Prima ancora che il sole sorga e che gli occhi possano essere pieni della sua luce, l’olfatto percepisce i primi segni del mattino: il profumo di caffè.
Andare al bar al mattino e fermarsi a chiacchierare con il barista è un lusso che non tutti possono permettersi. Il caffè come l’amore ha la sua ricetta segreta. Tutti possono dire di saper fare un caffè, ma sono in pochi quelli che riescono a farlo buono davvero.
Così con l’amore. C’è chi dice di averlo provato, chi di averlo vissuto, chi di averlo visto passare e mai più tornare. C’è chi dice di aver provato un amore grande, un amore forte, quello che ti scuote e che ti anima proprio come un caffè appena sveglio. C’è chi lo preferisce amaro, chi con lo zucchero di canna, chi con il latte, macchiato o schiumato.
D’estate si prepara la sera prima, si mette in quelle piccole bottiglie di vetro del succo di frutta e si lascia in frigo, pronto per la spiaggia del giorno dopo, quasi meglio di un’anguria appena affettata.
Lo mettiamo persino nei dolci. Il tiramisù, il dolce degli dei. Quello classico però: savoiardi, mascarpone e caffè, tanto caffè. Lo usiamo come pretesto per invitare amici e parenti con un generico“ dai, vieni che ti offro un caffè”.
Esiste ancora una tradizione al Sud, in occasione delle visite di cortesia ai parenti. Si porta zucchero e caffè, impacchettati insieme come un regalo. Un dono per la tua casa e per la tua anima. Non esiste dimora che al mattino si alzi senza l’aroma di caffè nell’aria. E’ un momento di intimità, tra noi stessi, tra noi stessi ed altri.
E’ condivisione. E’ calma, pace, riflessione.
Di seguito l’intervista all’autore Diego Galdino.
Ritroviamo il piacere di questa bevanda in entrambi i suoi libri. Ritroviamo il piacere di uno scambio che non è solo personale, oserei dire quasi umano, tra i lati opposti di un bancone.
1) Come fa a far combaciare le due anime di scrittore e barista?
In effetti come direbbe lo Hugh Grant di Notting Hill tutto è un po’ surreale, ma bello. La mia è un po’ una doppia vita come quella di Clark Kent e Superman. La cosa più bella è quando vengono al Bar lettori dei paesi in cui sono stati pubblicati i miei romanzi, per farsi fare una dedica o scattarsi una foto dietro al bancone insieme a me. Vedere le loro facce incredule quando entrano nel Bar e mi trovano dietro al bancone a fare i caffè come il protagonista dei miei romanzi è qualcosa di bello a cui non mi abituerò mai. Lì si rendono conto che è tutto vero, che non mi sono inventato niente, che sono entrati a far parte delle mie storie come i personaggi dei libri che hanno letto. Poi quando gli presento Antonio l’idraulico, Pino il parrucchiere, Luigi il falegname e il tabaccaio cineromano Ale Oh Oh la loro realtà supera la mia fantasia. In realtà non era previsto che io scrivessi il seguito de Il primo caffè del mattino, non sono un amante dei seguiti, preferisco da sempre cimentarmi in storie autoconclusive. Ma negli ultimi anni mi sono capitate un sacco di cose brutte, o almeno non belle, che hanno stravolto la mia vita e il Bar di famiglia che poi è la stessa cosa. Così ho deciso di scrivere L’ultimo caffè della sera, come dico sempre: ‘per rendere leggendario l’ordinario’, perché di Bar dove bere il caffè ce ne sono tantissimi e in tutto il mondo, ma come quello dove sono nato e ancora oggi continuo a fare i caffè credo ce ne siano pochissimi. Anch’io come Massimo il protagonista de Il primo caffè del mattino ho perso un grande amico, un secondo padre. È stata una perdita, come accade nel mio nuovo romanzo, improvvisa, destabilizzante, per me e per il bar. Qualche mese dopo anche mio padre, quello vero, si è ammalato gravemente. Così sono rimasto da solo, sia fuori, che dietro il bancone del bar. A quel punto, sono dovute cambiare tante cose, ho dovuto reinventarmi e per non mandare perduti i ricordi e le persone, ho deciso di scrivere questo libro mettendoci dentro tutto, le battute e gli aneddoti che per me erano familiari, erano casa, aggiungendoci ciò che mi rende lo scrittore che sono…L’amore. Il Bar è casa mia e per quanto uno possa andare in giro o allontanarsi, alla fine a casa deve sempre tornarci. Per questo non voglio scegliere tra le mie due anime, perché credo che a questo punto non potrebbe esistere l’una senza l’altra.
