Nella decade dei Guns e dei Nirvana, della Polaroid e del Walkman, di Mandela e Clinton, anche il basket ha segnato la fine dello scorso millennio grazie a una squadra: i Chicago Bulls. Sei titoli vinti in otto anni, record distrutti e soprattutto la NBA riportata al top dopo periodi piuttosto difficili.

Gli albori di un impero

All’inizio del decennio sulla panchina dei Bulls arriva Phil Jackson per sostituire Doug Collins. Chicago con lui è arrivata fino alle finali di conference sbattendo però sui “Bad Boys” di Detroit. Jordan è già uno dei migliori della lega ma si inizia a dubitare di lui non per il talento quanto per la capacità di portare la squadra al titolo. L’attacco era totalmente incentrato su di lui, ma con l’arrivo di coach Zen l’attacco a triangolo di Tex Winter è al centro del progetto Bulls. Le medie di MJ calano ma la squadra sale di livello. Scottie Pippen è la point-forward più forte del mondo e il supporting cast è finalmente di livello.

Il primo three-peat

Micheal Jordan marca Magic Johnson alle Finals del 1991 (photo credits: Jonathan Daniel/Getty Images)

Al secondo anno di Phil Jackson alla guida di Chicago arriva il titolo. Jordan è il miglior marcatore della lega nonché MVP ma questa volta alle finali di conference i Bulls spazzano via 4-0 i Pistons e poi si impongono sui Lakers di Magic in 5 gare. l‘MVP delle finali è ovviamente MJ. L’inizio di un’egemonia che durerà per tutto il decennio. L’anno seguente i Bulls battono Portland in gara 6 dopo aver ottenuto 67 vittorie in stagione regolare. Un’altra volta il miglior giocatore della stagione e della serie finale è Jordan. Nella stagione 1992-93 Chicago riesce nello storico traguardo di vincere il three-peat, ovvero 3 titoli consecutivi. Fino a quel momento solo dai Celtics negli Anni 60 ci erano riusciti. A farne le spese questa volta sono i Phoenix Suns di Charles Barkley, l’MVP della Regular Season che ha preso ben 46 voti in più di Jordan. Inutile sottolineare che il miglior giocatore delle finali è stato proprio Michael.

Il ritiro di Michael Jordan

Il 22 agosto del 1993 James Jordan, padre di Mike, viene assassinato da due malviventi mentre si riposava a bordo della sua autovettura. Distrutto emotivamente Michael quasi due mesi più tardi annuncia il suo ritiro. Senza MJ, Pippen è il primo violino e guida i Bulls a 55 vittorie sagionali. Ai playoff però Chicago perde in gara 7 contro i Knicks alle semifinali di conference. L’anno successivo non inizia nel migliore dei modi ma nel marzo del ’95 MJ torna sui suoi passi, dopo la poco felice esperienza nel baseball. Alla sua quinta gara ne mette 55 proprio contro i Knicks, ma Chicago non è pronta per vincere ancora e al secondo turno si arrendono a Orlando, la miglior squadra della eastern conference.

Il secondo three peat

Da sinistra: Dennis Rodaman, Scottie Pippen, Michael Jordan, Ron Harper,Toni Kukoc. Il quintetto imbattibile schierato da Jackson nei momenti decisivi durante il secondo three-peat. (photo credits: NUCCIO DINUZZO/CHICAGO TRIBUNE/TNS)

Con l’inizio della stagione 95-96 si apre una nuova era Jordan. il GM Jerry Krause ottiene Dennis Rodman dagli Spurs, fortemente voluto da MJ nonostante fosse uno storico avversario dei Pistons. I Bulls vincono 72 partite nella stagione regolare stabilendo un record che verrà battuto dai Golden State Warriors nel 2016. Alle Finals saranno i Seattle SuperSonics a soccombere. Jordan è tornato ad essere l’indiscusso re della NBA aggiudicandosi MVP, MVP dell’All Star Game e MVP delle finali. Il biennio successivo ha visto i Bulls sfidare gli Utah Jazz di Stockton e Malone alle Finals ma MJ e compagni si sono imposti in entrambi gli anni in 6 gare. Memorabile il tiro in sospensione di Jordan segnato a pochi secondi dalla fine di gara 6 alle Finals del 98 passato alla storia come “The Shot”. Alla fine della stagione la squadra si smantellerà: Jordan si ritira per la seconda (ma non ultima) volta dopo il licenziamento di Phil Jackson, Pippen vola a Houston e Rodman dopo essersi preso una pausa, si accaserà a Los Angeles, sponda Lakers, trovando decisamente meno fortuna. Termina così bruscamente una delle dinastie più forte di tutti i tempi in grado di far appassionare milioni di persone a questo sport e cambiando completamente volto alla NBA.

Lorenzo Mundi

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