Il 24 Marzo 1944 335 persone, tra cui militari, civili, ebrei e prigionieri politici, vennero rastrellati e fucilati dalle truppe nazionali tedesche come simbolo di vendetta per l’attentato partigiano compiuto in Via Rasella. I cadaveri vennero seppelliti in fosse comuni sulla via Ardeatina, luogo scelto sia per l’esecuzione che per nascondere l’atroce crimine di guerra.

Quest’avvenimento, chiamato successivamente “Eccidio delle Fosse Ardeatine”, è passato alla storia come uno degli eventi più truci e duri della Seconda Guerra Mondiale, ponendosi agli occhi di tutti come l’emblema della crudeltà dell’occupazione tedesca nella capitale. A distanza di 78 anni dall’evento, la strage rimane un atto di barbarie su cui riflettere e porre tutta la nostra attenzione.

L’attentato in via Rasella: il punto di partenza della strage

L’eccidio ebbe origine dall’attentato compiuto dai partigiani il 23 Marzo dello stesso anno, i quali attaccarono l’11° compagnia del III battaglione del Polizeiregiment “Bozen” presso via Rasella. Dodici uomini posero una bomba ad alto potenziale all’interno di un carro per la spazzatura urbana, e la forte esplosione portò all’uccisione di 33 soldati nemici e alla distruzione della stessa strada romana. Appena arrivati sul posto, i generali tedeschi rimasero scioccati dal fatto compiuto dai partigiani e riferirono il tutto ad Adolf Hitler quello stesso pomeriggio, il quale parlò di una rappresaglia immediata che “avrebbe fatto tremare il mondo”. Si decise, dopo una telefonata tra i generali Mälzer e Eberhard von Mackensen e il colonnello Kappler, di uccidere dieci italiani per ogni tedesco morto, così da mostrare al mondo la supremazia tedesca sui popoli occupati.

Non avendo emesso nessun avvertimento riguardo l’eccidio, il capo della Gestapo a Roma iniziò segretamente a scegliere le vittime per la rappresaglia, provando ad individuare ben 320 persone da giustiziare. Pur di arrivare al numero stabilito dalle autorità, i tedeschi si ritrovarono a destinare alle fosse condannati a morte, ebrei che dovevano essere deportati, 37 militari italiani, alcuni “capi di movimenti clandestini” e “noti comunisti” rastrellati direttamente da via Rasella. Infine, venne deciso che le fucilazioni sarebbero state gestite dallo stesso generale Kappler e dai suoi uomini e che il capo della Gestapo a Roma avrebbe dovuto essere personalmente presente per “dare l’esempio”.

L’eccidio delle Fosse Ardeatine: la vendetta più crudele della Seconda Guerra Mondiale

Stabilito di uccidere le vittime designate nelle cave abbandonate in via Ardeatina, considerate un luogo adatto per occultare i cadaveri, verso le 14 del 24 Marzo 1944 i veicoli con i prigionieri partirono in direzione della morte. Alle 15:30, all’arrivo di tutti gli uomini stabiliti, iniziarono le fucilazioni a gruppi di cinque alla volta. Ad ogni persona venne chiesto il proprio nome per essere controllato su una lista, poi gli fu intimato di inginocchiarsi e gli fu sparata una pallottola all’altezza del collo. Questa procedura venne ripetuta 320 volte, sempre nella stessa identica maniera, fino al raggiungimento di pile di morti di una grandezza inaudita.

L’esecuzione iniziò con precisione e si concluse in modo più disordinato. Molti uomini non morirono immediatamente, altri si ritrovarono ad opporre resistenza, altri ancora vennero massacrati, i corpi mutilati a causa dei tanti colpi inferti. Verso la fine, a causa della quantità di cadaveri, sia le vittime che i carnefici si ritrovarono a salire sulla massa di corpi privi di vita, e la rappresaglia ebbe fine solo alle 20 di sera. Per occultare l’orribile gesto, i tedeschi si ritrovarono a far esplodere gli accessi delle gallerie che portavano alle fosse, così da chiudere definitivamente le entrate, ma invano. Infatti, l’esplosione fu sentita da alcuni salesiani nelle vicinanze, i quali durante la notte decisero di entrare nelle cave per vedere cosa fosse successo e scoprirono con orrore il gesto delle truppe nemiche. I cadaveri, infatti, erano rimasti impilati e la torre dei corpi era alta più di un metro e mezzo.

L’eccidio delle Fosse Ardeatine, il gesto che ancora fa rabbrividire

Nonostante siano passati 78 anni, il tremendo atto compiuto alle Fosse Ardeatine rimane indelebile nella memoria di tutti noi, per la crudeltà ed efferatezza con cui venne compiuto, per la cattiveria e la mancanza di coscienza con cui furono uccise 335 persone, quindici in più di quante sarebbero dovute essere giustiziate. Il gesto, rimasto nella memoria di tutti, fu condannato dallo stesso storico tedesco Gerhard Schreiber, il quale scrisse che “la messa in pratica dell’esecuzione può soltanto essere definita bestiale”, parole perfette per descrivere una delle carneficine più grandi della Seconda Guerra Mondiale.

Ed è importante affrontare questo argomento nel giorno della sua ricorrenza, per capire quanto la ferocia dell’uomo sia senza fine e per imparare dagli sbagli compiuti in passato. Perché? Perché, si sa, la storia è ciclica, e per evitare errori bisogna sempre tenere a mente le atrocità accadute.

Monica Blesi

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