“Napoli è un paradiso; tutti vivono in una specie di ebbrezza e di oblio…Ieri mi dicevo, o sei stato folle fin qui, o lo sei adesso”.

Le parole di Johann Wolfgang von Goethe nel suo “Viaggio a Napoli” 1787, volume del più esteso “Viaggio in Italia” ci hanno accompagnato – nel modo della costa di seguire il mare del golfo partenopeo – per quella che è stata la nostra costante scoperta della meraviglia di Napoli. Al pari degli aristocratici impelagati nel famoso Grand Tour a cavallo tra ‘700 e ‘800, anche noi abbiamo subito la potenza suggestiva d’una città cosi contraddittoria. La maschera e la musicalità napoletana sembrano non aver subito le mutazioni che hanno riguardato il mondo intero a seguito dell’epidemia. Qui lo spirito dell’identità ha radici profonde come le viscere del Vesuvio.

Il nostro viaggio a Napoli è iniziato sotto i migliori auspici e le autoironie sulla banalità dei pregiudizi che sapevamo esser tali. Infinitamente piacevole è stata la cordialità e l’accoglienza della proprietaria nell’appartamento che avevamo affittato nel quartiere San Lorenzo. Appena entrati nel centro cittadino, l’immagine ideale del capoluogo campano si è incarnata a ridosso dei nostri corpi. Un via vai brulicante di persone d’ogni età, commercianti, famiglie, case in cui puoi cader dentro. Napoli è :”un posto in cui per strada tutti seggono al sole finchè finisce di brillare“, con Goethe (anche a due mesi dalla quarantena). Posati i bagagli, su per i quartieri spagnoli, siamo saliti per Castel sant’ Elmo che ci ha regalato il primo belvedere.


Napoli oltre i tempi della pandemia del Coronavirus

Visitando innumerevoli chiese e basiliche scopriamo le differenze tre le restrizioni sul flusso turistico. Alcune come la chiesa di sant’Gennaro ,”Il duomo” di Napoli è di pressochè facile accesso. Sant’Gennaro è famosa per il fenomeno della “liquefazione”, in cui la coagulazione e fluidificazione del sangue nel reliquiario è estremamente variabile, a differenza di quello fisso campionato in provetta. Tanto che il Prof. Lambertini lo ha definito come qualcosa che sfugge alle fondamentali leggi della fisica. Il vetro dell’ampolla è del V/VI secolo, periodo del martirio del santo. Arrivando poi alla basilica di Santa Chiara notiamo invece l’assoluta necessità della prenotazione a causa delle norme. L’edificio tra i più importanti complessi monastici della città è di tipo gotico-angioino, con affreschi di Giotto e con il celeberrimo chiostro maiolicato del quale siamo riusciti a godere.

Il chiostro maiolicato di Santa Chiara, il Cristo Velato e la Napoli sotteranea

Il Chiostro maiolicato di Santa Chiara è di età trecentesca nella parte invariata del colonnato con 66 archi, mentre l’aspetto attuale del giardino è opera del Vaccaro. Caratterizzato da 4 quattro aiuole centrali nel cortile e suddiviso da vialetti interni; è adornato inoltre da 64 pilastrini di maioliche dipinte a mano, policrome che giocano con prospettive e colori della natura circostante.

Perdersi tra i patrimoni artistici partenopei

Il nostro tour napoletano è successivamente proseguito con il Museo Capella San Severo, dove è esposta la celebre scultura del “Cristo Velato” di Giuseppe Sanmartino. La quale è accuratamente protetta da fotografie e dai video dei turisti. Abbiamo avuto inoltre la possibilità di accedere ad una sezione della Napoli sotteranea, dove un personale estremamente preparato ed organizzato a far fronte alla distribuzione dei clienti; ci ha deliziato con le tecniche dell’utilizzo idrico del posto e con le storie come quelle dei ” pozzari“e del “Munaciello“. Figura leggendaria che a seguito di cattivi pagamenti si infilava nei pozzi adibiti ai secchi, entrando inoltre nelle case dei Signori per rubare doni o intrattenersi a loro insaputa con le rispettive mogli. Costruendo quella che è la mitologia e il folclore di Napoli.

Il filo rosso tra musica, maschera e arte. Il museo Capodimonte, il teatro San Carlo e Caravaggio

Una particolare collaborazione lega attualmente il teatro San Carlo di Napoli e il Museo Capodimonte. Il museo, tra i più completi d’opere d’arte in Europa, fra le quali anche alcune di Caravaggio in prestito negli Stati Uniti – avremo modo di visitare in seguito “le sette opere di Misericordia” – presso il Pio Monte della Misericordia; è un tempio della storia musicale napoletana. In una festa per celebrare le unioni delle arti, gli eroi del teatro San Carlo fuggono per incontrare la vita reale a Capodimonte, stanchi della finzione dei libretti di scena. Paisiello, Pergolesi, Jommelli, la Napoli del XVIII secolo è la capitale mondiale della musica. I musicisti della città formatisi nei migliori conservatori, erano richiesti infatti nelle più grandi corti europee come San Pietroburgo, Parigi e Vienna. Dopo l’abbandono del trono da parte del fratello di Napoleone, è Gioacchino Murat a diventare Re di Napoli cambiando la tradizione con l’arte.

