Alla luce degli ultimi sconcertanti avvenimenti di Capitol Hill che hanno colpito Washington D.C., lo scorso 6 gennaio, tramite le quali il teschio di The Punisher è diventato un simbolo di sovversione, indossato da rivoltosi e gruppi della supremazia bianca, oltre che emblema della polizia, esercito e milizia, Marvel potrebbe prendere seriamente in considerazione le numerose richieste di cancellazione che hanno accompagnato da anni il personaggio di The Punisher, considerato troppo borderline addirittura per la Casa delle Idee.

Alcuni dei sostenitori di Trump, sono stati protagonisti di un tweet direttamente collegato a Marvel. La richiesta espressa nel tweet ritiene necessario un dietro-front di Marvel rispetto non solo al logo, ma all’intero concept sottostante a The Punisher.

Cosa ne pensa Garth Ennis?

Garth Ennis, noto sceneggiatore dei fumetti di The Punisher, ha commentato l’uso del logo del personaggio da parte di chi ha preso d’assalto Capitol Hill tra coloro che hanno partecipato al tentativo d’insurrezione c’era infatti chi ostentava il simbolo del vigilante, un teschio stilizzato. Garth Ennis non è l’unico ad essersi espresso in termini negativi su chi usa a sproposito il simbolo del personaggio: Gerry Conway, creatore di Castle, ha apertamente criticato i poliziotti che ostentano il logo, dato che il Punitore, non crede nel tradizionale sistema di giustizia e uccide chiunque commetta reati, inclusi i poliziotti corrotti. Questo il commento di Ennis, in un’intervista rilasciata a SyFy Wire:

Chi lo fa vuole solo indossare una maglietta con un simbolo che sembra spaventoso, atteggiarsi un po’ e poi tornare a casa dalla famiglia e riprendere la vita di tutti i giorni. Nessuno vuole veramente essere come lui. Nessuno vuole andare in guerra tre volte, di cui l’ultima andata malissimo, tornare a casa con la testa piena di vetro rotto, assistere all’uccisione della propria famiglia e poi dedicare il resto della vita alla carneficina, fredda e spietata.

"The Punisher", il teschio simbolo della serie Netflix - Photo: web
“The Punisher”, il teschio simbolo della serie Netflix – Photo: web

L’immaginario del Punisher

L’iconografia e l’immaginario del Punisher ha assunto valenze totemiche per molti poliziotti e soldati nell’ultimo decennio, “un periodo che ha visto sorgere la militarizzazione post-11 settembre e la visibilità del personaggio in nuovi fumetti e due film”, ha scritto Vulture. “È una sorta di anti-cattivo, invece che di anti-eroe”, ha spiegato Conway al TIME, descrivendo i metodi non ortodossi (rapimento, tortura, omicidio) per ristabilire giustizia nella società. Se ne era già discusso dopo l’uscita nelle sale di American Sniper, film in cui comparivano diversi riferimenti al personaggio.

Riferimenti che, però, derivavano direttamente dall’autobiografia del soldato americano Chris Kyle, alla cui vita reale è ispirato il film di Clint Eastwood. L’unità di Chris Kyle si faceva chiamare “The Punishers” ed era talmente attaccata al personaggio da impedire che un gruppo di commilitoni adottasse lo stesso nome. Nella sua autobiografia, Kyle scriveva: “Eravamo noi i Punishers, loro dovevano trovarsi un altro simbolo“. I rappresentanti della legge sanno bene che l’attrazione verso il Punisher ha una forte componente fantastica e liberatoria, ma niente che si debba imitare nella vita reale.

The Punisher: alla ricerca di sé stessi

Il filo che unisce tutti i personaggi di The Punisher è che sono alla ricerca di sé stessi e del loro posto nel mondo dopo aver subito un trauma: che sia la perdita violenta della famiglia, della memoria, degli amici, del padre o della fede, Frank, Billy Russo, Amy, Madani, Krista e John cominciano così una guerra gli uni contro gli altri perché non riescono a trovare pace nella propria vita. Ma cosa può essere la normalità per personaggi così al limite? Diversamente dal fumetto, il volto dell’antagonista è deturpato solo in parte, poiché la storia decide di concentrarsi più sulle cicatrici psicologiche che su quelle fisiche.

Se si vuole proprio trovare un difetto alla serie, lo si deve cercare nell’eccessivo realismo, che finisce col sacrificare il senso di meraviglia che dovrebbe accompagnare un’opera televisiva tratta da un fumetto: le serie, infatti, portano all’estremo l’insegnamento del Cavaliere Oscuro e calano le gesta degli eroi più urbani della Casa delle Idee in un contesto talmente reale che sacrifica addirittura i costumi degli eroi e, come nel caso del Punitore, la loro essenza. Queste le parole di Frank Castle che si rivolge apertamente a chi lo considera un modello da seguire:

Lo dirò una volta sola. Non siamo uguali. Voi avete giurato di servire la legge. Voi aiutate le persone. Io ho smesso di farlo tanto tempo fa. Voi non fate quello che faccio io. Nessuno lo fa. Volete un modello? Si chiama Capitan America, e ne sarebbe felice.

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Giuliana Aglio