ESCLUSIVA: intervista ad Arianna Rea: l’arte di disegnare i propri sogni.

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Di Redazione Metropolitan

Ci sono degli incontri che ti scombussolano la vita. Ti aprono la mente e, con poche parole, ti mostrano mille altre prospettive, illuminando sfumature che tu non avevi mai considerato, o che semplicemente non avevi mai avuto il coraggio di affrontare.  E allora te ne vai, sapendo che la persona straordinaria con la quale hai parlato ti ha regalato molto più di qualche risposta e un disegno. Sai solo che ti senti arricchita ed ancora fatichi a realizzare il perché.

Questo è ciò che ci è successo incontrando Arianna Rea.

Illustratrice, fumettista, character designer, disegnatrice per Disney ed insegnante, abbiamo incontrato Arianna a Romics, in occasione dell’importantissimo progetto della quale lei era promotrice, “Non solo principesse… Donne che disegnano donne”, creato in collaborazione con la Scuola Romana Dei Fumetti, e non abbiamo potuto resistere alla tentazione di fare quattro chiacchiere con lei.

D’altra parte, con una carriera come la sua, è difficile non rimanere affascinati: appena uscita dalla Scuola Romana Dei Fumetti inizia subito a lavorare presso Monster Allergy, una delle pubblicazioni italiane della Disney di successo in quegli anni. Lavora poi presso il mercato nazionale ed internazionale (Angel Friends, Tea Sisters), fino a debuttare sul mercato francese con il volume “Charlotte, célibataire avec enfants”. Dal 2013 poi, inizia a lavorare per Disney come illustratrice e fumettista per progetti editoriali (Frozen, Tangled, Cinderella…), per la trasposizione fumettistica della serie tv “Violetta”, come character designer per la creazione del mondo di “Star Darlings” e collabora alla graphic novel di Inside Out.

Eppure, nonostante quest’incredibile carriera, ci ha accolto con gentilezza e grande semplicità presso la Scuola Romana Dei Fumetti, dove oggi insegna, mettendoci subito a nostro agio, e dandoci anche un piccolo assaggio dell’aria stimolante che si respira in quell’edificio.

Noi siamo quindi felicissime di riportarvi tutte le cose meravigliose che ci ha raccontato, facendovi leggere l’intervista completa.

 

Dalla Scuola Romana Dei Fumetti fino alla Disney. Qual è stato il tuo percorso artistico?

“Il mio percorso artistico comincia proprio qui (alla Scuola Romana Dei Fumetti). Ho fatto studi di altra natura, e proprio durante gli anni dell’università mi sono resa conto che questa necessità di disegnare dovevo in qualche modo farla sfogare. Mi sono quindi iscritta a questa scuola a 21/22 anni. Uscita, ho cominciato immediatamente a lavorare per un fumetto che in realtà leggevo: Monster Allergy. Era un fumetto che mi piaceva moltissimo, quindi per me lavorare lì è stata un’emozione molto grande. Poi chiaramente ho fatto la mia gavetta, fino ad arrivare appunto al mercato francese e a lavorare per Disney, per la quale faccio libri illustrati sulle principesse & Co. Ho lavorato sul fumetto di Inside Out e sto realizzando una serie di libri con le principesse da bambine, dove mi sto divertendo tantissimo. Il percorso è stato lungo, perché quello a cui bisogna mirare è sicuramente la qualità e lavorare in Disney non è facile. Disegnare in generale non è facile, e lo dico spesso anche ai ragazzi.” 

Noi ti abbiamo incontrata durante la manifestazione “Non solo principesse…. Donne che disegnano donne”, tenutasi durante la XXIII edizione di Romics. Rinnovando i nostri complimenti per un’iniziativa così importante, come è nato questo progetto? E cosa volevate proporre attraverso questi incontri?

“Dunque, è partito da Romics, e noi abbiamo pensato, come Scuola Romana Dei Fumetti, di coinvolgere una serie di fumettiste. Ci sono molte donne che lavorano nel settore del fumetto e dell’animazione, e ovviamente siamo dietro le quinte, quindi abbiamo voluto mostrare al pubblico che dietro spesso ci siamo noi, sia a disegnare fumetti pensati per un target femminile sia per quelli pensati per un target di ambo i sessi. Quindi ecco, eravamo nove, e ciascuna con il proprio stile: c’ero io che disegnavo per Disney come Giada Perissinotto che disegna per Topolino, c’era Elena Casagrande che invece lavora per DC Comics, c’era Yoshiko Watanabe che disegna manga e c’erano giovani disegnatrici ex allieve della scuola che si stanno affermando. Eravamo sia insegnanti che ex allieve. Il progetto è stato molto importante per dimostrare che noi facciamo già parte di questa società in modo attivo e positivo, e che non siamo solo vittime. La società è già cambiata: è chiaro che ci sono ancora degli strascichi, purtroppo, del vecchio sistema, ma questo è stato il nostro modo di farlo presente. 