2) Come ha influito la fama sulla sua attività? Ha cambiato il suo rapporto con la clientela?
Alla giornalista del programma televisivo polacco più visto della mattina in Polonia che mi chiese: “Ma i personaggi della tua storia l’hanno letto il tuo libro? “, io risposi: “No, stanno aspettando che esca il film per vedere come va a finire.”
3) Per chi come lei racconta dell’amore, quello vero, quello eterno, com’è vivere e raccontare anche della città eterna? E crede che l’amore basti a salvarla da un destino terreno?
Roma ti aspetta sempre come fossi di casa, non ti dice ‘Buongiorno’, ma ‘Ciao’. T’invita a prendere un caffè, uno di quelli che come i diamanti sono per sempre. Roma mi ha portato a passeggiare sull’Aventino, uno dei sette colli della città eterna. Passando dalla bocca della verità, al Circo Massimo, riposandosi qualche minuto nel roseto comunale, dove a Maggio si possono ammirare centinaia di rose diverse, per poi proseguire attraverso le abazie medievali più belle ed importanti di Roma, dove, nel silenzio e nella luce che filtra attraverso i rosoni colorati delle finestre, capisci il vero significato della fede. Per arrivare infine in uno dei giardini più belli del mondo: Il giardino degli aranci da cui, dopo aver levitato tra decine di alberi di arance, si può ammirare uno di quei panorami che ti fanno chiedere…Ma allora è così il paradiso e scoprire invece che ne è solo la porta, quella del Priorato di Malta da cui dal buco della serratura si vede la cupola di San Pietro. Vivere Roma da turista è diverso dal viverla ogni giorno da tutta la vita. Io cerco di regalare ai miei lettori la civis romana, la possibilità di sentirsi romani per il tempo di una storia e di continuare ad esserlo nel cuore anche dopo aver chiuso il libro.
Io non so se l’amore mi salverà elevandomi verso il paradiso. A me piace scrivere romanzi d’amore, perché scrivo quello che sento, quello che il mio cuore ha bisogno di esternare, io amo l’amore e tutti i suoi derivati. Come diceva Sean Connery nel film Scoprendo Forrester… “Scrivere non è pensare, è scrivere, la prima stesura va scritta di getto, in modo istintivo, non con la testa, ma nemmeno con il cuore, va scritta di pancia.” Quando io inizio a scrivere una storia lei è già tutta nella mia testa, dall’inizio alla fine, scrivere per me è come se avessi visto un bel film e lo raccontassi a qualcuno che non ha la possibilità di vederlo con i suoi occhi. Per questo cerco di creare con le parole delle immagini, per dare al lettore l’opportunità di vedere ciò che io ho già visto attraverso la mia immaginazione. Di sicuro per me scrivere ha la valenza di una seduta terapeutica, come se il libro fosse uno psicologo che ti ascolta senza pregiudizi e ti giudica in modo oggettivo. Sei consapevole che grazie a lui puoi dire la verità, tutta la verità, forse quella che non hai mai detto a nessuno, senza doversi preoccupare delle conseguenze. Il grande romanticismo che accompagna da sempre il mio modo di vivere la vita, la ricerca spasmodica della dolcezza, della sensibilità, nel percepire l’amore partendo dai dettagli, dai gesti più semplici e banali. Chi si avvicina ai miei romanzi deve sapere che io sono uno scrittore di romanzi d’amore nel vero senso del termine. In ciò che scrivo non troverà la verità assoluta su questo sentimento, né la mia; troverà delle semplici pagine, delle semplici storie forse come ce ne sono state già tante, in cui far specchiare il proprio cuore e ritrovarsi o ritrovare quel sentimento che magari pensa di aver perso o mai provato. La mia visione dell’amore è chiara, cristallina. Un sentimento tanto importante va vissuto a prescindere, al massimo delle proprie possibilità. Amare è come scrivere, non è pensare, amare è scrivere, punto. Per quanto possa essere doloroso perdere la persona amata, ciò che di bello hai vissuto con lei non potrà mai essere cancellato o messo in discussione.
