Ricomincia il nostro viaggio nell’universo letterario femminile di LetteralMente Donna. Nello scorso numero siamo stati in Italia dove abbia scoperto Ada Negri, una grande poetessa del nostro paese. In questo numero restiamo nel nostro Belpaese alla scoperta di una donna che è stata Cavaliere di gran croce dell’Ordine al merito della Repubblica italiana. Stiamo parlando di un’autrice che ha messo al centro della sua narrativa la donna con la sua complessità sociale e psicologica. Stiamo parlando di Anna Banti.
Come è nata Anna Banti
Anna Banti in realtà era nata come Lucia Lopresti ma aveva scelto questo pseudonimo che le infondeva più sicurezza e che considerava più musicale. Un nome che era quello di una nobildonna parente della madre, come ha raccontato in un intervista a Sandra Petrignani nel 1973 in cui dice:
“Mi sarebbe piaciuto usare il cognome di mio marito. Ma lui l’aveva già reso grande e non mi sembrava giusto fregiarmene. Il mio vero nome, Lucia Lopresti, non mi piaceva. Non è abbastanza musicale. Anna Banti era una parente della famiglia di mia madre. Una nobildonna molto elegante, molto misteriosa. Da bambina mi aveva incuriosita parecchio. Così divenni Anna Banti. Del resto il nome ce lo facciamo noi. Non è detto che siamo tutta la vita il nome della nostra nascita”
Cosi sin dal suo primo racconto “Barbara e la morte” Lucia Lopresti si firma con questo pseudonimo, dando il via al suo grande ciclo narrativo fatto di raccolte di racconti e romanzi.
Le opere e Il coraggio delle donne
Tanta sono le opere di Anna Banti che mette sempre al centro della sua narrativa la donna. Basti pensare ad esempio ad “Artemisia” il suo più famoso romanzo che racconta la vita travagliata alla ricerca dell’affermazione di se della pittrice seicentesca Artemisia Gentileschi. Noi abbiamo deciso di soffermarci su una sua raccolta di racconti del 1940, “Il coraggio delle donne”. Nei racconti in essa contenuti protagoniste sono donne che in vivono in ambienti sociali e secoli diversi. Sono tutte soggette ad ogni sorta di costrizione per l’esigenza dell’uomo-padrone ma sono donne che lottano per affermarsi grazie alla loro intelligenza, passione e volontà. Basti pensare ad Amina che dopo anni di rinunce a causa del marito e della vita domestica riesce ad esprimere la sua rabbia evitando con intelligenza una tragedia.
Anna Banti e il cinema
Finita in oblio, Anna Banti è stata riscoperta grazie al cinema. Mario Martone nel 2010 dirige il film “Noi credevamo” che trae spunto dall’omonimo romanzo storico sul Risorgimento e le sue disillusioni scritto da Anna Banti nel 1967. Si tratta della seconda narrazione storica dopo “Artemisia” che la Banti considera, come sui altri romanzi storici, “interpretazione ipotetica della storia”.