Il 12 dicembre del 1969 davanti alla Banca dell’Agricoltura in Piazza Fontana a Milano, alcuni minuti dopo le 16:30, scoppia un ordigno contenente sette chili di tritolo. Novanta persone rimangono ferite, diciassette muoiono a causa del fatto, anche se non sul colpo. Quella non è l’unica esplosione che si registra a Milano in quel giorno, ma in Piazza Fontana è dove tutto ha inizio. Ma tutto cosa? Proviamo a ripercorrerlo attraverso le canzoni.
Per contestualizzare la strage di Piazza Fontana
Si è appena concluso il Sessantotto, con le lotte studentesche e operaie. L’Italia ha imparato a fare i conti con le proteste caratterizzate da un’illegalità blanda, con una violenza che è però quasi puramente difensiva; con i contrasti tra manifestanti e forze dell’ordine. Ma quel pomeriggio di fine autunno il Paese è sotto shock: il metodo è cambiato, la violenza è diventata una forma di offesa, non più di difesa; la carica gioiosa dei movimenti giovanili è soltanto un ricordo.
I fatti, i depistaggi, le verità nascoste e quei nomi che Pier Paolo Pasolini dichiarava di sapere ma anche quelle prove che, invece, gli mancavano. Gli anarchici ingiustamente incolpati e, infine, assolti. La strage di Stato. I fascisti protagonisti e responsabili dell’innesco della stagione terroristica italiana. La via giudiziaria è stata lunga e nel corso degli anni ha registrato numerosi fallimenti, soprattutto da un punto di vista della garanzia della giustizia. Tuttavia, la luce puntata sugli eventi che oggi vogliamo ricordare non si è mai spenta, e continuerà a rimanere accesa. E la alimenteremo ogni volta che canteremo, di nuovo, le strofe di quelle canzoni che ci ricordano quanto è bello, e quanto lo sarà sempre, essere antifascisti.
Comprendere la stagione degli attentati terroristici italiani non è cosa semplice, ma cercare di scoprire cosa è accaduto attraverso gli artisti che l’hanno raccontata, vissuta, capita, è il primo passo verso la conoscenza.
Partiamo allora dall’inizio, da quel 12 dicembre 1969.
“È finito il ‘68” – Paolo Pietrangeli (1968)
Gli abbiamo purtroppo detto addio poche settimane fa ad uno di quei musicisti degli anni Settanta definiti “impegnati”. Pietrangeli ha raccontato tanti degli avvenimenti attraverso i quali la nostra prima Repubblica è diventata adulta e “È finito il sessantotto”, la terza traccia del lato A dell’album “Karlmarxstrasse”, è una di queste. Dalle piazze arrossate dalle bandiere comuniste, a quelle ferite dalle stragi. Il ritmo è incalzante sin dal principio, ma lo diventa ancor di più col proseguire della canzone. Il testo gioca molto sul doppio senso dei cognomi di alcuni protagonisti di quel periodo. Pietrangeli cita Mariano Rumor, Presidente del Consiglio nel 1969; il commissario Luigi Calabresi e il questore di Milano Marcello Guida.
È finito il sessantotto
È finito con un botto
Tutti a casa siam tornati
Gli ideali ripiegati
In tasca
In tasca
E poi tutte quelle piazze
Che sembravano ragazze
Tutte quante infiocchettate
Le bandiere rosse alzate
Dappertutto
Ora è più brutto
Son bastati pochi mesi
Qualche po’ di Calabresi
Una Guida non sicura
Poco allegra è la ventura
Mentre
Chi di solito Restivo
Se ne stava tutto schivo
Ha suonato le sue trombe
Per far rosse quelle bombe
Con Rumor.
“E tu mi vieni a dire” – Giorgio Gaber (1972)
La canzone del Signor G è contenuta nell’album “Far finta di essere sani” pubblicato nel 1972. Il riferimento alla Strage di Piazza Fontana è nell’attacco della canzone. Il peso viene dato ad ogni parola su cui la voce si sofferma e il fiato le intervalla, regolare. Gaber parte da una fotografia della realtà che lo circonda finendo per raccontare una dualità che è propria di tutte le vite: quella data dalla convivenza della dimensione intima dell’essere umano, con le sue fragilità e le sue insicurezze, con ciò che succede nel mondo che lui abita.
