Omicidio Andrea La Rosa: Rullo accusa sua madre, la sentenza del gip “entrambi devono restare in carcere”

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Di Redazione Metropolitan

Raffaele Rullo, presunto assassino dell’ex calciatore Andrea La Rosa, si dichiara innocente ed accusa sua madre (che rimane in silenzio). Il giudice: “devono restare entrambi in carcere, potrebbero uccidere ancora”

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“Non sono stato io, è stata mia madre!”, così afferma Raffaele Rullo il presunto assassino dell’ex calciatore milanese Andrea La Rosa, continuando a negare.
Sua madre, Antonietta Biancaniello si è chiusa nel silenzio. In realtà poco prima, la donna, non aveva esitato nell’assumersi la completa responsabilità dell’omicidio di Andrea.

Davanti il procuratore aggiunto Eugenio Fusco, dopo che era stata trovata con il suo cadavere in auto, messo in un fusto per il gasolio, davanti al gip Livio Cristofano la donna si era dichiara colpevole.
Rullo, come la madre, è accusato di omicidio premeditato e soppressione di cadavere, ed è assistito dall’avvocato Luigi Di Martino.

Inutili le accuse di Rullo, in quanto:
“Raffaele Rullo e sua madre Antonietta Biancaniello devono restare in carcere”. Questa è la decisione del gip Livio Cristofano nei confronti dei due accusati dell’omicidio di Andrea La Rosa, ritrovato cadavere lo scorso 14 dicembre in un fusto per gasolio nell’auto della donna. E’ stato dunque convalidato il fermo e disposta la misura cautelare per entrambi. L’istanza di arresti domiciliari, avanzata dal difensore di Rullo, l’avvocato Giovanni Di Martino, è stata respinta.

Secondo il giudice “potrebbero uccidere ancora”. Lo si legge nella stessa ordinanza firmata dal gip di Milano Livio Cristofano, per il quale solo la misura cautelare in carcere per entrambi (accusati di omicidio premeditato e di soppressione di cadavere) può “ostacolare la reiterazione di medesime condotte criminose di quelle per le quali si procede”.

Le parole del giudice: “aspetti inquietanti e particolarmente riprovevoli, sia per la consumazione del reato, che per la preparazione dello stesso, che per l’atteggiamento post delictum finalizzato a non rendere più riconoscibile o a disperdere definitivamente il corpo senza vita della vittima“.

Nella completa ricostruzione dell’accusa, la notte tra il 14 e il 15 novembre, La Rosa era stato attirato con l’ingannno da Rullo, il quale doveva restituirgli la somma, con l’improbabile scusa di volergli presentare sua madre.
I due avrebbero poi addormentato l’ex calciatore con del sonnifero nel caffè, sgozzato ed infilato il copro all’interno di un bidone di metallo. Tutto questo per 38 mila euro

La faccenda appare ancora più macabra se si considera che la “coppia del male” aveva comperato 24 flaconi di acido con l’intento di sciogliere La Rosa nell’acido per poi fare a pezzi il corpo con una motosega. Rullo , come spiegato nell’articolo precedente, aveva condotto delle ricerche su un boss mafioso, come spunto per eseguire l’ “operazione”.
Inoltre, il gip ha evidenziato anche il racconto messo a verbale davanti agli inquirenti da un amico di La Rosa, Domenico Fumarola, che ha parlato dell’ultima telefonata intercorsa tra lui e la vittima. “Sono in viale Certosa – avrebbe detto il 35enne all’amico – se mi rapiscono sai dove sono.

Il difensore di Raffaele Rullo, l’avvocato Giovanni Di Martino, sta valutando se presentare ricorso al Tribunale del Riesame per chiedere la scarcerazione dell’uomo.

Può considerarsi una vicenda conclusa?
Cosa c’è da chiarire: Innanzitutto bisogna valutare con certezza l’ambito in cui nasce il delitto (causato da un debito di 38 mila euro che Rullo non aveva intenzione di saldare) e se la “coppia madre-figlio” abbia agito insieme ad un complice o in autonomia.
Da chiarire anche le ragioni per il quale la vittima avesse questa notevole disponibilità economica tale da prestare denaro anche ad amici e conoscenti.

Irrilevante chi sia stato dei due, chi abbia agito e chi copriva l’altro. Indiscutibile è la colpevolezza di entrambi e la sentenza del giudice. Fatti (definiti dal giudice) “inquietanti” e “riprovevoli”, in quanto i due killer oltre ad uccidere (per futili motivi economici) hanno avuto la (macabra) volontà di sciogliere e fare a pezzi il corpo, di disintegrare, annullare il loro reato, come lo stesso Andrea.
Ma dovranno farci i conti, in questo caso in carcere.

Martina Onorati