Vi è un’esposizione di strumenti d’epoca come pianoforti a tavolo, clavicembali, liuti, tiorbe. La prima parte della mostra è un’autentica storiografia della tradizione musicale napoletana. Nel 700′ infatti si faceva musica dappertutto in città: in campagna e nei grandi palazzi, nei teatri. Ma è con la fondazione dei quattro grandi conservatori, che quest’arte trasforma il tessuto sociale e culturale del posto; salvaguardando l’educazione dei giovani dai richiami della strada ed educandoli alla musica e al canto. Nel 1737 nella Napoli capitale borbonica, la musica lirica trovava dimora nel Teatro di San Carlo, festeggiando nel 1987 i 250° anni dalla nascita.

Le opere liriche, la “Tosca” e Pulcinella

L’osteria di Marechiaro”, “Vurria ca fosse ciaola” su tutte, sono opere liriche che denunciano il rapporto ambivalente che la tradizione musicale napoletana ha con il fato e l’azzardo. Relazioni intricate tra persone di diverse posizioni sociali e la sfida al destino attraverso il gioco; in quest’epoca barocca il sogno di ristabilire a proprio favore il corso degli eventi veniva interpretato in forme particolari sia da aristocratici che da saltimbanchi nelle osterie. Ma ovviamente la più rappresentativa è Pulcinella. Simbolo di ambiguità sessuale ed arroganza, ma capace di gesti delicati e lungimiranti; è l’antica maschera in voga nella Commedia dell’arte settecentesca. Comico e tragico, ingenuo ma scaltro, sbeffeggiatore dei potenti esprime però esso stesso l’ereditarietà del potere attraverso la sua morte in scena, da cui nasce un nuovo Pulcinella.

Storia di uno dei più importanti teatri europei

Abbiamo visitato inoltre l’interno del Teatro San Carlo, accompagnati da una guida siamo entrati in contatto con la biografia della struttura. Voluto dal Re Carlo III di Borbone, inaugurato prima della Scala e della Fenice, rappresenta il più antico teatro in Italia e tra i più importanti in Europa. Un palco dalle dimensione abnormi, una capienza di 1386 spettatori, il San Carlo è stato presieduto da varie prestigiose direzioni artistiche come quelle di Gioachino Rossini, Gaetano Donizetti, Giuseppe Verdi . Anche questo teatro fu ricostruito in diverse occasioni dopo un catastrofico incendio che lo colpì nel 1816; alle volte togliendo persino il fondale per permettere la vista del golfo e del vulcano durante gli spettacoli.

Sotto l’arco che sormonta il palcoscenico si trova un orologio molto particolare perché non gira la lancetta, bensì il quadrante. La lancetta, il braccio destro della figura con le ali, infatti rimane fermo mentre gira lo sfondo.I personaggi raffigurati sull’orologio del Teatro San Carlo sono Cronos, le muse dell’arte, e la sirena Parthenope a ricordare l’antica colonizzazione greca. Tutti questi personaggi compongono l’allegoria dell’arte che non ha tempo, il quale non può fermarsi. “Gli occhi sono abbagliati e l’anima rapita” diceva Stendhal per il teatro e allo stesso modo, al culmine del nostro viaggio abbiamo assistito alla “Tosca” in piazza del Plebiscito.

La conclusione emozionante del nostro viaggio

Il 26 luglio ( in via del tutto sorprendente) abbiamo avuto il piacere di assistere all’ultima serata della rappresentazione della Tosca di Giacomo Puccini. In una piazza del Plebiscito illuminata con violacee luci soffuse ed una platea organizzata per il distanziamento sociale; un bellissimo concerto per sola orchestra, coro e voci ha concluso il nostro viaggio. Con la direzione di Juraj Valčuha e con i famosi interpreti Yusif Eyvazov, ma soprattutto Anna Netrebko. Il melodramma in tre atti del Puccini ci ha emozionati e coinvolti facendoci commuovere ancora di più – semmai ce ne fosse stato bisogno – per la fusione unica che la cornice del golfo e del lungomare in notturna, ha avuto con l’arte e la musica lirica.

Napoli è l’emblema della contraddizione, degli opposti, del sacro e del profano, la bellezza e la ‘munnezza‘. Ma se esiste una città dalla capacità fragorosa di suggestionare, di una tale potenza; anche in tempi cosi desolanti come questi dell’epidemia, e che dovrebbero portare un deterioramento della vivacità: questa è solamente Napoli.

Dipinte in queste rive, son dell’umana gente, le magnifiche sorti e progressive” La Ginestra.

Anche Giacomo Leopardi d’altronde, che qui cercò ristoro dall’anima tormentata e che qui riposa, non a caso scelse questa città per smettere di sopravvivere, ma per vivere veramente.

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