La battaglia di Winterfell, l’epico scontro tra il mondo dei vivi e quello dei morti, promesso e agognato per ben otto stagioni, è finalmente arrivato, e molti di noi si devono ancora riprendere.
Come ogni grande evento che si rispetti, la Battaglia Di Winterfell non ha nemmeno fatto in tempo a concludersi che il mondo si è diviso tra chi ha passato le successive due ore brandendo un randello in preda alla frenesia della guerra, fermamente convinto di aver partecipato in prima persona agli eventi, e chi invece è stato preso dalla delusione.
Opinioni discordanti, fomento, commozione, ira, disperazione e perplessità, tutto scaturisce però da una singola evidenza: quello al quale abbiamo assistito è stato uno dei momenti più incredibili che la storia delle serie tv ci abbia mai offerto, e sicuramente l’episodio più emozionante di tutta questa impresa televisiva nata dai romanzi di George RR Martin.
Ora non sono qui per parlare di tecnicismi riguardo una puntata che nel suo svolgimento può avere avuto i suoi alti e bassi.
Tante critiche mosse hanno avuto un giusto fondamento e tanti elementi sono invece stati giocati con sapiente maestria, ma nel complesso tutto ciò che si dovrebbe fare di questa Battaglia di Winterfell è celebrarne l’ineguagliabile epicità.
Ed il motivo è evidente: l’angoscia, il caos, il terrore, la disperazione, l’insormontabile impotenza, il gelo della lunga notte e l’ardere del fuoco, l’odore del sangue e la certezza attanagliante che la morte non può essere sconfitta, tutto ciò che questa mastodontica battaglia avrebbe dovuto mostrare ci è stato trasmesso in maniera talmente impeccabile da lasciarci inesorabilmente senza fiato e con lo stomaco sottosopra.
Ma partiamo da un presupposto imprescindibile: sono otto stagioni che Game Of Thrones ci tiene incollati al televisore.
Racchiusi tra le mura di Winterfell c’erano tutti quei personaggi le cui storie abbiamo vissuto per otto lunghissimi anni.
Per chi poi come me viene dai romanzi, forse il legame risulta ancora più forte.
Per pagine e pagine, ore e ore, abbiamo vissuto accanto a loro, interiorizzando le loro storie, soffrendo (molto) insieme a loro e gioendo (molto poco) anche delle piccole cose, con il risultato che ognuno di quei personaggi, chi più e chi meno, è inevitabilmente diventato parte di noi.
Nella puntata 8×03 quindi, tra l’armata di non-morti e quel simpatico buontempone di Bran Stark non si stagliavano solo le mura di Winterfell, ma un esercito impregnato delle nostre emozioni.
Tutti pronti ad affrontare letteralmente la morte, tutti perfettamente consapevoli che quella sarebbe stata la loro ultima notte.
Con questo presupposto quindi, la puntata appena andata in onda aveva un unico grande scopo: catapultarti all’interno dell’inferno di Winterfell e farti salire la bile in gola per l’ansia, fino a farti cadere in balia di una scarica di adrenalina che ti avrebbe impedito di dormire la notte seguente.
E dire che la puntata non abbia svolto nel migliore dei modi questo difficilissimo compito è un azzardo così gigante che nemmeno Lyanna Mormont e Tormund messi insieme sarebbero in grado di affrontare.
Con una scrittura emotivamente impeccabile e degli escamotage piazzati a regola d’arte, tra cui una colonna sonora incredibile, la puntata ci ha dilaniato per 82 minuti, facendo saltare qualche battito del nostro cuore quando non si capiva chi stesse morendo, tagliandoci il fiato ogni volta che la tensione si faceva insostenibile e tirandoci fuori dal petto quell’urlo liberatorio per un finale che, nel bene o nel male ci ha lasciati tutti a bocca aperta.
Come ho detto prima, le critiche sono state molte, alcune fondate e altre meno, ma la vera domanda è: importa davvero così tanto?
Veramente in una puntata dalla carica ansiogena di quel calibro stiamo a sindacare sulle strategie di guerra?
Quando una serie tv è in grado di rigirarti le budella per un’ora e venti, quanto è fondamentale che qualche scena sia inutile e magari fatta evidentemente male (sì, mi sto riferendo all’orribile partita di Quidditch sui draghi, quella è indifendibile)?
