Il canto XXXIV dell’inferno, che chiude la prima cantica, si divide in due parti esattamente uguali fra loro. Nella prima troviamo la descrizione della quarta zona di Cocito, denominata Giudecca, e soprattutto la visione di Lucifero. La seconda contiene invece il racconto dell’uscita dall’inferno e quindi del cataclisma cosmico originato dal precipitare di Lucifero, l’angelo più bello e ribelle, dall‘Empireo. Nella Giudecca, il cui nome si fa risalire a Giuda l’iscariota, sono puniti i traditori dei benefattori. Accanto a Giuda poi, ritroviamo qui, proprio nel più basso inferno, anche Bruto e Cassio che tradirono Cesare e quindi l’Impero.
L’obbedienza a Chiesa e Impero è alla base del sistema politico e morale di Dante, ed è per questo che qui il poeta colloca i peggiori peccatori. Essi, infatti, non tradirono solo gli uomini, ma tutti i basilari doveri umani. In questa estrema fossa infernale è esclusa ogni parvenza di umanità; tutto è visto dall’esterno attraverso i gesti e gli atteggiamenti, e nessun anima viene scandagliata.
“Vexilla regis prodeunt inferni”
“Avanzano i vessilli del re dell’inferno”: inizia cosi l’ultimo canto dove le prime tre parole pronunciate da Virgilio, sono tratte da un inno sacro dell’alto Medioevo in cui le insegne che avanzano sono quelle di Cristo Re, che Dante trasforma in quelle del Re dell’inferno. Siamo entrati nella Giudecca dove i dannati sono interamente sommersi nel ghiaccio. Nemmeno la testa ne viene fuori. Alcuni sono supini, altri dritti, altri ancora a testa in giù o piegati ad arco con i piedi che toccano il volto. Non si vede quasi nulla come quando la terra è velata dalla nebbia o dall’oscurità. A Dante sembra di vedere in lontananza solo un mulino girato da un vento impetuoso e si nasconde dietro Virgilio per ripararsi, fino a quando non sente il maestro esclamare “ecco Dite”.Virgilio chiama infatti Lucifero con il nome classico, lo stesso dell’Eneide. Dite per gli ebrei è Satana, per i cristiani Lucifero.
Lucifero, l’imperator del doloroso regno
Dante rivolgendosi al lettore lo invita a non chiedergli di spiegare come rimase raggelato e ammutolito di terrore alla vista di Lucifero, perché ogni parola sarebbe inadeguata. Il poeta non morì e non rimase vivo, restando in una specie di stato sospeso. L’imperatore dell’Inferno esce dal ghiaccio di Cocito dalla cintola in su, e c’è maggior proporzione tra Dante e un gigante che non tra un gigante e le braccia del mostro. Se Lucifero fu tanto bello quanto adesso è brutto, osserva Dante, e nonostante ciò osò ribellarsi al suo Creatore, allora è giusto che da lui derivi ogni male.
Il poeta si meraviglia nel vedere che Lucifero ha tre facce in una sola testa: quella al centro è rossa, infiammata come l’ira potente, e le altre due si aggiungono a questa a metà di ogni spalla, unendosi nella parte posteriore del capo. La destra è di colore giallastro,come l’invidia, la sinistra ha il colore nero dell’ignoranza. Sotto ogni faccia escono due enormi ali, proporzionate alle dimensioni del mostro e più grandi delle vele di qualunque nave: non sono piumate ma sembrano di pipistrello, e Lucifero le sbatte producendo tre venti gelidi che fanno congelare il lago di Cocito. Il mostro piange con sei occhi e le sue lacrime gocciolano lungo i suoi tre menti, mescolandosi a una bava sanguinolenta.
