Nonostante si siano pronunciati in modo favorevole allo stop delle prescrizioni, diversi magistrati hanno avanzato diverse critiche alla riforma Bonafede.

L’Associazione Nazionale Magistrati rimprovera infatti alla riforma presentata da Bonafede, la proposta di aver istituito tempi troppo rigidi riguardo la durata dei processi. 

Giuliano Caputo, segretario del consiglio direttivo, interpellato in proposito, ha affermato che:

“I tempi del processo non dipendono dal singolo magistrato ma dallo scrupolo con cui vengono accertati i fatti”

La nuova riforma proposta dal ministro della Giustizia dispone di nuovi termini perentori per quanto riguarda le indagine preliminari. Il Pubblico Ministero avrà infatti a disposizione, a seconda della tipologia di reati, tra i sei e i diciotti mesi per richiedere una proroga. Questa però sarà valida soltanto per una volta. Per chi invece non dovesse rispettare i termini stabiliti dalla nuova legge, verranno avviati procedimenti disciplinari con l’accusa di dolo o negligenza inescusabile. 

Con l’entrata in vigore della nuova legge, nel caso in cui il pm entro tre mesi notifichi l’avviso di chiusura delle indagini o non ne richieda l’archiviazione, questi sarà obbligato a notificare all’indagato l’avviso del deposito della documentazione relativa alle indagini.

Durissima la replica del presidente di Anm:

“è irricevibile da ogni punto di vista. È una valutazione demagogica che dà l’idea di una predeterminazione dei tempi, come se il mancato rispetto dipendesse solo dai magistrati, come una sorta di negligenza staccata da valutazioni fattuali.”