Hai detto che per lavoro disegni soprattutto principesse, ma sfogliando tra le tue illustrazioni si trovano donne di ogni tipo. Mi vengono in mente la signora anziana con i gatti siamesi e la fatina formosa blu. Quanto è importante per te rappresentare ogni tipo di donna? Soprattutto in un mondo come quello del fumetto, dove la sua figura è ancora molto spesso stereotipata.

“Questo è interessante, perché quando si racconta una storia gli stereotipi servono. Poi, per fortuna, anche i personaggi stanno cambiando, i personaggi femminili. Sono sempre più tridimensionali rispetto al passato e lo si può vedere anche nelle principesse Disney. Prima erano un pochino più delicate, fragili, mentre forse da Ariel e Belle hanno iniziano a cambiare. Sono anche loro personaggi molto femminili, però molto forti. Belle, con la sua delicatezza, le sue movenze da ballerina di danza classica, la sua sensibilità, manifesta in realtà una grande forza d’animo, una grande personalità, ed è carino che ci sia alla base proprio una storia d’amore. Una donna innamorata non è meno forte. Sembra che molte donne, lo si vede anche nel mondo del cinema, proprio per sottolineare il fatto che siano anche forti, tendano, in modo inconsapevole forse, ad assomigliare agli uomini. In realtà però, la forza di una donna non sta nel suo essere mascolina, ma nella sua personalità. Per esempio, Ariel fa tutto il suo percorso, il viaggio dell’eroe, per trovare l’amore. In realtà lei è coraggiosissima, perché lo fa in nome di un sentimento, che non la rende quindi più debole.” 

Oltre ad essere disegnatrice e character designer, sei anche insegnante qui, alla Scuola Romana Dei Fumetti. Qual è la cosa che più di ogni altra cerchi di trasmettere ai tuoi studenti?  Qualcosa che secondo te devono assolutamente assimilare per andare avanti in questo lavoro?

“Il confronto con gli allievi per me è importantissimo, perché poi mi rivedo io. Da ex allieva capisco certe crisi artistiche, certe dinamiche che si ripetono, e quindi mi è più facile capirle e subito cercare di correggere alcuni atteggiamenti. Il mio obiettivo è fare in modo che il disegnatore conosca sé stesso e che quindi non si adegui a degli standard. Ad un certo punto ognuno di noi si rende conto che il proprio disegno è bello, funziona, quando ci si diverte, quando si riesce a dare energia al disegno e il disegno, di contro, da energia a te. Studiare gli altri, leggere fumetti aiuta tantissimo, anzi è fondamentale, ma l’obiettivo è riuscire, dopo aver studiato, ad essere sé stessi. Io per esempio disegno tante donne diverse, ma non disegno solo Disney, solo principesse, anche perché io sono molto affezionata alla ricerca del personaggio.” 

 

Parlaci un po’ della Scuola, che è un po’ come l’Eden del disegno. L’ambiente, gli insegnanti, i ragazzi. Per noi è un po’ un sogno. Che aria si respira?

“Io sono un’ex allieva, la mia formazione è stata esclusivamente qui e ora ci insegno, quindi ho mantenuto una sorta di rapporto di continuità con la Scuola. Per me la scuola è sempre stata, da allieva, un’oasi di pace, serenità, dove riuscivo ad essere effettivamente creativa. Io insegno il mio metodo, non ho segreti con i miei allievi, e così fanno tutti gli altri insegnanti. Poi sta all’allievo capire la propria natura e magari entrare in contatto più con un insegnante perché appunto lo capisce meglio. C’è un rapporto umano diretto e noi insegniamo un mestiere. E’ un ambiente in cui si respira un’aria culturalmente attiva, molto fresca”

C’è qualcosa che vorresti dire a tutti quei ragazzi che vorrebbero intraprendere il tuo stesso percorso, ma magari non riescono a trovare il coraggio di abbracciare completamente la loro passione? Sia in qualità di insegnante che di persona che alla fine è riuscita ad avere successo in questo mondo.

“Sai, la paura del disegno e la paura di sbagliare ce l’abbiamo avuta tutti. Quando si cresce professionalmente ci si rende conto che sbagliare è parte del processo creativo. L’obiettivo, infatti, non è fare qualcosa di meraviglioso ma è fare qualcosa che sia vivo, che funzioni, che ti diverta mentre lo fai. Ed è in questo senso che bisogna fare degli errori. Per esempio nel character design, c’è tutta una fase preliminare in cui l’80% del lavoro va buttato. E’ un lavoro di ricerca. Nel mentre si cerca quell’anima, si cerca quel personaggio. Io già so che magari troverò quel bagliore nello sguardo del personaggio, in quello schizzo. E solo quel particolare che funziona, tutto il resto è da buttare. E vado avanti. Quindi step by step si procede così,  “buttando” gran parte del lavoro. Ma in realtà il divertimento è proprio quello. E’ proprio nella ricerca. Infatti è normale avere paura, e questa è una cosa a cui tengo molto, ossia cercare di capire che l’errore va fatto, che è previsto. Bisogna buttarsi e lasciarsi andare. Anche in classe tra i ragazzi c’è un forte affiatamento tra loro e ciò che li lega è la passione. Difatti crescono non solo grazie a noi ma anche grazie al rapporto tra di loro. Ragazzi che vengono da scuole diverse che riescono ad andare d’accordissimo tra di loro, niente bullismo, solo rispetto.”

