Benvenuti nell’universo femminile di LetteralMente Donna. Nello scorso numero ci siamo occupati di Fernanda Pivano e della beat generation. Ora facciamo un salto nel tempo agli inizi del ventesimo secolo per occuparci di una delle più importanti scrittrici italiane. Vogliamo parlarvi della prima donna italiana a vincere il Nobel per la letteratura nel 1926. Vogliamo parlarvi di Grazia Deledda.

Grazia Deledda e l’amore viscerale per la Sardegna


Sarda di origine, Grazia Deledda è sempre rimasta legata visceralmente alla Sardegna dove sono ambientate tutte le sue opere. Un legame che le ha portato ha raccontare una terra i mitica, un archetipo di tutti i luoghi frutto di un sentimento quasi perduto. Un’idea che le ha generato non pochi attriti con gli abitanti della sua Nuoro dove spesso le sue storie erano ambientate. Era infatti accusata di descrivere la Sardegna come una terra troppo selvaggia e arretrata. In realtà le sue opere andavano oltre la tradizione letteraria sarda e italiana del tempo tanto che nel 1926 fu la prima donna italiana a vincere un premio Nobel per la letteratura. La Deledda ottenne questo prestigioso riconoscimento “per la sua potenza di scrittrice, sostenuta da un alto ideale, che ritrae in forme plastiche la vita quale è nella sua appartata isola natale e che con profondità e con calore tratta problemi di generale interesse umano”.

Il discorso di Grazia Deledda al momento della consegna del Nobel

Una scrittrice originale


Molti critici hanno cercato di annoverare Grazia Deledda in una delle scuole letterarie del suo tempo. Romanzi come “Canne al vento” e “Cenere“furono visti innanzitutto in chiave naturalistico- veristica e poi decadentistica Questo perchè la Deledda ricostruisce perfettamente la Sardegna del suo tempo ponendovi al centro la crisi dell’individuo diviso tra bene e male e totalmente soggetto alle forze sovrannaturali fato. In realtà l’originalità del suo stile va oltre queste due scuole di pensiero ed è segnato, come testimoniano le sue lettere, da una continua ricerca dell’italiano. Una lingua vista da questa scrittrice come totalmente diversa da quella sarda e per questo interamente da conquistare.