La rubrica “Esseri Unici” dedica l’appuntamento di oggi ad un controverso personaggio che ha scritto il suo nome nella storia, Duncan MacDougall. Duncan nacque il 15 febbraio 1878 a Glasgow, in Scozia ed è stato un medico statunitense. Il medico divenne famoso agli inizi del XX secolo quando durante alcuni esperimenti da lui condotti lo portarono ad affermare che “l’anima ha un peso”. Questo è esattamente 21 grammi. Il peso identificato scaturisce (secondo la teoria di Duncan MacDougall) dalla misurazione della massa persa da un essere umano quando l’anima lascia il corpo subito dopo la morte.
La teoria di Duncan prevedeva ovviamente di essere considerata in un ambito non solo medico-scientifico, ma anche, e soprattutto in ambito religioso. Per molte religioni infatti, compresa quella cristiana, il corpo l’essere umano non è costituito solo dalla carne, ma custodisce, una forza in grado di trascendere l’esistenza terrena. Questa spesso è definita “anima” ed è un essenza non materiale. L’anima però sempre secondo l’ambito religioso inoltre, è ciò che più dell’aspetto fisico e delle capacità, caratterizza la vita di ogni singolo individuo. Questa “forza” ovviamente rimane un oggetto di fede.
La teoria di Duncan MacDougall tra religione e scienza
Per meglio capire ogni aspetto di questi esperimenti occorre partire dall’idea di fondo che indusse MacDougall ad intraprendere questo tipo di percorso. Secondo lui “l’anima pur non potendo in alcun modo essere considerata materiale“, ha una massa. Quindi, quando l’anima lascia il corpo, si riscontra una certa diminuzione di peso. Questa variazione si verifica proprio nel momento in cui l’essenza vitale si separa dalla carne.
Per portare a termine questa complicata misurazione Duncan MacDougall costruì un letto speciale nel suo ufficio, collegato a un delicatissimo strumento con scala ad once. Lo studio iniziò con 6 soggetti appositamente selezionati per pesarne l’anima. MacDougall ne registrò il peso durante la degenza, e poco prima della morte li pesò su bilance precisissime, con un margine d’errore di 5,6 grammi. Quattro dei pazienti erano ammalati di tubercolosi, un morbo che negli Stati Uniti, all’epoca significava spesso finire in ospedale nell’attesa della morte, uno di diabete e uno di un morbo non identificato. MacDougall li osservò prima, durante e dopo la morte, misurando ogni più piccolo cambiamento fisiologico nel loro peso.
21 grammi
Dopo 6 anni i risultati dello scienziato vennero pubblicati e così resi noti al mondo. Sulla rivista accademica, American Medicine, MacDougall pubblicò il suo studio e sul New York Times, un articolo che ebbe un notevole successo mediatico. Nonostante questo, non furono affatto poche le critiche che ricevette MacDougall in merito ai suoi studi e ai suoi esperimenti. Questo sia in ambito medico che sociale. In particolare, a mettere in discussione la teoria fu il medico Augustus P. Clarke, affermando che: “il peso mancante era dovuto a un processo naturale, a causa della sudorazione del corpo dopo la morte e a causa della più alta temperatura del sangue in vita”.
Inoltre Clarke e numerosi altri medici asserirono che lo scarso numero di esperimenti effettuati da MacDougall non potevano considerarsi sufficienti tanto da poter avvalorare la tesi. La comunità scientifica quindi non accettò gli studi di MacDougall, ma ciò non gli impedì di avere un notevole seguito di sostenitori. Da allora non ci sono stati altri esperimenti simili. Resta quindi “21 grammi, il peso dell’anima”. Nel tempo questa teoria si tramutò in leggenda ripresa anche dal regista Alejandro González Iñárritu nel suo famoso “21 Grammi” del 2003.
Immagine di copertina (Duncan MacDougall) photo credit: Steemit.com
di Loretta Meloni