4) Quando è nato il desiderio di raccontare?
Mi sono scoperto scrittore molto tardi, da bambino scrivevo delle storie di fantascienza, affascinato da cartoni animati come Goldrake o Mazinga Z, senza però dare un seguito a questa mia vena letteraria fanciullesca, fino all’arrivo nella mia vita di una ragazza che adorava Rosamunde Pilcher, una scrittrice inglese che di storie d’amore se ne intendeva parecchio. Un giorno lei mi mise in mano un libro e mi disse: “Tieni, questo è il mio romanzo preferito, lo so, forse è un genere che piace più alle donne, ma sono certa che lo apprezzerai, conoscendo il tuo animo sensibile”. Il titolo del romanzo era Ritorno a casa e la ragazza aveva pienamente ragione: quel libro mi conquistò a tal punto che nelle settimane a seguire lessi l’opera omnia dell’autrice. Il mio preferito era I cercatori di conchiglie. Scoprii che il sogno più grande di questa ragazza di cui ero perdutamente innamorato era quello di vedere di persona i posti meravigliosi in cui la Pilcher ambientava le sue storie, ma questo non era possibile perché un grave problema fisico le impediva gli spostamenti lunghi. Così, senza pensarci due volte, le proposi: “Andrò io per te, e i miei occhi saranno i tuoi. Farò un sacco di foto e poi te le farò vedere”. Qualche giorno più tardi partii alla volta di Londra, con la benedizione della famiglia e la promessa di una camicia di forza al mio ritorno. Fu il viaggio più folle della mia vita e ancora oggi, quando ci ripenso, stento a credere di averlo fatto davvero. Due ore di aereo, sei ore di treno attraverso la Cornovaglia, un’ora di corriera per raggiungere Penzance, una delle ultime cittadine d’Inghilterra, e le mitiche scogliere di Land’s End. Decine di foto al mare, al cielo, alle verdi scogliere, al muschio sulle rocce, al vento, al tramonto, per poi all’alba del giorno dopo riprendere il treno e fare il viaggio a ritroso insieme ai pendolari di tutti i santi d’Inghilterra che andavano a lavorare a Londra. Un giorno soltanto, ma uno di quei giorni che ti cambiano la vita. Tornato a Roma, lasciai come promesso i miei occhi, i miei ricordi, le mie emozioni a quella ragazza e forse le avrei lasciato anche il mio cuore, se lei non si fosse trasferita con la famiglia in un’altra città a causa dei suoi problemi di salute. Non c’incontrammo mai più, ma era lei che mi aveva ispirato quel viaggio e in fin dei conti tutto ciò che letterariamente mi è successo in seguito si può ricondurre alla scintilla che lei aveva acceso in me, la voglia di scrivere una storia d’amore che a differenza della nostra finisse bene.
5) Sta già lavorando ad un nuovo progetto?
In realtà ho già un nuovo romanzo pronto per essere pubblicato, ma al momento il mio progetto futuro più importante è il romanzo uscito qualche mese fa, che ancora oggi presento in giro per l’Italia e che presto uscirà anche in Bulgaria, Germania, Austria, Svizzera, Spagna e sudamerica “L’ultimo caffè della sera”, un romanzo a cui tengo tantissimo. Vorrei davvero che fosse letto da più persone possibili. Non per scalare le classifiche o fare numeri da capogiro, ma per far capire alle persone che i romanzi d’amore fanno bene al cuore e all’anima, perché l’amore è l’unico colore che sta bene su tutti…
L’autore era presente nello scenario editoriale italiano già dal 2013 con Il primo caffè del mattino, edito Sperlinkg&Kupfer.
di Claudia Cangianiello