Il 27 gennaio del 1945 l’armata rossa libera il campo di sterminio di Auschwitz. Primo Levi assistette con i suoi occhi alla liberazione, e racconta quanto avvenne nel romanzo La tregua, romanzo uscito nel 1963. Nella prime pagine descrive così l’arrivo dei soldati: “La prima pattuglia russa giunse in vista del campo verso il mezzogiorno del 27 gennaio 1945. Fummo Charles ed io i primi a scorgerla: stavamo trasportando alla fossa comune il corpo di Sómogyi, il primo dei morti fra i nostri compagni di camera. Rovesciammo la barella sulla neve corrotta, ché la fossa era ormai piena, ed altra sepoltura non si dava: Charles si tolse il berretto, a salutare i vivi e i morti.”

Racconta di come i soldati arrivati nel campo non riuscissero a guardare negli occhi i pochi sopravvissuti, quasi provando un senso di vergogna. Una vergogna che Primo Levi conosceva benissimo. La vergogna quando anche l’ultima briciola di dignità viene tolta.

27 gennaio 1945: Auschwitz e le testimonianze

27 gennaio 1945: l'armata rossa libera il campo di sterminio di Auschwitzph. pintarest  Wotek Laski

Auschwitz venne fondato nel maggio del 1940, e liberato il 27 gennaio 1945. Il campo era suddiviso in Auschwitz I, Auschwitz II ( campo di sterminio Birkenau), e Auschwitz III che comprendeva diversi campi circostanti. Il secondo viene considerato il campo vero e proprio sorse nella metà del 1942 a Birkenau e quando cominciò funzionare regolarmente era diviso in due impianti distinti: da una parte i lager per gli abili al lavoro e da un’altra gli stabilimenti per l’uccisione degli inabili e la distruzione dei cadaveri.

Della vita nei campi molto si sa grazie alla voce dei sopravvissuti, i pochi testimoni che hanno deciso di parlare anche per chi purtroppo non ha potuto portare la sua voce. E le voci mancanti sono tante. I testimoni raccontano per un senso di colpa, il senso di colpa di avercela fatta. Non ci si riesce a liberare da Auschwitz neanche una volta che la vera liberazione è avvenuta, lo si porta dietro per sempre. Edith Bruck lo paragona ad una infinita gravidanza. Mentre Primo Levi dice che i sopravvissuti non sono i veri testimoni, e veri testimoni sono i sommersi che hanno vissuto a pieno l’inferno e non torneranno per raccontarlo.

Levi nei suoi vari romanzi, e saggi cerca di riportare anche la testimonianza di altre vite, di altre persone che erano con lui. Volti lontani persi nel tempo. Nei sommersi e i salvati ogni capitolo è dedicato ad un diverso aspetto della vita di Auschwitz. Ad esempio nella sezione IV Comunicare racconta di come fosse importante per la sopravvivenza prima di tutto conoscere il tedesco. Era una delle prime cose che ti poteva aiutare a tener salva la vita almeno un giorno in più. Era questo a cui si aspirava, sopravvivere il più a lungo possibile. Primo Levi conosceva un po’ di tedesco, ma chiese ad un ragazzo che dormiva nella sua baracca di potergli fare delle lezioni notturne in cambio di un pezzo di pane.

Una cosa assai preziosa perchè una minestra e un pezzo di pane era la sola cosa che potevano avere durante il giorno. Primo Levi parla da testimone lucido e racconta tante cose di quel periodo infernale. Delle umiliazioni che dovevano subire anche solo per bere la minestra, infatti dice che appena arrivati al campo non avevano i cucchiai, ed erano costretti a bere la zuppa come degli “animali”. Perchè era questo a cui mirava Auschwitz togliere la dignità di essere umano.

I terrificati aspetti dei campi di sterminio

Un altro aspetto terrificante di Auschwitz era la sua struttura gerarchica, dove all’ultimo stavano le vittime. Ma anche all’interno delle vittime si creavano delle gerarchie, infatti tra i prigionieri venivano scelti i Kapos e i Sonderkommandos. A questi ultimi in realtà spettava la sorte di tutte le altre vittime, ma potevano sopravvivere un po’ di più. Primo Levi ne parla nella sezione III de: I sommersi e i salvati – la zona grigia.

“Capi (Kapò: il termine tedesco deriva direttamente da quello italiano, e la pronuncia tronca, introdotta dai prigionieri francesi, si diffuse solo molti anni dopo, divulgata  dall’omonimo film di Pontecorvo, e favorita in Italia proprio per il suo  valore differenziale) delle squadre di lavoro, i capibaracca, gli scritturali, fino al mondo (a quel tempo da me neppure sospettato) dei  prigionieri che svolgevano attività diverse, talvolta delicatissime, presso  gli uffici amministrativi del campo, la Sezione Politica (di fatto, una  sezione della Gestapo), il Servizio del Lavoro, le celle di punizione.

Alcuni fra questi, grazie alla loro abilità o alla fortuna, hanno avuto accesso alle notizie più segrete dei rispettivi Lager.” Mentre i Sonderkommandos si occupavano di un altro tipo di lavoro: erano le guardie delle camere a gas. Si occupavano di portare i loro compagni nelle camere a gas, e di ripulire tutto una volta che il “turno” era finito. Ora su queste figure Primo Levi consiglia di sospendere il giudizio, soprattutto per chi non ha vissuto ad Auschwitz. Purtroppo nessuno poteva negarsi ad un ordine se voleva sopravvivere ancora. Una delle cose peggiori che fece Auschwitz infine fu proprio questo, impedire legami, impedire la coesione, far arrivare ad odiare i propri compagni

Ci si potrà mai liberare dallo spettro di Auschwitz?

Ci si può liberare da Auschwitz? è una domanda che si sono posti molti sopravvissuti dell’Olocausto, molti testimoni hanno preferito richiudersi nel silenzio per non affrontare questo trauma, molti hanno continuato a testimoniare per i morti. Levi è uno dei tanti che ha portato tantissime testimonianze e parla così della liberazione. “L’uscir di pena è stato un diletto  solo per pochi fortunati, o solo per pochi istanti, o per animi molto  semplici; quasi sempre ha coinciso con una fase d’angoscia. L’angoscia è nota a tutti, fin dall’infanzia, ed a tutti è noto che  spesso è bianca, indifferenziata. É raro che rechi un’etichetta scritta in  chiaro, e contenente la sua motivazione; quando la reca, spesso essa è  mendace.”

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Marta Francesca Esposito