La privacy di Zoom violata, i dati sarebbero finiti in Cina

Nuove ombre sulla sicurezza di Zoom, la catastrofe sulla privacy che ad oggi ha ammesso le sue colpe. L’app per videoconferenze il cui utilizzo si è impennato in questo periodo di smart working e isolamento sociale dovuto all’epidemia di coronavirus, avrebbe gestito male il picco di utenti, facendo passare dati sensibili attraverso la Cina, senza nessuna tutela.

Perche’ i dati degli utenti di Zoom sarebbero finiti in Cina?

Zoom, l’azienda con sede in Silicon Valley ha ammesso di avere “per errore” fatto passare alcuni dati dei suoi utenti attraverso i suoi due server in Cina. Alcune riunioni tenute da suoi utenti non cinesi “potrebbero essere state autorizzate a connettersi ai server in Cina, dove non avrebbero dovuto connettersi”, ha spiegato Zoom. Ciò si è verificato fin da febbraio a causa del picco di traffico sulla piattaforma che ha portato milioni di utenti a usare la app per riunioni di lavoro ma anche incontri virtuali con gli amici per sopperire all’impossibilità di vedersi di persona. Questo picco inaspettato ha mandato in “tilt” il sistema gestionale dei dati, creando una vera e propria sensibilizzazione su alcuni dati privati di utenti.

Zoom ha una presenza significativa in Cina, incluso un laboratorio di ricerca e sviluppo che impiega oltre 700 persone. Finora l’azienda californiana ha cercato di placare le critiche che arrivano dai paesi occidenti, preoccupati che questa forte presenza in Cina possa aprire le porte a violazioni della privacy.

Secondo alcuni analisti, le riunioni ad oggi avvenute tramite Zoom, sarebbero esposte al rischio di spionaggio da parte di Pechino.