L’uccisione di George Floyd il 25 maggio scorso a Minneapolis ha dato il via a una serie di effetti a catena in tutto il mondo contro il razzismo. L’indignazione dell’opinione pubblica si è sparsa a macchia d’olio nel giro poco tempo e gran parte degli Usa sono scossi da proteste e rivolte, più o meno pacifiche. La risonanza di queste rivolte sta avendo un impatto socio-culturale non indifferente, portando alla luce il delicato tema del razzismo in ogni aspetto della comunità. Neanche il settore della moda è stato risparmiato, da cui sono emerse défaillance seppellite da troppo tempo.
La moda è specchio della società e ogni caratteristica di un’epoca si vede riflessa in questo mondo. Molte sono le accuse che la fashion industry ha dovuto fronteggiare nel tempo. Promozione dell’anoressia, alienazione, mancanza di responsabilità sociale nella filiera produttiva, crudeltà sugli animali e standardizzazione dei canoni estetici sono solo alcuni esempi. Se parliamo di etnicità sulle passerelle, fortunatamente si tratta di uno scalino fortunatamente già superato. La scelta delle modelle infatti, seppur ancora maggiormente figure scheletriche e androgine, presenta una rosa di differenti etnie oltre quella caucasica.
Vogue nell’occhio del ciclone per le proteste di razzismo nella moda
La bufera in corso ha colpito i piani dirigenziali più alti. La più autorevole figura nel campo della moda, la direttrice di Vogue America Anna Wintour, si cosparge la testa di cenere.
Voglio dire in maniera chiara che so che Vogue non ha fatto abbastanza per promuovere e dare spazio a giornalisti, scrittori, fotografi, designer e creativi neri. Noi stessi abbiamo fatto degli errori pubblicando immagini o storie che possono essere risultate dolorose o intolleranti. Mi prendo la piena responsabilità di questi errori
Queste sono le parole della lettera inoltrata al suo team con cui la Wintour fa mea culpa, dichiarandosi aperta a nuovi spunti da chiunque appartenente alla comunità nera.
L’algida regina della moda ha dovuto sciogliersi, infatti le accuse che si sono abbattute sulla nota rivista americana non sono poche. È stato evidenziato come nell’intera storia di Vogue, che vanta un’età di circa 125 anni, solo un fotografo nero è stato autore di una copertina nel 2018 e pochissime donne di colore sono apparse sulla copertina durante questi anni. Un problema quindi quello del razzismo nella moda latente da molto tempo.
Dopo 30 anni di direzione, la temuta first lady della moda ha dovuto abbassare la testa, aprendosi al dialogo e al compromesso. Durante il lockdown aveva già espresso il dovere della moda di rivisitarsi evitando sprechi e adottando una condotta ecosostenibile. Nonostante la crisi che sta attraversando la fashion industry Condé Nast, casa editrice che pubblica Vogue, reputa la direttrice in grado di fronteggiare le difficoltà all’ordine del giorno e magari di dare un nuovo impulso alla rivista.
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