Imperatore Adriano: uno degli imperatori più versatili, protettore delle arti e amante della letteratura. Nel nuovo appuntamento della rubrica ClassicaMente, un viaggio nell’antica Roma analizzando uno dei brevi componimenti che resero noto l’imperatore.

Imperatore Adriano, il letterato appassionato di cultura greca

Adriano governò tra il 117 e il 138 d.C., ovvero, nell’età aurea del principato: Roma nella prima metà del II secolo raggiunse il suo massimo splendore. Marguerite Yourcenar, nel libro Memorie di Adriano descrive perfettamente la figura del principe umanista; fervente appassionato della cultura ellenica, deciso e animato verso la custodia delle arti e della letteratura del suo tempo.

”Fondare biblioteche è come costruire ancora granai pubblici, ammassare riserve contro un inverno dello spirito che, da molti indizi, mio malgrado, vedo venire. Ho ricostruito molto, e ricostruire significa collaborare con il tempo, nel suo aspetto di “passato”, coglierne lo spirito o modificarlo, protenderlo quasi verso un più lungo avvenire; significa scoprire sotto le pietre il segreto delle sorgenti”

Adriano si adoperò per il recupero dei dei canoni classici: non solo in architettura ma anche per quanto riguardava la poesia dell’epoca. La produzione di questo periodo consta di poche grandi opere: i testi poetici hanno uno stile che vira ad una dimensione intimistica o, per utilizzare un lessico tecnico, nugatoria.

Imperatore Adriano, animula vagula blandula - Photo Credits: wikimedia
Imperatore Adriano, animula vagula blandula – Photo Credits: wikimedia

L’imperatore Adriano è impegnato in prima persona su questo fronte: alla sua corte nascono circoli ispirati a Catullo, i poetae novelli. Quest’ultimi rifiutavano ogni impegno politico e civile per dedicarsi ad una dimensione di analisi del tutto personale. Cicerone li distingueva con l’appellativo neoteroi: un grecismo con funzione dispregiativa che significava poetastri/poetuncoli.

Adriano e la sua Animula Vagula Blandula

Animula vagula blandula è un brevissimo componimento con cui, Adriano, si prepara al distacco della sua anima, salutandola: come se fosse sulla soglia che separa la vita dalla morte e stesse dando l’ultimo saluto all’amata compagna. L’incipit è usato dalla scrittrice Marguerite Yourcenar come titolo ad uno dei capitoli che compongono Memorie di Adriano, l’opera sulla vita dell’imperatore letterato.

Animula vagula blandula
Hospes comesque corporis,
Quae nunc abibis in loca
Pallidula, rigida, nudula,
Nec, ut soles, dabis iocos…

Nel testo, la scrittrice riassume quello che Adriano sottolinea bel suo breve componimento. La morale è: tutto ci sfugge, tutti, anche noi stessi … Anima a parte.

Anima e corpo fonte di allegria: il gioco è sinonimo di vita

Cinque versi struggenti in cui, l’imperatore letterato, sostiene che l’anima separata dal corpo, diventasse piccola, smarrita, diafana, soave. Una volta che l’anima si congeda dal corpo è nuda, pallida. E’ appunto lei l’essenza di tutto: unita al corpo è fonte di allegria e di attimi ludici. Ed il gioco è sinonimo di vita: l’intera esistenza è puntellata da attimi di leggerezza e sfumature ludiche.

Piccola anima smarrita e soave,
compagna e ospite del corpo,
ora ti appresti a scendere in luoghi
incolori, ardui e spogli,
ove non avrai più gli svaghi consueti

Adriano attendendo la morte si rivolge, quindi, alla propria anima con fare quasi accorato: la struggente domanda che le pone l’imperatore letterato è dove andrà, una volta distaccata dal corpo. Ricordandole che sarà costretta a vagare in luoghi freddi e oscuri, senza avere più la possibilità di ridere e giocare. L’anima è un qualcosa di ignoto, un’entità indefinibile: il corpo è la sua dimora, lei il soffio vitale che crea l’essenza di ciascun uomo. Tuttavia, con una consapevolezza: verrà un giorno in cui l’anima si distaccherà dal corpo, dovrà abbandonarlo aleggiando nel freddo vuoto del nulla.