In Polonia il partito al Governo, con l’alleanza della Chiesa Cattolica, sta progressivamente restringendo la possibilità di abortire per le donne. Sono in previsione, peraltro, norme ancora più repressive. La Commissione Europea ha esortato la Polonia ad adottare un indirizzo più conforme alle norme dell’UE.

La mancata attuazione in Polonia della Convenzione di Istanbul

In materia di violenza domestica e diritto delle donne, la Convenzione di Istanbul è il gold standard a cui tutti i paesi membri dell’Unione dovrebbero attenersi. All’interno della Convenzione il libero accesso all’aborto è descritto come un elemento necessario a tutelare la salute delle donne. Tutti i paesi dell’UE hanno firmato tale Convenzione del 2011, ma non tutti l’hanno ratificata. Preoccupante è la posizione della Polonia, il cui Governo di destra all’inizio di quest’anno ha dichiarato di voler uscire dall’ accordo.

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Helena Dalli- Photo Credit: Web

La posizione espressa da Helena Dalli

Helena Dalli, Commissaria Europea preposta all’Uguaglianza, ha affermato fermamente che se entro il 2021 l’ UE dovesse ancora riscontrare la mancata o erronea attuazione della Convenzione di Istanbul la Commissione si propone di porre in essere un’iniziativa giuridica per raggiungere gli standard minimi previsti. Nel piano giuridico previsto dalla Commissaria Dalli vi è, inoltre, la volontà di inserire nel novero degli “Eurocrime” anche la violenza sulle donne assimilando il reato al terrorismo o la tratta di persone umane. Si ricordi che in materia di “Eurocrime” l’ UE si riserva di stabilire le pene minime che devono essere applicate in tutti i paesi membri.

Il problema con la Polonia

In Polonia il problema della tutela dei diritti delle donne è, invece, strumentalizzato per ottenere risultati diametralmente opposti a quelli auspicati dall’UE. Nel frattempo in Polonia continuano le proteste dei cittadini, volte a salvaguardare i diritti delle donne, che hanno preso avvio a seguito di una sentenza della Corte Costituzionale che di fatto ha reso illegale l’aborto nella maggior parte dei casi. Le manifestazioni in Polonia sono, peraltro, represse con l’impiego di una violenta forza di polizia.

La posizione delle donne in Polonia

La deputata polacca Sylwia Spurek dei Verdi ha affermato:

“Non c’è più Stato di diritto in Polonia e non ci sono media pubblici gratuiti. Non ci sono diritti per le donne. Ogni anno in Polonia ci allontaniamo da Parigi, da Berlino, da Roma. Noi [donne polacche] non vogliamo continuare a soffrire a causa di un partito e di una religione

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Proteste in Polonia- Photo Credit: Web

Il dibattito nell’UE

Helena Dalli in primo luogo ha sottolineato la sua preoccupazione per i pregiudizi politici della Corte Costituzionale polacca, affermando che la Polonia è esposta a procedure sanzionatorie e potenziali multe da parte dell’UE. Ma da più parti a livello europeo si è presa una posizione contraria a quella della Polonia. Iratxe García Pérez, eurodeputata spagnola responsabile del gruppo Socialisti e Democratici, riferendosi al Governo polacco e al Presidente Jarosław Kaczyński ha dichiarato:

“È assolutamente inaccettabile che una Corte costituzionale controllata dal governo di Kaczyński voglia attaccare uno dei diritti fondamentali delle donne”

La Polonia sta facendo un passo indietro nel tempo per l’eurodeputata liberale olandese Samira Rafaela. Solo una manciata di eurodeputati anti aborto ha, invece, parlato del proprio credo cristiano.

E’ inconcepibile che nel 2020 non ci si trovi di fronte ad uno stato laico, svincolato dal credo religioso e sordo alle istanze dei cittadini. Occorre fermamente esporsi al fianco delle donne polacche, private di fatto di un diritto fondamentale: quello all’autodeterminazione. Nessuno può decidere per conto loro in una materia così delicata come l’aborto o la violenza sulle donne. Non ci si può permettere di regredire abusivamente ad uno stato di fatto dannoso per l’intero sistema costituzionale europeo.

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