Disegnare la musica con i colori vivaci della fantasia che trasfigura la realtà è quello che ha fatto Jovanotti con Lorenzo 1997 – L’albero. Ascoltare L’albero è come estrarre una fotografia da una scatola e osservare quel preciso momento che ritrae. Un’operazione che non si addice al cantante per cui la vita è un susseguirsi di momenti che si posizionano tutti nel “qui ed ora” ma per questo lavoro va fatta un’eccezione! Nel 1997 un Jovanotti poco più che trentenne diceva: “è il mio album più bello”. Sicuramente un punto di svolta in una carriera che aveva già visto alti e bassi.
“Lorenzo 1997 – L’albero”
Con questo disco Lorenzo conquista definitivamente la critica che era stata spesso confusa e severa nei confronti di una spensieratezza definita eccessiva e di quello stile inafferrabile che lo rendeva l’outsider imprevedibile che ancor oggi è. Eppure questo album segna la svolta, concreto e sincero, ricco di ispirazioni, suoni nuovi e contenuti. Lorenzo è partito per l’Africa, alla ricerca di suggestioni e sensazioni che potessero dargli la spinta a realizzare qualcosa di completamente diverso da quello che aveva fatto in passato. Il risultato è sorprendente. Lorenzo sa esprimere l’essenza delle cose con quella semplicità che è sinonimo di verità e mai di banalità. Segue un tour che è già in nuce quello che è poi stato Jova Beach Party:
“Con il palco in mezzo per ricreare nei palasport una specie di festa di paese virtuale – diceva Lorenzo nel 1997 -. Ho fatto il conto delle canzoni importanti, quelle che devo suonare “per forza” e mi sono accorto che staremmo sul palco per più di due ore e mezza. So che dovrò ridurre… però è difficile. Quando abbiamo suonato all’estero a volte ci è capitato di dover fare solo qualche pezzo e, infine, ci ritrovavamo a cantare per ore e terminare con dei groove che facevano impazzire la gente tanto da non volersene più andare, né loro né noi! Penso che sia questo il piacere di fare musica, provare soddisfazione in quello che fai”.
“Mi hanno detto che questo è un disco semplice che dà una sensazione di tranquillià. E’ strano, perché per realizzarlo ho passato un periodo molto travagliato. Sentivo che avevo molte cose da scrivere ma non ne trovavo il modo. Forse è proprio tutta la mia agitazione che è confluita in questa grande calma e ne sono felice. Per la prima volta ho fatto un disco che mi fotografa completamente. Non ho altro da aggiungere a tutto quello che ho detto. Certe volte mi chiedo cosa scriverò nel prossimo, ma adesso non è il momento di pensarci. Non vedo l’ora di suonare dal vivo e mi sto concentrando solo su quello”.
Le canzoni
L’album, dedicato alla memoria del percussionista Naco, contiene ben diciassette brani. e riserva molte sorprese. Oltre al primo singolo Bella (il cui titolo ha rischiato di essere “La canzone del fornaio”!), “una piccola canzone d’amore semplice, semplice…”, come dice Lorenzo, ci sono altri pezzi che diventeranno delle hit. Tra questi “Questa è la mia casa”, una sorta di preghiera universale, singolo accompagnato da un bel video girato nelle splendide acque di Cuba. “La linea d’ombra” è la metafora di un viaggio che rappresentava Lorenzo com’era, con le sue indecisioni e punti fermi.
Tra i pezzi contenuti nel cd compare Il tamburo. Questo è un termine molto importante nel vocabolario di Lorenzo perché è così che aveva chiamato la sua isola virtuale, dato che il tamburo è il mezzo usato dallo sciamano per mettersi in contatto con lo spirito, e attraverso questo creare il contatto con la tribù. Infatti, da vero precursore, nel 1996, agli albori di Internet, aveva pubblicato un cd rom, autoprodotto, che permetteva ai primi internauti la connessione con la “repubblica fondata sul ritmo”. Il lavoro di questi anni, ispirato ad una scelta artistica mirata all’abbattimento delle barriere e delle disuguaglianze, è stato racchiuso nel progetto. Tamburo inglobava immagini e suoni ma soprattutto idee da cui estrapolare un forte stimolo alla conoscenza e alla riflessione.
La costante è spaziare nella ritmica con la volontà di esplorare sonorità diverse. Suoni tribali, musicisti di diverse nazionalità, ricerca per esprimere un Jovanotti tutto in divenire, con poche certezze ma molte convinzioni, rappresentato da un albero “con le radici nel tuo cuore e i rami nell’altrove” a metà strada tra terra e cielo con i piedi ben piantati in terra ed i rami con i quali allungarsi a conoscere l’ignoto.
Angela De Girolamo