A Milano muoiono in circostanze misteriose
alcuni testimoni della strage di Stato
intanto alla televisione Mariano Rumor
con calma esorta all’ordine il popolo italiano.
E tu mi vieni a dire “Io amo” come se l’amore…
E tu mi vieni a dire “Io muoio” come se la morte…
E tu mi vieni a dire “Io soffro” come se il dolore…
“Viva l’Italia” – Francesco De Gregori (1978)
Non c’è nulla di più facile, ma al tempo stesso anche di più difficile, per chi abita in Italia dire “Viva l’Italia!”. In questo pezzo del 1978 il cantautore romano elenca le bellezze e le brutture di questo nostro Paese che se nonostante tutto riesce sempre a farsi amare è perché riesce ancora molto bene in una cosa, ovvero resistere.
Viva l’Italia del dodici dicembre
L’Italia con le bandiere,
l’Italia nuda come sempre
L’Italia con gli occhi aperti nella notte triste
Viva l’Italia, l’Italia che resiste.
“Odio” – 99 Posse (1993)
Contenuta nell’album “Curre curre guagliò” del 1993, “Odio” fa riferimento alla strage di Piazza Fontana e al periodo dello stragismo più in generale, al coinvolgimento dello Stato e a tante ingiustizie con cui ancora oggi ci troviamo a fare i conti. Testo sempre attuale e di pancia. Decenni dopo, ancora, la rabbia di uno è anche la rabbia di tutti.
Mi rischiara la mente e sale prepotente
Un odio dritto nel cuore gela il sangue nelle vene
E penso al 12 dicembre ’69
Lo stato delle stragi, sì, lo stato delle trame
E non ridono più tutti quei morti ammazzati
Dai proiettili vaganti e dagli sbirri infiltrati.
“Quarant’anni” – Modena City Ramblers (1993)
Il brano si trova nell’album “Riportando tutto a casa” pubblicato nel 1993 e cita quanto di peggio è accaduto durante la stagione della prima Repubblica. Nel ricordo della strage di Piazza Fontana, contenuto all’inizio del testo, i Modena City Ramblers ricordano anche il presunto suicidio dell’anarchico Giuseppe Pinelli, fermato dalla questura perché ritenuto uno dei responsabili della strage. Questo brano è la nostra memoria.
Ho quarant’anni qualche acciacco troppe guerre sulle spalle
Troppo schifo per poter dimenticare
Ho vissuto il terrorismo stragi rosse stragi nere
Aereoplani esplosi in volo e le bombe sopra i treni
Ho visto gladiatori sorridere in diretta
I pestaggi dei nazisti e della nuova destra
Ho visto bombe di stato scoppiare nelle piazze
E anarchici distratti cadere giù dalle finestre.
“La ballata dell’anarchico Pinelli” – (1969)
Di questa canzone esistono oltre dieci versioni; le sono stati affibbiati più di un paio di titoli; il testo è stato tradotto in varie lingue. È un canto anarchico internazionalmente riconosciuto e conosciuto. Forse la prima canzone scritta per ricordare la strage di Piazza Fontana e le vicende che le ruotano intorno. Una su tutte, la presunta morte suicida di uno degli appartenenti al gruppo individuato come il colpevole, quello anarchico.
La sera del 16 dicembre Pinelli “cade” da una finestra del quarto piano della Questura durante l’interrogatorio. Sui giornali si registrano titoli come «Gli dissero: abbiamo preso Valpreda e Pinelli saltò giù dalla finestra». Dal 2005, il processo ha completamente assolto gli anarchici e condannato i colpevoli.
Quella sera a Milano era caldo,
Ma che caldo che caldo faceva,
“Brigadiere, apra un po’ la finestra”,
Ad un tratto Pinelli cascò.
“Signor questore, io gliel’ho già detto,
Lo ripeto che sono innocente,
Anarchia non vuol dire bombe
Ma giustizia, amor, libertà.”
Giorgia Lanciotti
Seguici su Facebook, Instagram, Metrò, Metropolitan N6