Bernardino di Betto forse non è un nome che ci dice molto. Ma certamente in tanti conosceranno il pittore umbro Pinturicchio o Pintoricchio, secondo le fonti. Capita così che alcune volte, un nomignolo dato a qualcuno per evidenziarne una caratteristica e talvolta anche per deriderlo un po’, diventi più noto del nome di battesimo stesso. Ecco chi fu dunque Pinturicchio, il “piccolo pintor” che tanto grande si è rivelato nell’arte Italiana tra 1400 e 1500.
Pinturicchio, una grande abilità in una piccola statura
Bernardino di Betto è noto a tutti col nome di Pinturicchio, perché sin dagli albori della sua carriera viene chiamato il “piccolo pintor” per via della sua minuta corporatura. Diventa così normale chiamarlo in questo modo, che a un certo punto lui stesso inizia a firmare le sue opere con questo soprannome. Nasce a Perugia nel 1452, dove muove i suoi primi passi, ma gran parte della sua attività si svolge tra Roma e Siena.
A Roma ha modo di fare pratica nel cuore pulsante dell’arte del secolo: la Cappella Sistina, crocevia di alcuni dei più grandi maestri del tempo. Spartendosi lo spazio sacro al fianco di nomi come Sandro Botticelli o il Ghirlandaio, Pinturicchio ruba con gli occhi elementi della tradizione toscana e inizia a forgiare il suo personale e originale gusto.
Lo stile e le opere
Le influenze esterne che maggiormente caratterizzano la sua pittura provengono da Benozzo Gozzoli, Beato Angelico, ma anche dal mago della prospettiva Piero Della Francesca. Sull’esperienza di questi, Pinturicchio fonda il suo stile, ancora legato a un certo gusto tipicamente gotico, unito a una spiccata abilità di narratore, fedele ma talvolta fantasioso nell’aggiunta di paesaggi spettacolari.
Queste caratteristiche si ritrovano già negli affreschi con vita e miracoli di San Bernardino, della Cappella Bufalini nella Chiesa romana di Santa Maria in Aracoeli. Negli anni ’80 del 1400 infatti, Niccolò di Manno Bufalini, compaesano di Pinturicchio, gli affida questa decorazione, che l’artista aveva già trattato nella sua prima opera nell’Oratorio di San Bernardino a Perugia.
Le grandi commissioni di Pinturicchio
Una delle più importanti commissioni è quella che lo vede impegnato nella decorazione dell’Appartamento Borgia, nella parte dei Palazzi Vaticani edificata nel 1400. Per papa Alessandro VI, al secolo Rodrigo Borgia, in soli due anni riesce a concludere l’incarico più impegnativo della sua vita. Con un folto gruppo di assistenti infatti realizza una ricchissima decorazione. Fonde il gusto archeologico in voga all’epoca con elementi tipici della tradizione ispanica, per celebrare le origini del papa.
Altra celebre opera che Pinturicchio realizza è la decorazione della Libreria Piccolomini a Siena. Nel 1502 comincia i suoi lavori in un ambiente del Duomo della città, soprannominato Libreria perché inizialmente destinato a contenere la collezione di libri dello zio del committente, Francesco Piccolomini. Nel 1507 porta a termine l’opera, decorando l’ambiente, verosimilmente aiutato nella realizzazione dei cartoni preparatori, dall’abile mano del giovane Raffaello.
Gli ultimi anni
Negli anni ’90 del 1400, Pinturicchio rientra in Umbria e firma alcune opere come la Pala d’Altare di Santa Maria dei Fossi e gli affreschi della Cappella Baglioni nella chiesa di Santa Maria Maggiore di Spello. Torna poi a Roma, nella chiesa di Santa Maria del Popolo, che più volte aveva curato, affrescando la volta del coro per volere di papa Giulio II.
Della sua morte, sopraggiunta l’11 Dicembre 1513, parla brevemente Vasari nelle Vite. Con la vena sarcastica che contraddistingue l’autore, ci descrive Pinturicchio come un uomo solo, ospitato in un convento di frati a Siena che, dimenticato dalla moglie e dai suoi figli, muore in compagnia della sua fama e di un baule pieno d’oro che non fa in tempo a utilizzare.
Claudia Sferrazza
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