Polemica all’arte: Letizia Battaglia vs Lamborghini

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Nel seguente articolo abbiamo affrontato la questione della campagna pubblicitaria della Lamborghini affidata a Letizia Battaglia, varando le possibilità dietro le polemiche. Cosa ha scatenato il dissenso del “popolo” con il conseguente ritiro della campagna?

Quando si affida la comunicazione all’arte bisogna essere consapevoli che la creazione non sempre risponde e rispetta le richieste di mercato. Ci può essere un committente, un finanziatore ma l’artista non necessariamente segue le linee indicate dal mecenate.

Il risultato non è sempre ciò che si sperava, gli artisti ne sono consapevoli ma non hanno mai subordinato la loro creazione alle richieste dall’alto . 

L’arte non ha padroni né regole.

Il progetto di Lamborghini, la nota casa automobilistica specializzata in auto di lusso, ha pensato bene di sponsorizzare alcuni modelli freschi freschi di carrozzeria servendosi della lente di alcuni fotografi. Obiettivo, così come viene dichiarato nella Home page dell’azienda, è: 

With Italy, For Italy” è la dichiarazione d’amore che Lamborghini ha voluto dedicare all’Italia scegliendo come linguaggio quello dell’arte fotografica. Venti tra i maggiori talenti della fotografia italiana intraprenderanno un viaggio alla scoperta della bellezza, dell’unicità e dell’eccellenza di venti regioni italiane insieme ad altrettante Lamborghini, a sottolineare il momento di ripresa che sta vivendo il nostro Paese dopo l’emergenza Covid-19, valorizzandone la straordinaria ricchezza. 

Attraverso l’obiettivo di artisti selezionati, la casa automobilistica intende raccontare storie e luoghi dell’Italia per esaltarne il patrimonio identitario unico, ricco di arte, storia, bellezze naturali e architettoniche.

Letizia Battaglia
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Ma non solo la tradizione artistica che conosciamo, bensì anche il talento, l’estro, la ricerca estetica e innovazione: caratteristiche radicate nel DNA della Casa del Toro

Dunque, implicitamente la dichiarazione suggerisce la possibilità che il progetto, essendo affidato a 21 fotografi dalle sfumature e venature artistiche differenti, diano un contributo personale ed unico.

È la loro lente a fotografare l’Italia, seppur finanziata dalla Casa automobilistica. 

Vorrei anteporre un fatto: Letizia Battaglia (classe 1935)  è una celebratissima fotografa nota per i suoi reportage politici tra i quali si ricordano gli scatti di una Palermo popolata da delitti di mafia ma anche per la famosa bambina con il pallone –  fotografia che fece il giro del mondo. 

Letizia battaglia
Letizia Battaglia, bambina con il pallone

È stata la prima donna europea a ricevere nel 1985 il Premio Eugene Smith a New York: un riconoscimento internazionale per la fotografia (abbiamo parlato del suo contributo professionale anche qui https://metropolitanmagazine.it/letizia-battaglia-documentario/). 

I soggetti prediletti di Letizia Battaglia sono femminili: donne e bambini, spesso in bianco e nero e molto più spesso nella sua Palermo alternata tra miseria e splendore, tra Gloria e Infamia. 

L’antefatto è necessario perché, spesso, dinanzi agli errori si dimentica chi c’è dietro quelle cadute: l’infallibilità è un pregio umano e un difetto divino. A noi la perfezione non è concessa, seppur auspicata. 

Terminato l’excursus biografico, mi addentro nel cuore della questione.L’intenzione di questo articolo non è quello di fare eco alle polemiche ma cercare di comprenderne le motivazioni alla base. 

Guardando le foto ciò che salta subito all’occhio sono i soggetti: bambine.

Nell’ottica visionaria di Letizia Battaglia non c’è da stupirsi (come abbiamo scritto sopra la fotografa preferiva figure femminili). Quello che però mi chiedo è: a che scopo “utilizzare” come soggetti delle ragazzine, se non bambine, per una campagna pubblicitaria di un’auto di lusso? 

La polemica generata dalla campagna affidata dalla Lamborghini a Letizia Battaglia ambientata, come era ovvio, a Pelermo. 

