Yuni è uno dei film che fanno parte della selezione ufficiale della Festa del Cinema di Roma e la colora di viola, il colore preferito della protagonista, una sedicenne indonesiana alle prese con un dubbio che nessuna sua coetanea dovrebbe mai avere: andare all’università oppure sposarsi.

Il viola è il colore preferito di Yuni, ma anche quello che una superstizione locale considera nefasto: è infatti “il colore della vedova”. Ciò, unito alla vera e propria ossessione che la ragazza ha per questo colore, sembra per gli altri condizionare il suo destino: Yuni rifiuta ben due proposte di matrimonio, limite che non può oltrepassare, pena il non sposarsi mai.

Nessuno cerca di comprendere una ragazza che vuole soltanto vivere la vita che merita una sedicenne. Con lo giusto spirito, le uniche persone in grado di provare comprensione sono gli spettatori occidentali, se riconoscono con umiltà di essere privilegiate.

Yuni infatti sbatte in faccia al pubblico d’Occidente il privilegio di chi non deve vivere un’adolescenza che è l’anticamera di un matrimonio con una persona che non ama. Di chi sceglie di perdere la verginità per piacere, e non perché costretta dalle vicende che gli adulti costruiscono attorno sul proprio corpo ancora in fase di crescita e sviluppo. Di chi, ottenuto il diploma, può scegliere di continuare a studiare, anzi ne è incoraggiato.

La visione di questo film ti riporta all’adolescenza e ti fa immedesimare nelle situazioni: cosa avrei fatto io al suo posto? Ma soprattutto, cosa posso fare affinché la mia lotta per la parità non sminuisca le lotte altrui mentre mi crogiolo inconsapevolmente nel mio egoistico privilegio? Yuni insegna proprio questo: che le battaglie potranno trasformarsi in guerre solo quando nessuno, ma davvero nessuno, ne sarà escluso.

Chiara Cozzi

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