Le serie animate di Star Wars, ossia The Clone Wars e Rebels, sono prodotti che nonostante all’inizio fossero stati introdotti e forse troppo superficialmente giudicate dal pubblico come puro fanservice, sul piano narrativo si sono rivelati fondamentali per il canone starworsiano, completandolo egregiamente soprattutto da un punto di vista narrativo, espletando ad esempio la geografia e la xenologia della galassia. Questo narrativamente parlando, ma perché sono importanti anche da un punto di vista religioso?
Come riportato in un precedente articolo, l’opera di George Lucas ha influenzato, filosoficamente parlando, migliaia di persone nel mondo le quali si sono riunite sotto un vero e proprio credo: il Jedismo. Come detto in quello stesso articolo, esso presenta effettivamente tutte le caratteristiche principali di una religione “più tradizionale”. Ricapitolandole:
- la presenza di un fondatore (George Lucas);
- la presenza di un testo sacro vero e proprio riconosciuto dalla comunità (i film, o meglio, la sceneggiatura originale dei film);
- la presenza di una determinata visione del mondo (esplicitata nel codice di comportamento dei Jedi e nel concetto di Forza);
- la presenza di un’istituzione ufficiale (la Jedi Church).
Ma torniamo alle serie animate. Cosa aggiungono?
Come completano il quadro “mistico” sia dell’opera che del fenomeno religioso che ne è derivato? Se i primi sei film in un certo qual modo si identificano come una sorta di Antico testamento (ecco perché citavo il Cristianesimo come riferimento), le serie animate di Star Wars possono considerarsi a tutti gli effetti una sorta di Nuovo Testamento.
Esse sono in tutto e per tutto un testo sacro, capace di completare le informazioni “di fede” e fornendo, ad esempio, un efficace compendio alla mitologia vera e propria, anzi, inserendo realmente la mitologia nell’opera. In che modo? Attraverso l’introduzione dei Guardiani della Forza: il Padre e i suoi due figli sul pianeta Mortis. Esseri pressoché divini (in Rebels vengono definiti divinità a tutti gli effetti da personaggi che comprendevano e studiavano la forza), certamente mitologici se vogliamo, capaci di trascendere, rispetto ad un Jedi “comune”, la forza stessa. È interessante come essi siano una trinità; anche questo un aspetto molto “cristiano”, come del resto lo è il fatto che Anakin non fosse stato generato da un padre biologico (vi ricorda qualcuno?). Tuttavia, la numerologia (e non solo quella) in Star Wars prende spunto, come detto in passato, da numerose religioni, tant’è che nella nuova trilogia sequel si parla ad esempio di diade.
Oltre ad un apparato mitologico le serie completano il misticismo introducendo anche una sorta di concetto di Magia, anche se “banalmente” associata soprattutto al lato oscuro. Parliamo delle Sorelle della notte, rappresentate e guidate da Madre Talzin, in grado di compiere quasi dei miracoli, come ad esempio restituire le gambe a Darth Maul o rianimare i corpi delle sorelle morte in passato. Palpatine/Sidious, nella trilogia prequel, ci parla di qualcosa del genere e nella serie The Clone Wars ne vediamo una possibile applicazione (ricordandoci sempre che la “vera” resurrezione è stata acquisita tuttavia da uno solo).
Marcel Mauss, noto antropologo, definisce la magia come un insieme di saperi e pratiche nate dal bisogno di agire su forze indecifrabili. In pratica un tentativo di manipolazione di queste stesse forze, nel nostro caso… della forza stessa. Sappiamo che un Force User medio è in grado di compiere “trucchetti” che possono passare per magia, ma solitamente non necessita di un vero apparato rituale o di formule, si tratta di pura concentrazione. A parere di chi scrive le formule pronunciate da Madre Talzin, i canti intonati dalle sorelle della notte, o perché no, il rituale Sith al quale Palpatine sottopone il conte Dooku per intralciare Yoda, non sono altro che catalizzatori mentali che permetterebbero di entrare ancora più in sintonia con la forza e pertanto moltiplicare i propri poteri. Catalizzatori che fanno compiere “miracoli” ai quali solo pochi eletti possono accedere. Non è questo forse un altro pilastro di molte religioni “storiche”?
La magia, quindi, introduce certamente anche un aspetto rituale del “grande mistero”, tuttavia è presente nelle serie anche una ritualità diversa, ma comunque fondante, ossia quella dei cosiddetti riti di passaggio. Esempi? L’acquisizione del cristallo Kyber, indispensabile ad un Jedi per la propria spada laser, da parte dei giovani cadetti o le prove a cui vene sottoposto il Maestro Yoda per riuscire a divenire un fantasma della forza. Anche il lato chiaro ha quindi una sua forma di ritualità che va oltre le prove per diventare un Jedi presentateci nei film. Ovviamente, ricollegandoci al Jedismo come fenomeno reale, inserito nella vita reale, questa parte del discorso è quella più problematica: come replicarli? Tuttavia, non si può negare che almeno nella fiction questi elementi compaiano ed è giusto segnalarli.
Chiudendo questa riflessione, non si può non parlare di templi. Soprattutto in Rebels vi è la consacrazione del tempio come luogo di fede prediletto in assoluto. I Templi, Jedi o Sith che siano, sono quasi al centro della narrazione, come lo sono gli Olocroni, i quali possono essere definiti in tutti i sensi delle reliquie. Certamente non sfuggirà a nessuno come anche questo sia un elemento indiscutibilmente religioso e come dia una forte materialità alla fede, pure sempre restando all’interno di un più ampio misticismo.
Ho parlato di vangeli: in quelli cristiani in pratica si salta la giovinezza di Cristo, il salvatore, nella serie The Clone Wars i 10 di addestramento di Anakin, tuttavia è innegabile che entrambe le “scritture” narrino le gesta del prescelto.
Le serie animate di Star Wars, quindi, sono figlie di puro fanservice? Chi vi scrive parlerebbe di pura necessità.
Dario Bettati
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