Invictus, il film cult che ripercorre la storica vittoria della coppa del Mondo 1995 degli Springboks e che apre il mondo verso la fine all’Apartheid. Rimane incisa la poesia recitata da Nelson Mandela durante i periodi di prigionia. Un Brano che risale alla fine del diciannovesimo secolo.
Invictus: “rendo grazie alla mia anima invincibile”
La poesia risale al 1888, anno della sua prima pubblicazione e fu composta dallo scrittore e giornalista William Hernest Henley. Il titolo che, tradotto dal latino sta a significare “mai sconfitto” fu pubblicato insieme ad una serie di poesie intitolate “Life and Death” (Vita o morte), raccolta di brani dello scrittore inglese.
L’autore, William Hernest Henley, ebbe una vita non facile di quei tempi. Malato di tubercolosi all’età di dodici anni, rimase colpito dal morbo di Pott, una malattia che causa problemi al sistema osseo. Questo costrinse lo scrittore ad una vita difficile che lo portò all’amputazione della gamba e a continui gravi problemi di salute fino alla sua morte, avvenuta a soli 54 anni.
Nonostante la sua grave patologia, che la costrinse a fermarsi di continuo per motivi di salute, egli continuò gli studi riuscendo a diplomarsi e cominciare il proprio lavoro di giornalista e scrittore nei pressi di Londra.
Proprio durante una delle sue numerose degenze in ospedale, mentre lottava contro questa malattia per rimanere in vita, egli scrisse questo brano. Una poesia, un inno alla vita rispolverato nel 2009 dal film di Clint Eastwood “Invictus” dedicato alla coppa del Mondo di rugby del 1995.
La poesia, gli anni di prigionia e la coppa del Mondo
Nelson Mandela, capo politico e attivista sudafricano, prima di diventare il presidente del Sudafrica, ha dovuto subire una prigionia lunga 27 anni. Durante questo periodo, Mandela continuò la sua lotta contro la discriminazione razziale e, favorire le libertà dei popoli. Proprio durante questo lungo periodo nei giorni bui passati rinchiuso, cercava di alleviare i suoi dolori leggendo questa poesia.
Nel 1995 si giocò la coppa del Mondo di Rugby in Sudafrica e Nelson Mandela aveva appena vinto le elezioni, diventando cosi il primo presidente nero del paese. La coppa del Mondo era un passo importante per l’eliminazione delle discriminazioni razziali e per mostrare al Mondo intero che il Sudafrica era tornato un paese libero e democratico.
Proprio fino all’anno precedente era stato vietato al paese africano, qualsiasi partecipazione alle competizioni e agli eventi internazionali. Inoltre nessun giocatore di colore aveva la possibilità di praticare sport in luoghi pubblici o di partecipare a gare sportive.
Quell’edizione fu vinta proprio dai padroni di casa, con l’immagine più significativa dell’abbraccio tra Il presidente Mandela e Francois Pieenar, capitano bianco di quella nazionale. per la prima volta nella squadra faceva parte un giocatore di colore, Chester Williams.
Nel 2009 il film di Clint Eastwood, Invictus, interpretato da Morgan Freeman e Matt Damon, racconta proprio la storia dell’apartheid, della coppa del Mondo 1995 e ripercorre il rapporto tra i due protagonisti.
Proprio in una delle scende del film, prima della partita finale contro gli All Blacks, Matt Damon, mentre visitava il carcere dove era stato recluso Mandela, ascolta una voce in sottofondo che gli ripete queste frasi. Un momento toccante ed assolutamente emozionale.
Il testo della poesia
Un inno alla vita, quello di William Hernest Henley, raccontato nel suo brano e scritto durante i più bui periodi della sua vita, mentre lottava tra la vita e l’ombra della morte. Bene, se la storia della coppa del Mondo o il film via anno emozionato, ascoltate questa poesia. Anche se nel film tradotto in italiano viene leggermente modificata la traduzione e la doppiatura. Ecco il testo tradotto in italiano:
“Dal profondo della notte che mi avvolge,
Nera come un pozzo che va da un polo all’altro,
Ringrazio gli dei qualunque essi siano
Per la mia indomabile anima.
Nella stretta morsa delle avversità
Non mi sono tirato indietro né ho gridato.
Sotto i colpi d’ascia della sorte
Il mio capo è sanguinante, ma indomito.
Oltre questo luogo di collera e lacrime
Incombe solo l’orrore delle ombre.
Eppure la minaccia degli anni
Mi trova, e mi troverà, senza paura.
Non importa quanto stretto sia il passaggio,
Quanto piena di castighi la vita,
Io sono il padrone del mio destino:
Io sono il capitano della mia anima.”
In un periodo storicamente difficile come quello che stiamo vivendo in questi mesi, leggere questa poesia può farci capire il profondo significato della parola “vita” e, darci la forza e l’emozione di guardare avanti, con tutte le energie che abbiamo in noi.
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