Il decadentismo francese immortalato da Toulouse-Lautrec: non soffitte sporche e abiti lacerati, ma sale da ballo e gioia di vivere.
Gli Stranglers sono un gruppo rock britannico fondato a metà degli anni ’70 e tutt’ora in attività. Nel 1977, all’interno del loro primo album, pubblicano un brano intitolato Goodbye Toulouse.
Secondo alcune fonti, il riferimento è alla città francese di Tolosa.
Your streets were paved with love
Your skies were blue
Altre ci dicono invece trattasi di una dedica a Henri de Toulouse-Lautrec. Siccome stiamo cercando già da un po’ una scusa per parlare di decadentismo francese, facciamo che, per qualche minuto, ci dimentichiamo della città e cogliamo l’occasione per avere un tête-à-tête con il pittore.
Dopotutto, scorrendo il testo della canzone possiamo sentire:
Your cafes tell the tale
Of saddened millionaires
E i cafés parigini raffigurati nelle tele di Lautrec sono, infatti, tra le sue scelte iconografiche più peculiari.
Toulouse-Lautrec era un conte e la sua famiglia una delle più prestigiose di tutta la Francia. Cresciuto tra benessere e ricchezza, sarebbe stato destinato ad una vita aristocratica, immersa negli agi borghesi tipici della Ville Lumière di fine Ottocento.
Ma spesso gli eventi non seguono il loro corso naturale, e il giovane conte presenta fin dalla tenera età numerosi problemi fisici. Soffre, in effetti, di una malformazione ossea che, oltre a causargli forti dolori, gli impedisce di crescere. Alto poco più di un metro e mezzo, Lautrec trascorre quindi parte della sua gioventù in stato di convalescenza.
Ma è proprio durante i periodi a letto che scopre nella pittura uno sfogo e un passatempo. L’arte come fuga dalla sofferenza fisica, così com’è avvenuto per Frida Kahlo e Van Gogh.
Il suo sentirsi diverso dalla società borghese e perfetta che lo circonda, il bisogno di accettazione sociale e l’abitudine a convivere con il dolore. Questi alcuni dei fattori che lo portano alla scoperta di Montmartre, culla dei luoghi più cupi e meno raccomandabili di una Parigi immersa nella Belle Èpoque.
I cabaret, i locali notturni di dubbia fama, i bordelli, le sale da ballo. Luoghi frizzanti e decadenti, incontro di alcolisti e prostitute, ma anche poeti e artisti maledetti.
Nelle maisons closes si contrae la sifilide, mentre le strade pullulano di personaggi poco raccomandabili. Ma c’è anche il Moulin Rouge.
E prima c’era stato Charles Baudelaire. Che insieme a Verlaine, Mallarmé e Rimbaud aveva contribuito a creare il mito dell’artista bohémien, il maledetto incapace di porre un confine tra l’arte e la vita stessa, vivendo entrambe con la stessa partecipazione emotiva.
Come un dandy che rigetta i vestiti di velluto e lo sfarzo alla Dorian Gray, per bere assenzio fino a svenire. E dopo la ripresa, rinchiudersi in una soffitta sudicia, più simile agli appartamenti di Dostoevskij piuttosto che ai palazzi di Oscar Wilde, e fermarsi lì a raccogliere i pensieri per lasciarli immacolati ai posteri.
Enivrez-vous!
Diceva Baudelaire.
Ubriacatevi!
Per non sentire l’orribile fardello del Tempo che vi spacca la schiena.
Ubriacatevi!
Per non essere gli schiavi martirizzati del Tempo.
Gauguin ricerca l’evasione in villaggi esotici, e Baudelaire (non) la trova in anywhere out of world.
Lautrec la insegue fino al fondo di un bicchiere d’assenzio. E anche lui si perde in quel meraviglioso vortice malato, generato da una condotta sregolata e bohémienne. L’alcool e l’oppio lo rendono odioso e aggressivo. Ha allucinazioni e la sua salute peggiora giorno dopo giorno, uccidendolo a soli 37 anni.
Ma i suoi demoni sono anche la sua occasione di riscatto dalla malattia. Le opere, ispirate alle sue frequentazioni, lo rendono immortale.
Le prostitute sono ritratte senza volgarità. Non ci sono giudizi morali nei suoi dipinti. Non c’è vergogna. C’è invece una profonda dolcezza.
E c’è anche allegria, joie de vivre, ad invadere quei manifesti tanto celebri. Una pubblicità che funziona. Perché, a discapito del degrado e delle malattie, guardando i dipinti di Lautrec a noi tutti viene voglia di lasciare l’etica a casa, per perderci in quel delirio spensierato e maledetto.
A million dreams I’ve had
A million lies I’ve told
Toulouse
Laura Bartolini