Se per tutta la scena nella quale Arya si trovava circondata dai non morti e nel silenzio cercava di scappare, una persona poco incline all’ansia come me ha smesso inconsciamente di respirare, allora è evidente che qualcosa di magico in questa puntata è stato fatto.
E non sto qui a raccontarvi del mio orgoglio da fangirl dopo il finale, visto che in questo caso sono evidentemente di parte. Tuttavia, vedermi gongolare perché la mia assassina speciale è cresciuta e ora salva il mondo dalla Lunga Notte è stato uno spettacolo piuttosto imbarazzante.
Ma anche parlando del finale, che ha suscitato non poche polemiche, chi per l’eccessiva velocità con cui è stato sconfitto il Night King (e qui vorrei ricordare che la scelta era tra la morte veloce o la morte di tutti, perché non ci sarebbe stata altra via di scampo) chi per la trovata di far ricoprire alla cazzutissima Stark dall’istinto omicida il ruolo di salvatrice, tutto si riduce a quanto, nella sua imperfezione la scena sia stata di un’efficacia spaventosa.
E allora potrete anche non risplendere di orgoglio come me per quella bambina che tanto tempo fa ha visto il padre morire di fronte ai propri occhi, e dopo anni e anni di sofferenza e addestramento è diventata quel piccolo concentrato di forza letale che si è stagliata tra il mondo dei vivi e la Lunga Notte, ma bisogna ammettere che la costruzione di questo finale nel corso di tutta la puntata sia stata comunque pazzesca.
Una lenta escalation, dal terrificante silenzio che preannuncia la morte, fino alla disperazione più schiacciante, quando ogni speranza sembra essere stata spazzata via dal vento gelido che il Re Della Notte porta con sé, per poi concludersi in un climax che magari a mente lucida ti ha fatto pensare, ma sul momento ti ha inesorabilmente catapultato giù dal divano.
Di fronte a tutto ciò quindi, credo sia doveroso a volte lasciare da parte quelle cose che urtano la nostra logica ed esperienza da divoratori di storie in tutte le salse.
Perché proprio in quanto inguaribile tossica per qualsiasi forma di intrattenimento che sappia coinvolgermi con avventure incredibili e catapultarmi nel vortice di emozioni che da queste scaturiscono, quando mi trovo al cospetto di qualcosa che riesca ad artigliarmi lo stomaco in quel modo io non posso far altro che lasciarmi trasportare da dall’incantesimo, felice come una bambina.
E ciò su cui tutto si basa e tutto ciò che una serie tv, un libro, un fumetto, la trama di un videogame o qualsiasi altra forma di intrattenimento di questo genere deve fare.
Perciò per concludere, Winterfell era troppo buia? La risoluzione della trama non è stata degna del genio di Martin (che tra l’altro non ha niente a che fare con la storia da almeno 3 stagioni)? Alcune cose non erano di una logica inattaccabile? La sua imponenza non era all’altezza del Fosso Di Helm come predetto? Le morti non sono state così fondamentali? C’è stato troppo fan service (come le scorse due stagioni tra l’altro)?
Se volete la verità, va bene così.
E lo dico come una persona che da 3/4 serie critica fortemente le scelte di trama intraprese.
La Battaglia Di Winterfell ha svolto fin troppo bene il suo compito, fornendoci un caos emotivo che difficilmente riusciremo ad eguagliare ed un perfetto esempio di cosa significhi monopolizzare l’attenzione dello spettatore fino a farlo sentire parte dell’azione.
Se volete un consiglio quindi, a volte la cosa migliore è lasciarsi trasportare da ciò che stiamo vivendo attraverso gli occhi dei personaggi e lasciar fare a queste storie ciò per cui le amiamo così tanto, sconvolgere le nostre anime.
La logica in certi casi è meglio lasciarla nel mondo reale, o qui, come in tante altre occasioni, tutta l’epicità si perde, ed è sempre un peccato.
Onore quindi agli eroi di Winterfell e a coloro che hanno messo insieme questo evento mastodontico.
Ora è il turno di Cersei, e qui non vediamo l’ora di sapere, almeno in tv finché il ciccione maledetto non si decide a pubblicare, come tutto andrà a finire.
ANTEA RUGGERO
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