I cinque orsacchiotti è una canzone del 1966 scritta da Valerio Negrini. Nel nuovo appuntamento della rubrica Letteratura per l’infanzia, una quasi favola per bambini dalla velata critica alla società del tempo, con un messaggio di speranza e positività.
I cinque orsacchiotti, Valerio Negrini: fra allegorie, elementi fiabeschi e significati nascosti
Un vecchio testo risalente al 1966 di Valerio Negrini, storico componente del più longevo gruppo italiano, i Pooh. I cinque orsacchiotti è l’unica canzone, infatti, in cui si possono ascoltare le voci di tutti i componenti della seconda formazione della band. Un brano inedito e poco noto, tanto da essere pubblicato, successivamente, in ulteriori raccolte della loro discografia. Ascoltando il testo e la melodia del brano, sembra quasi di avere a che fare con una canzone per bambini: precisamente, una fiaba musicata. Eppure, ogni strofa, pullula di analogie, allegorie e messaggi indirettamente celati. Seppur la rubrica si concentri, principalmente, su favole, libri, e contenuti dediti alla letteratura per l’infanzia, per l’appunto, questa eccezione era, necessariamente, da compiere: in primis, per la bellezza dei versi che denotano speranza; secondariamente, perché una certa cultura passata si accosti alle nuove generazioni e non si dimentichi di essere ricordata:
Siamo cinque orsacchiotti felici nel sole
camminiamo cantando le favole strane
che ascoltammo nel vento la notte che l’inverno finì
noi cantiamo così
La fata dai capelli d’argento
il velo della luna rubò
però non se la prese la luna perché
da allora ancor più bella sembrò
E noi cinque orsacchiotti guardiamo la luna
nelle notti d’estate e pensiamo che un giorno
anche noi orsacchiotti potremo volare fin là
ma nessuno lo sa.
I cinque orsacchiotti, protagonisti del testo, sono una palese allegoria ai componenti dei Pooh di quel periodo. Il nome del gruppo, fra l’altro, deriva dal protagonista della letteratura per l’infanzia creato da Milne, Winnie The Pooh; ”camminiamo cantando le favole strane”, ovvero, le canzoni. Dopo la presentazione primaria, ecco che fanno capolino i primi elementi magici: una fata che ruba il velo della luna e che, tuttavia, non va in collera; nonostante quell’elemento in meno che le è stato sottratto, appare ancora più bella.
Segue, successivamente, la riflessione dei cinque componenti-orsacchiotti: il desiderio, un giorno, di raggiungere anche loro quella luna che vedono da lontano nelle notti d’estate; probabilmente, una metafora dei desideri del tempo auspicati. Segue una strofa simile per contenuto ma, questa volta, il protagonista è un mago:
Il mago dalla barba di rame
due stelle dalla notte rubò
però non se la prese la notte perché
due stelle più lucenti indossò
E noi cinque orsacchiotti guardiamo le stelle
che ci sembrano tanto ma tanto lontane
noi vorremmo saper se ci sono orsacchiotti anche là
ma nessuno lo sa.
Come la strofa precedente, anche qui vige un messaggio ben delineato: a volte, perdere qualcosa, significa rifiorire.
Streghe e principi: punizioni degne di un contrappasso dantesco e un messaggio di rinascita
E’ evidente come ogni strofa ha per protagonisti soggetti che appartengono interamente al mondo della fiaba. Si pensò anche che tutti i magici personaggi presenti nel brano, fossero l’allegoria fiabesca di alcuni esponenti dell’allora società; quindi una critica all’attualità del tempo sotto forma di canzone leggera. Tuttavia, risulta palese come i versi del brano veicolino un messaggio di rinascita. La terza strofa racconta di una strega divoratrice di bambini:
La strega che divora i bambini
il figlio di un re si mangiò
ma fu la sua ultima cena perché
con la corona si soffocò
E noi cinque orsacchiotti vorremmo sapere
se c’è ancora una strega che possa mangiare
tutti quelli che vogliono fare del mondo un falò
non si trova però.
La strega muore con la corona, una punizione degna di un contrappasso dantesco. Risulta, però, controversa la fine della strofa: con sottile ironia i cinque orsacchiotti si chiedono se esista, invece, una strega capace di divorare coloro che ”voglio fare del mondo un falò”; probabilmente, distruggerlo in qualche modo, nella sua bellezza. La penultima storia, segue le vicende di un principe triste che si dirige con il suo cavallo alato in un mondo incantato senza far mai più ritorno. A differenza delle strofe precedenti, non si sa che fine abbia fatto il protagonista; i cinque orsacchiotti, quindi, si interrogano chiedendosi se quel principe strano, finalmente, sia felice sperando, un giorno, di scorgere anche loro quella stessa strada che porta alla felicità:
ll principe che mai non rideva
sul suo cavallo alato volò
sui monti delle tre primavere
e da quel dì mai più non tornò
E noi cinque orsacchiotti vorremmo sapere
se quel principe strano ha trovato l’amore
noi vorremmo cercare la strada che porta lassù
non chiediamo di più.
I cinque orsacchiotti, Valerio Negrini: quando ”non tutto il male non viene per nuocere”
La strofa conclusiva è, sicuramente, quella che più di tutte veicola un messaggio di speranza e rinascita ma, soprattutto, rende evidente l’intero significato della canzone: ogni episodio cantato nelle suddette strofe, descrive una sottrazione o un evento percepito come negativo ma che, tuttavia, spalanca la strada ad una sequenza di eventi positivi inaspettati. L’ultimo personaggio fiabesco è un drago:
Un drago con sei lingue di fuoco
nella terra di Scozia finì
ma fece paura per poco perché
in un lago profondo sparì
E noi cinque orsacchiotti cantiamo nel vento
e alla gente importante chiediamo soltanto
che quel drago feroce che dorme tranquillo laggiù
non si svegli mai più.
Il drago, l’essere più temibile nel mondo delle fiabe: un soggetto antagonista in molte storie della cultura fiabesca, la più nota, La bella addormentata nel bosco. Negli ultimi versi che compongono la strofa conclusiva, è accentuata la sua già palese parvenza malefica: una creatura mitico-leggendaria portatrice di distruzione. Qui, l’autore, lo raffigura addirittura con sei lingue di fuoco. Tuttavia il suo regime di terrore dura poco, perché, improvvisamente, sparisce.
L’ultima riflessione dei cinque orsacchiotti, però, è quasi un auspicio, una preghiera; loro continueranno a cantare nel vento le loro canzoni ponendosi di fronte alla gente ”importante”, quella che conta, quella ai vertici più alti, solo con una richiesta: che quel drago, allegoria fiabesca di distruzione traslata in un’attualità che non ha date nè scandenze, non riemerga con la sua sete di distruzione. Non è certa la critica alla società del tempo, tuttavia, in alcuni punti come questo potrebbe apparire palese. Ciò che è certo è che, gran parte della canzone, ha un messaggio di coraggio e di speranza traducibile semplicemente con una frase: non tutto il male vien per nuocere. A volte, la perdita di qualcosa, equivale alla crescita di qualcos’altro di più rigoglioso.
Stella Grillo
Foto in copertina: I cinque orsacchiotti – Photo Credits: it.freepik.com
Seguici su Google News