Zoom Escaper: il modo “educato” di uscire da una videocall indesiderata

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Di Redazione Metropolitan

Il “Dio dei rimedi”, Salvatore Aranzulla – che di mestiere fa anche il blogger, nonché divulgatore più letto in Italia – ci aveva ovviamente già pensato a spiegare “come simulare rumori e suoni in una chiamata telefonica”. Ma adesso arriva Zoom Escaper, l’escamotage con cui riuscire a ‘svincolarsi’ da una di quelle videochat noiose o sgradite che, con l’arrivo imminente del meeting, ha fatto crescere lo “stress da Zoom” al punto da potersi quasi abituare – dopo un anno di cuffiette, convocazioni, e ansie dal dover organizzare set decorosi e non troppo ‘familiari’. L’invenzione della web app che consente di “autosabotarsi” simula fastidiosi rumori di sottofondo o malfunzionamenti, come un bambino che piange, un cane che abbaia, raffiche di vento o il frastuono di un cantiere, offrendo motivi validi per disconnettersi e fuggire. In maniera del tutto educata.

La genialata è opera dello sviluppatore Sam Lavigne, certamente non un pivello. Perché Sam già in passato aveva prodotto altre app per sabotare la produttività di chi lavora in smart working, o in “lavoro agile” – per buona pace di tutti. Sul sito americano www.enet.com ha pubblicato un dettagliato tutorial su come utilizzare il software gratuito che, a quanto pare, funziona attraverso un altro software chiamato VB-Audio, finanziato con un sistema di donazioni. I passaggi sono semplici: basta collegarsi al sito di Zoom Escaper, abilitare l’accesso al microfono, scaricare e installare VB-Clabe e, una volta aggiornato, scegliere, nell’ampio menù, quale dei suoni sembra più ‘azzeccato’ a disturbare la chiamata, con la possibilità – per gli indecisi – di replicare perfettamente anche la cattiva connessione. Dietro i suoi stravaganti softwer non c’è la poca voglia di lavorare. Tutt’altro: l’intenzione sin dal principio era quella di combattere patologie emergenti, dettate proprio dal troppo tempo passato al pc, tra cui appunto la Zoom Fatigue. Con l’app Zoom Escaper è invece possibile riappropriarsi dei propri spazi personali e dare alle persone la possibilità – oltre che libertà – di disconnettersi quando non se ne può più.

Francesca Perrotta