La risposta di Israele non si è fatta attendere, sarebbero una decina gli obbiettivi iraniani colpiti in Siria. L’aviazione dello stato ebraico ha compiuto un attacco in rappresaglia ai missili lanciati sulle alture del Golan dalle forze iraniane di stanza a Damasco. Teheran nega di essere coinvolta negli attacchi e gli analisti considerano la risposta di Tel Aviv sproporzionata rispetto all’attacco subito.
La guerra tra Iran e Israele non è più per procura, o almeno così sembra. Nelle ultime settimane i rapporti già inesistenti tra i due stati si sono trasformati in aperta ostilità. Tutto è iniziato con la conferenza stampa di Netanyahu durante la quale il premier israeliano ha mostrato delle foto che sarebbero la prova delle “aspirazioni nucleari” iraniane. La documentazione sarebbe stata raccolta dal Mossad, ed è volta a dimostrare che Teheran da sempre vuole sviluppare la tecnologia nucleare a fini bellici. Secondo Tel Aviv, questa sarebbe la prova inconfutabile delle menzogne del regime iraniano. Il ritiro USA dall’accordo sul nucleare ha fatto il resto. Questo non è il primo attacco che Israele muove in Siria, già dal 2013 l’aviazione israeliana compie attacchi mirati volti a indebolire il regime di Bashar al Assad, forte alleato di Teheran.
Netanyahu intende impedire che le forze iraniane assumano il controllo della zona a sud di Damasco, rendendo così quelle terre un secondo Libano da cui lanciare attacchi alle postazioni israeliane. Nelle stesse ore in cui il premier israeliano mostrava al mondo (la conferenza è stata tenuta in inglese), veniva varata in parlamento una legge che, in caso di attacco, conferisce al premier e al ministro della difesa la totale autonomia decisionale riguardo alle azioni miltari. Prima di questa legge, un azione militare doveva essere approvata dalla maggioranza parlamentare. L’attacco contro le postazioni iraniane in Siria è stata la prima occasione per beneficiare di questo cambiamento, verosimilmente non sarà l’ultima. Le forze in campo si presentano molto sproporzionate, da una parte le forze israeliane, uno se non il più moderno esercito del globo, dotato di un aviazione all’avanguardia. Dall’altro delle forze armate che erano all’avanguardia ai tempi dello Shià, dotate di vecchi F-15 americani e di qualche Mig russo. Le forze armate iraniane hanno a disposizione missili a corto raggio di produzione russa, quelli presumibilmente usati nell’ultimo attacco. Contro lo scudo missilistico israeliano, giudicato il migliore al mondo, nulla possono queste armi a corto raggio.
Israele ha preventivamente avvertito Mosca e Damasco prima di sferrare l’attacco, questo oltre che prassi è un modo per tutelarsi da eventuali rappresaglie russe. Mosca infatti oltre ad avere visibili interessi in Siria, fornisce all’Iran diverse tecnologie, militari e non. Dal canto suo Putin invita alla cautela, come del resto tutti i capi di stato, eccezion fatta per Trump e la Merkel. Da Berlino arriva una voce unanime di condanna nei confronti del “vile” attacco di Teheran ma, nel caso tedesco pesa ancora la storia, quell’olocausto che ancora oggi impedisce ai tedeschi di fare una distinzione tra gli ebrei e lo stato di Israele. Dopo decenni in cui Tel Aviv e Teheran si sono “annusati” senza mai arrivare ad uno scontro diretto, sembra essere arrivato il momento dello scontro “finale”. Ancora una volta il territorio di battaglia è la Siria, paese ormai prossimo al disgregamento, sia sociale che territoriale, preda di interessi diversi. Una sola cosa accomuna l’Iran, Israele, Russia, Usa e Arabia Saudita. Tutti “fulminati sulla via di Damasco.