Guardando un tuo vecchio blog, pieno di illustrazioni incredibili, mi ha colpito la didascalia di un disegno: “Questo è ciò che mi è scappato fuori dalla matita”. Dopo questa frase non posso quindi fare a meno di chiederti, come nascono le tue creazioni? Qual è il tuo rapporto con loro? E’ cambiato nel tempo?

“Il rapporto con i miei disegni è cambiato: innanzitutto c’era più paura. A volte il personaggio viene fuori così, da solo, e riesco a bloccare anche la parte razionale, che è quella più pesante. Allo stesso tempo significa anche essere sempre presenti, ed è qualcosa che va fatta in un determinato spazio, attraverso una certa capacità logica, una certa presenza. Quindi alcune cose vengono fuori in modo spontaneo, poiché ormai ho metabolizzato alcuni tratti. Quello che si tende spesso è rappresentare la propria immagine mentale (ed è uno dei problemi degli allievi in generale). A volte l’immagine mentale è sfuocata e prende vita mano mano, ed è bello che le idee camminino parallelamente.”

Ogni disegnatore, prima è stato uno spettatore. Quali erano i tuoi personaggi o film animati preferiti da bambina? C’è stato uno che ti ha fatto dire “io voglio creare quelli, da grande”?

“Nonostante non lavori per l’animazione, la Disney è stata sempre una grande passione. Ricordo Milt Kahl, lui è stato uno dei più grandi animatori Disney. Fa parte degli Nine Old Man, nove tra i più grandi disegnatori del passato. E mi fu di grande ispirazione (avevo forse 6 anni) perché vidi per la prima volta Alice nel Paese delle Meraviglie (Kahl disegnava Alice ndr). Mi immedesimai un po’ in quella bambina e contemporaneamente rimasi abbagliata da quell’animazione perfetta e pensai “Quanto sarebbe bello disegnare qualcosa del genere”. Ma quello fu un evento che rimase lì, nemmeno pensavo di poter prendere in considerazione di diventare una disegnatrice. Solitamente da piccoli si pensa a lavori più “normali”, no? Il disegno è venuto a cercarmi e quand’è così è sempre un peccato negarsi la possibilità di assecondare la propria natura, solo perché bisogna cercare un lavoro più normale.  E a 22 anni ho deciso di assecondare questa voce, senza però irrigidirmi dandomi una scadenza. Mi sono detta “Vediamo come va!””

Lavorare per Disney penso sia un po’ il sogno di ognuno di noi e tu ci sei riuscita, e per questo i nostri più grandi complimenti. Sappiamo che hai lavorato anche alla realizzazione della graphic novel di Inside Out. Com’è stato lavorare per un progetto di così tanto rilievo da vincere un premio Oscar?

“E’ bellissimo. Innanzitutto è strano vedere qualcosa al cinema per cui tu hai lavorato personalmente e che conosci a pezzi, con una sceneggiatura che pian piano studi. Vederli entrambi, sia Inside Out che Frozen. Ed è bellissimo sentirsi parte di qualcosa che ami davvero. La soddisfazione sta anche nel lavorare a personaggi del genere. (Parlando proprio di Inside Out ovviamente la mia preferita è Tristezza). In Frozen è stato divertente confrontarmi con due principesse. Una con una storia d’amore e l’altra no. E ciò che è importante è che il bacio del vero amore in realtà sia quello dell’amore fraterno. Particolare è stato lavorare sui caratteri di entrambe. Anna “doveva essere quella più buffa e divertente, Elsa come regina forte e femminile.”

Tra i tuoi meravigliosi disegni c’è uno di cui sei particolarmente affezionata? Legato a un ricordo, un momento della tua vita in particolare? E tra le principesse che tu disegni,in quale ti rispecchi?

“Domanda molto difficile. Più che un disegno forse ci sono stati periodi che per me hanno rappresentato una svolta. Sicuramente ricorderei tutti i disegni che ho buttato. Quando cresci ti accorgi che hai bisogno di una svolta, che hai obiettivi diversi. Questo solitamente avviene gradualmente o, a volte, è anche merito delle consegne per un progetto. Sicuramente ricordo Charlotte, il mio primo fumetto, che ha rappresentato un momento di crescita. E il progetto più bello sicuramente è stata la mia entrata in Disney. E per quanto riguarda la principessa, ovviamente Alice. Conta anche se non è una principessa? Spesso al liceo mi dicevano spesso “Sembri un cartone animato”, magari per l’espressione, o forse lo sguardo. E chissà se questa cosa mi ha proprio aiutata a disegnare!”

Per ovvi motivi non siamo riuscite a riportare l’intervista per intero, ed abbiamo dovuto tagliare alcune parti. Se volete approfondire la nostra chiacchierata con Arianna, qui trovate il video completo.

Ancora un ringraziamento alla Scuola Romana Dei Fumetti per averci ospitate, al fantastico Andrea Mari per il sostegno e le riprese, e soprattutto ad Arianna, per averci concesso quest’incredibile occasione.

Antea Ruggero e Arianna Lomuscio