“CHI PARLA?” “BRIGATE ROSSE”

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Di Redazione Metropolitan

L’originale “tour” del Corriere della Sera a Roma che ripercorre i luoghi chiave del sequestro Moro. Appartamenti anonimi dove gli uomini delle Brigate Rosse hanno sviluppato il piano per rapire il Presidente della Democrazia Cristiana.

(Foto dal web)

E’ il 9 Maggio del 1978 quando il Professor Tritto, segretario del Presidente Aldo Moro riceve la ormai celebre telefonata. Dall’altra parte della linea parla Mario Moretti, “Ma chi parla?” “Brigate Rosse” “Eh va bene” “adempiamo alle ultime volontà del Presidente comunicando alla famiglia dove potrà trovare il corpo dell’onorevole Aldo Moro”. Dopo 55 giorni, 9 comunicati e una serie di depistaggi da parte degli organi deviati dello stato, le Brigate Rosse comunicano l’esecuzione di Moro. Durante questo periodo di tempo Roma si presenta come una città in guerra. Il teatro di questo scontro sono le allora zone popolari, luoghi come Via Gradoli, Via Montalcini e Via Chiabrera. Abitazioni anonime che, alla luce dei fatti avvenuti, diventano i luoghi che in un certo senso hanno segnato la vita politica del paese per sempre. E’ proprio la “normalità” di questi covi suscita oggi la curiosità del Corriere della Sera. Nell’appartamento di Via Chiabrera a San Paolo, da dove la mattina del 16 Marzo ’78 uscirono i brigatisti per compiere l’azione, oggi vivono due studentesse. Nella prigione di Via Montalcini 8 oggi dormono due bambine di 7 e 4 anni. Nessun Museo, niente luoghi di pellegrinaggio a ricordare l’accaduto, una lapide commemorativa in Via Fani che può essere considerata anonima vista la portata degli eventi. La lente d’ingrandimento sui luoghi chiave, mette a nudo la realtà dei fatti. La vita va avanti, la normalità regna sovrana, anche in queste abitazioni testimoni di questa tragedia, oggi vivono persone spesso ignare. Anche in Via Gradoli, traversa della Cassia, covo delle Brigate Rosse dove risiedeva proprio Mario Moretti, l’uomo della telefonata di cui sopra.

Mario Moretti ebbe un ruolo chiave in tutta la vicenda Moro. (Foto dal web)

In questo appartamento il 18 Aprile del ’78 viene effettuata una perquisizione in seguito ad un intervento dei Vigili del Fuoco dovuto ad una infiltrazione d’acqua. L’intervento della Polizia è avvolto nel mistero, infatti precedentemente al 18 Aprile, l’intero edificio era stato controllato, eccezion fatta proprio per l’interno 11. Questo fatto inquietante si aggiunge al falso comunicato in cui si annunciava l’esecuzione del Presidente e il conseguente ritrovo del corpo nel lago della duchessa. Questo depistaggio a detta dei brigatisti funge da “prova generale” per testare l’impatto dell’evento sull’opinione pubblica. Gli autori del falso comunicato rimangono ad oggi ancora ignoti, certo è che le Brigate Rosse hanno tentato fino alla fine di evitare il triste epilogo. Questi intenti non erano certo mossi dalla pietà ma dalla consapevolezza che la morte di Moro avrebbe significato la reazione violenta dello stato e la perdita del consenso che l’organizzazione vantava in una certa sinistra. Ma a prevalere fu il fronte della fermezza che aveva al suo interno sia la DC che il Partito Comunista di Berlinguer. A niente servirono i tentativi di Craxi di intavolare una trattativa riguardo alla scarcerazione di alcuni brigatisti detenuti. Forse Moretti e compagni non si resero conto di aver rapito il dirigente scudocrociato maggiormente inviso alla stessa Democrazia Cristiana. Fatto sta che a distanza di più di quarant’anni i fatti dimostrano che oltre agli esecutori materiali, ci furono una serie di figure e di apparati che, almeno moralmente, premettero il grilletto. Moro scrisse numerose lettere, dirette alla famiglia, alla DC e persino al Papa. Famiglia esclusa, tutte le sue richieste caddero nel vuoto. In queste missive il Presidente auspicava l’apertura di una trattativa. Tale comportamento venne giudicato da Indro Montanelli come non consono per un uomo di stato. Secondo uno dei più brillanti cronisti italiani la figura politica di Moro imponeva un atteggiamento diverso e non collaborativo nei confronti della linea brigatista. Montanelli grazie alla sua storia personale è uno dei pochi che potè permettersi di esprimere un tale parere. La distinzione tra Moro politico e Moro uomo, una distinzione che le Brigate Rosse non fecero. Nell’ottica brigatista Moro era un nemico nell’ambito di una guerra civile, di conseguenza l’uomo non destava in loro alcun interesse. 

Quindi fu il Moro politico ad essere ucciso in quel Maggio del ’78 ma, dentro il bagagliaio di quella R4 rossa ci stava anche l’uomo. Un uomo immolato all’altare del compromesso storico.