simone era nato. Dalle parole di suo figlio: “Sono convinto che si sono serviti della sua fama per distogliere l’attenzione da questioni più gravi. Era noto che nel mondo dello spettacolo tutti facevano uso di cocaina e lui la prendeva fin dagli anni Quaranta, quando era considerata poco più di una spezia. Ma per tenerlo in galera“.

Walter Chari, pugno forte del pugilato, ti stendeva con una risata. Donne e spettacolo, ininterrottamente. “Davanti alle telecamere ho bisogno almeno di un pubblico”. Diceva lui che inventò la trasmissione con il pubblico in studio: proprio la platea televisiva arrivata fino a noi oggi. Aveva bisogno, una necessità indomita, delle reazioni spontanee e del contatto con gli spettatori. Questa ventata di realismo non doveva mancare. All’Hotel Siloe in via Cesari nel quartiere Niguarda alla periferia di Milano, una mattina di dicembre, fu trovato, ancora vestito dalla sera prima, seduto in poltrona, adagiato su di essa. Come se volesse restare aggrappato al mondo che meglio amava e conosceva. Vicino al suo pubblico, con lui, per una volta, dall’altra parte dello schermo. “Si muore in tanti modi, ma morire davanti al televisore acceso è da Walter Chiari. Scriveva Aldo Grasso sul Corriere della Sera, all’indomani della tragica notizia.

Ancora un giro di Walter

Amici, non piangete, è soltanto sonno arretrato. Pensò anche all’ultima battuta, quella da regalare sul finale, per fermare le lacrime con un un sorriso. Grazie Walter. Lui un giorno telefonò ad Alida Chelli da un set di un film e le disse: «Sono vestito da frate davanti a una fontana, se accetti di sposarmi mi ci butto dentro!». Con lui sono state sempre risate e ‘Chiari di luna’.

Federica De Candia per MMI e Metropolitan Cinema.