I traditori supremi: Giuda Bruto e Cassio
Lucifero maciulla in ognuna delle sue tre bocche un peccatore, provocando loro enorme sofferenza. Il dannato al centro non viene solo dilaniato dai denti del mostro, ma la sua schiena è graffiata dagli artigli e ne viene totalmente spellata. Virgilio spiega che il peccatore al centro è Giuda Iscariota, che ha la testa dentro la bocca e fa pendere le gambe di fuori; degli altri due, che hanno invece il capo rivolto verso il basso, quello che pende dalla faccia nera è Bruto, che si contorce e non dice nulla, mentre l’altro è Cassio.
Lucifero ci appare come una macchina disumana, una figura tragica carica di quella sacralità negativa che gli conferisce grandiosità. Dante tralascia i dati figurativi offertigli dalla tradizione letteraria, pittorica e scultoria, e lo distingue da tutti gli altri demoni fino ad ora incontrati. Lucifero è il re sconfitto e trafitto al centro del mondo, imprigionato nel ghiaccio, e il vento gelido che spira dalle sue ali è il contrario del soffio infuocato dello Spirito Santo. A questo punto Virgilio avverte Dante che è quasi notte e i due devono rimettersi in cammino, poiché ormai hanno visto tutto l’Inferno.
Uscita dall’inferno
Virgilio invita il discepolo ad abbracciarlo intorno al collo e cogliendo il momento opportuno, quando le ali del mostro sono abbastanza aperte, si aggrappa alle costole pelose di Lucifero. Scendono così lungo i fianchi del demone fino al punto in cui la coscia si congiunge al bacino.Virgilio allora, col fiato grosso, si gira e si aggrappa al pelo delle gambe, iniziando a salire verso l’alto e inducendo Dante a credere che stanno tornando all’Inferno. Il maestro avverte il discepolo di tenersi ben stretto a lui, poiché devono allontanarsi dal male dell’Inferno percorrendo quella strada, quindi esce attraverso la spaccatura di una roccia e pone Dante a sedere sull’orlo dell’apertura, raggiungendolo poi con un balzo.
A quel punto Dante alzando lo sguardo pensa di vedere Lucifero come l’ha lasciato, invece lo vede capovolto e con le gambe in alto. Virgilio lo esorta ad alzarsi subito, poiché devono ancora percorrere una via lunga e malagevole; il percorso è in effetti difficoltoso poiché si trova attraverso un budello nella roccia, quasi buio e dal suolo impervio. Dante prima di rimettersi in cammino prega il maestro di spiegargli dove sia il ghiaccio di Cocito e com’è possibile che Lucifero sia sottosopra rispetto alla posizione precedente. Infine come può essere già mattina essendo trascorso poco tempo.
Lucifero rovescia l’ordine dell’universo
Virgilio spiega a Dante che lui pensa di essere ancora nell’emisfero boreale, quello della colpa, del peccato, dove gli uomini hanno non a caso ucciso il figlio di Dio, mentre quando hanno oltrepassato il centro della Terra, punto verso il quale tendono i pesi, sono passati nell’emisfero australe, opposto all’altro dove visse e fu crocifisso Gesù. Dante poggia i piedi sull’altra faccia di una piccola sfera che costituisce la Giudecca: in quel punto è mattina quando nell’altro emisfero è sera, mentre Lucifero è sempre confitto nel ghiaccio dove l’ha visto. Virgilio spiega ancora che il demone precipitò giù dal cielo da questa parte e la terra si ritrasse per paura del contatto col mostro, raccogliendosi nell’emisfero boreale e formando il vuoto della voragine infernale, mentre in quello australe si formò la montagna del Purgatorio.
A riveder le stelle
Dante e Virgilio si mettono in cammino lungo il budello, per tornare alla luce del sole, e proseguono senza riposare un attimo, col maestro che precede il discepolo facendogli da guida. Alla fine Dante intravede gli astri del cielo attraverso un pertugio tondo nella crosta terrestre e quindi i due escono, rivedendo finalmente le stelle. Il viaggio nell’Inferno era durato esattamente 24 ore, da un tramonto a un altro tramonto. Per Dante è il momento del sollievo.
Cristina Di Maggio
Seguiteci su Facebook