E’ psicologicamente provato che il compimento di una malefatta è susseguito dalla sottile volontà da parte del manigoldo di voler esser scoperto, riconosciutoa seguito di una serie di indizi che il criminale dissemina più o meno volontariamente. In “Zodiac” il serial killer ne attua una versione morbosa.
Un thriller ossessivo sulla ricerca della verità.
David Fincher gira nel 2007 questo film facendo uso della tecnologia digitale, permettendo ciò di forzare al massimo sui tempi di ripresa aumentandone la velocità. I primi a risentirne certo furono gli attori che videro sfumare il lusso ontologico dell’attesa. Ne scaturì una protesta silenziosa da parte di Robert Downey Junior che pare consumasse i suoi bisogni vescicali all’interno di bicchieri che andava spargendo per il set. Rivolte a parte, l’opera come la lavorazione scaturita è un thriller sempre in movimento scabroso e angosciante.
David Fincher dopo “Seven” e “Fight club” nel 2007 è già un regista di culto continuando la sua opera al limite della psicopatia.
L’estate del 1968 è un anno particolarmente prolifico di serial killer. Mentre in Italia agiva il terribile Pacciani noto come “il mostro di Firenze” a San Francisco c’avevano Zodiac, serial killer enigmatico e atroce che disseminava indizi e messaggi sul sul sanguinario operato. Alle calcagne dell’assassino tre uomini un ispettore (Mark Ruffalo), un vignettista (Jake Gyllenhaal) e un giornalista (Robert Downey Jr.) che immoleranno le rispettive vite e carriere alla furiosa e ossessiva ricerca e soluzioni degli enigmi seriali, candendo anch’essi, metaforicamente, nella rete dello Zodiaco.
“Zodiac” di David Fincher è un triller ad hoc per gli appassionati del genere e occasione per riscoprire la filmografia di un autore ormai conclamato del cinema americano. Restate a casa.
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