In un’intervista che Letizia Battaglia ha rilasciato successivamente, ha dichiarato che le bambine in questione danno le spalle alla macchina, sfuocata sullo sfondo, guardando lei con i loro occhi potenti, capaci di farsi denuncia.

Si, è vero. Nella maggior parte delle fotografie le ragazze sono di spalle alla macchina, ma in alcune sono di spalle all’obiettivo, guardando la macchina. Ma parallelamente al problema dell’età delle “modelle” c’è la questione abbigliamento: shorts, top e costume da bagno. 

Nelle fotografie di Letizia Battaglia il binomio, stereotipato e sessista, che vede donne e motori è emerso.

Non è tollerato dalla maggioranza nemmeno se si tratta delle ragazze immagine che mantengono gli ombrelli per far ombra ai motociclisti, figuriamoci se fatto da bambine. 

Il loro candore, la loro speranza, che credo fosse l’obiettivo della fotografa, viene automaticamente messo da parte da ciò che prevale all’occhio umano: macchina sfuocata sullo sfondo, figura femminile in primo piano in abiti striminziti che risaltano le forme (per quanto sia possibile in un’adolescente). 

Nel sistema di simboli patriarcale la potenza delle macchine è tutt’uno col potere del maschio e con la virilità eccessiva con il conseguente dominio della donna. 

Si tratta sicuramente di un mondo codificato ma sicuramente ben impresso nell’immaginario collettivo. 

Letizia Battaglia, campagna per Lamborghini
Dov’è la differenza?
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La questione non è il bigottismo, non è l’eccesso di moralismo bensì, l’assenza di un messaggio chiaro. Non traspare, attraverso le immagini ritratte, quale fosse la volontà della fotografa – nonostante ci sia una dichiarazione a sostegno del suoi buoni propositi – ossia di coniugare idealmente il luogo che “esprime il sogno” (Palermo) con il sogno di eterna fanciulla di un “mondo sincero e rispettoso”. 

Ma Palermo è sfuocata insieme alla macchina: non ci sono le bellezze architettoniche richieste e promesse dalla campagna; non c’è l’Italia epica e storica; non c’è la macchina (se si esclude la macchia gialla sullo sfondo).  

Il lato positivo della polemica è che mette a confronto diverse “fazioni”, conduce al confronto e ben venga che tali temi vengano trattati. E non si tratta del purché se ne parli quanto piuttosto di ammettere il contesto.

Letizia Battaglia, campagna per Lamborghini
Letizia Battaglia, campagna per Lamborghini
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Una campagna pubblicitaria non è la sala di un museo, probabilmente se si fosse trattata di una mostra fotografica non avrebbe generato tanti dissensi. La pubblicità arriva per canali completamente diversi, è accessibile da ogni dove. L’arte no, è un espressione riservata e apprezzata dai pochi che definiamo di nicchia

Hanno però una cosa in comune: scatenare gli animi. La prima in termini di logiche di mercato alla ricerca di nuovi consumatori; la seconda invita alla riflessione, e alla comprensione, seppur minima del mondo dell’artista. 

L’errore che è stato commesso risiede nel non aver saputo ribaltare lo stereotipo donne-motori, di trasformarlo in altro, in arte, comunicandolo in maniera differente o dargli addirittura un nuovo significato. 

Sta di fatto che la campagna non ha smosso solo gli animi del popolo, bensì quello delle femministe (in particolare le attiviste dell’associazione Non una di meno), le quali hanno invitato la fotografa a “prendere la parola, per dare voce alla città né donna né bambina, ma soggettività autodeterminata, anticapitalista e antipatriarcale”. Il tutto dopo aver ammesso la problematicità delle immagini per il retaggio culturale che queste evocano: sessiste, maschiliste, stereotipate

Purtroppo, o per fortuna, l’arte non può essere spiegata. È un pò come spiegare le barzellette, o le capisci o niente ma sei libero di ridere come di non farlo affatto.

Lucrezia Battaglia  non ha spiegato la sua arte, si è ritirata (insieme alla campagna, per volontà del sindaco di Palermo), ha dato le dimissioni dal Centro per la Fotografia di Palermo e ha lasciato la scena con una frase: non mi hanno capita