Il 17 ottobre 1980 arrivò sul mercato la quinta fatica di Bruce Springsteen. Colui che era ormai considerato il Boss, il working class hero del proletariato americano, pubblicò il suo primo album doppio: The River.
Per la prima volta da tempo, aveva potuto pensare ad un disco senza le pressioni di critici, case discografiche e pubblico. Questo non significa, però, che la gestazione fu semplice: ne ha dovuti fare di kilometri quel fiume per arrivare al mare!
L’approccio maniacale di Springsteen
“Volevo che il nuovo disco avesse tutta la ruvida e fragorosa spontaneità di un nostro live. [] Volevo ampliare la gamma delle emozioni. C’era solennità nei nostri concerti, ma non solo: ci si divertiva un mondo, e stavolta volevo che si sentisse. [] The River non doveva essere perfetto, ma di una bellezza disordinata.”
Nel ’79 Springsteen consegnò alla casa discografica The Ties That Bind, una prima versione dell’album, con undici brani. Ma non era soddisfatto, “era buono ma non era grande. [] Più lo ascoltavo, più mi convincevo che non era abbastanza”. Così tornò in studio per un altro anno e scrisse più di cento canzoni. Si convinse che da quel materiale sarebbe uscito un album doppio e i pezzi arrivarono a venti.
Little Steve, coproduttore, lo spinse a tirare fuori i brani più marcatamente rock che il Boss aveva scritto e lasciato fuori dalle pubblicazioni precedenti. Il mixaggio fu un’operazione travagliata, con una moltitudine di tracce registrate per creare più rumore possibile, che la voce di Springsteen faticava a sovrastare. Alla fine, riuscirono ad arrivare all’agognato equilibrio fra il garage noise e la comprensibilità delle parole. Per la copertina di The River fu ripescata una foto dalle session scattate per Darkness On The Edge of Town, sulla quale nome e titolo del disco furono scritti in un carattere stile B-movie.
Irraggiungibili terre promesse, sogni infranti e ancore di salvezza
“I temi della casa, della famiglia e del matrimonio si insinuavano nell’album mentre cercavo di capire che ruolo potevano avere nella mia vita.”
E la morte. E il tempo che passa. Tutti temi che Springsteen affrontò e sviscerò con rinnovata maturità in un album che è una galleria di esistenze spezzate, di uomini piegati sulle ginocchia che fanno i conti con la vita. Tra disillusioni, rimpianti e senso di impotenza davanti a un futuro già scritto di sudore e fatica. La stanca rassegnazione di Point Blank è un pugno nello stomaco (you wake up and you’re dying and you don’t even know what from): se ascoltandola non avete le lacrime agli occhi, correte in strada a riprendere il vostro cuore, perché lo state perdendo.
E se un giorno assisterete a un concerto del Boss, preparatevi a brividi lungo la schiena e pelle d’oca quando arriverà il momento di Drive All Night. Con la title track, ispirata alla sorella Virginia, il Boss ripescò la passione per il country per raccontare di vite vissute accanto ad un fiume in secca che una volta scorreva carico di promesse. Ma raccontò anche di due persone che trovano l’una nell’altra la forza di andare avanti, di tenere acceso quell’ultimo fiammifero di speranza. La complicità della persona che ti sta accanto è l’àncora alla quale aggrapparsi per continuare a ballare questa sfiancante danza della vita.
Un’auto sempre pronta
Hungry Heart fu la prima vera hit di Springsteen ma soprattutto fu il brano che finalmente portò ai concerti le donne. The River vendette milioni di copie e ricondusse il Boss e la sua E Street Band oltreoceano. Il tour europeo, con la tappa in una Berlino divisa in due dal muro, segnò profondamente il gruppo, che gradualmente diede una connotazione maggiormente politica al proprio lavoro.
The River non era un concept album, ma un disco coeso e pieno di cose. Una matura summa della poetica di Springsteen e di quello che sarebbe stata da quel momento in poi. Uno stile talmente ancorato al rock classico da non risultare, ancora oggi, invecchiato neanche un po’. Ottanta minuti tra le macerie di vite di periferia, tradite e dimenticate, vissute all’ombra ma con una ostinata scintilla di speranza sempre accesa.
“Well I got some beer
And the highway’s free
And I got you,
and baby you got me” Sherry Darling
Nonostante tutto, rimane sempre quell’auto parcheggiata là fuori sulla quale saltare, per sfrecciare insieme sulle infinite highways, rincorrendo un futuro migliore.
Emanuela Cristo
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