In occasione dell’anniversario della nascita di Miguel de Cervantes, la redazione di Metropolitan Magazine omaggia il famoso scrittore attraverso la sua opera più celebre, Don Chisciotte della Mancia. Andiamo, dunque, alla riscoperta dell’opera delineandone le curiosità.
Don Chisciotte, il cavaliere “senza macchia e senza paura”
All’età di 57 anni, nel 1605 e dopo una vita piena di spostamenti e di tormenti, Miguel de Cervantes Saavedra scrisse la storia di quello che sarà uno dei più amati e famosi protagonisti della letteratura mondiale: Don Chisciotte della Mancia. Un’opera geniale, che mescola i caratteri del romanzo picaresco alla tradizione cavalleresca. Fondamentale è, però, la componente innovativa, l’originalità che lo rese il primo vero romanzo moderno. Molti sono, infatti, i critici e gli scrittori, come Carlos Fuentes, a ritenerlo tale. Questo per la struttura narrativa che attraversano i due mitici protagonisti e per le sfumature dei personaggi e dei dialoghi. Qualcosa che non si era mai visto prima di allora!
Trama e personaggi
Il nostro amato Don Chisciotte non doveva in realtà avere il titolo con cui oggi lo conosciamo tutti. Il romanzo era originariamente intitolato: El ingenioso hidalgo don Quijote de la Mancha. Il protagonista delle avventure cavalleresche narrate nell’opera era, infatti, proprio un hidalgo (nobile) spagnolo che, appassionato delle incredibili gesta di cui si fregiavano gli eroi dei romanzi cavallereschi, non riesce a distinguere più realtà da finzione. Decide, dunque, di divenire egli stesso cavaliere e di partire alla ricerca delle più sorprendenti avventure. Per farlo ha bisogno di un cavallo, di uno scudiero e di una nobildonna da amare.
Parte allora con il suo ronzino, un cavalluccio di poco conto chiamato Ronzinante, dandosi il nome di Don Chisciotte della Mancia. Decide di affrontare mille imprese e pericoli in nome della sua amata Dulcinea del Toboso, che in realtà è una povera donna di nome Aldonza Lorenzo. Trova poi un contadino che lo segue e accetta di fargli da scudiero, Sancho Panza. Iniziano così innumerevoli avventure rocambolesche, che appaiono quasi insignificanti al confronto con quelle dei grandi cavalieri della letteratura, praticamente comiche. Avventure folli, di indubbio gusto ironico.
La modernità del Don Chisciotte della Mancia
Il Don Chisciotte è un libro che parla di libri, che unisce gli ideali con il ridicolo, la passione con la follia, l’immaginazione con la comicità e la tragedia, e che ha saputo sopravvivere e appassionare con la sua assurdità milioni di lettori. E’ proprio qui che risiedono le componenti per definire il romanzo come il primo del mondo moderno: Cervantes parte dal grande amore che la sua epoca ha per i romanzi cavallereschi per mettere in ridicolo i cavalieri e i loro ideali. Lo fa perché capisce che la società non ha niente a che vedere con la virtù dei cavalieri e non c’è più posto nel presente per la letteratura. Rivoluziona schemi e forme del romanzo tradizionale.
Alcune curiosità sul Don Chisciotte
Come e quando nacque quest’opera grandiosa? A chi si ispirò Miguel de Cervantes? E chi era Cervantes? Sono tanti i dettagli sul Don Chisciotte che probabilmente, di solito, sono affrontati secondariamente rispetto alla trama, ai suoi eroici personaggi e alle notevoli innovazioni stilistiche. Andiamo, dunque, a riscoprirne alcune.
Cervantes ideò l’opera in prigione
Forse non conoscevate come nacquero le “valorose” gesta di Don Chisciotte. Prima di comporre l’opera, Cervantes era un esattore delle tasse per pagarsi l’attività di scrittore. Frequenti errori contabili nell’attività gli costarono per ben due volte, tra il 1597 e il 1602, delle brevi permanenze in galera. Proprio durante una di queste soste forzate nacque l’idea del cavaliere senza macchia e senza paura.
Don Chisciotte, zio della moglie di Cervantes
Verso la fine del secondo volume, Cervantes rivela che il vero nome del suo eroe è Alonso Quixano. Il nome è ispirato ad Alonso de Quesada y Salazar, zio della moglie di Cervantes dal 1584. Alcuni sostengono che lo zio abbia ispirato non solo il nome, ma anche alcuni aspetti del celebre personaggio. Ricercatori spagnoli hanno recentemente ipotizzato che i fatti narrati siano, in realtà, ispirati ad episodi di cronaca legati a un nobile contemporaneo all’autore.
Cervantes chiuse la storia per indignazione
La prima versione del libro fu pubblicata nel 1605. La vicenda aveva un finale aperto e riscosse un successo tale che nel 1614 ne fu pubblicò un seguito. Si dice che fu l’indignazione di Cervantes per tale seguito che spinse l’autore a scrivere la sua conclusione, che fu pubblicata nel 1615. Nella versione di Cervantes, le gesta del cavaliere errante si concludono con una svolta “tragica” del personaggio, attribuendo alla storia la dura realtà della vita:
io sono nato per vivere morendo.
Martina Pipitone