Il legame tra la caccia alle streghe del XVI e XVII secolo e il cristallizzarsi del patriarcato moderno è stato ormai più che ampiamente discusso. In quel periodo si potè assistere, infatti, ad una forte limitazione della libertà delle donne, che in quei secoli si videro gradualmente ristrette a casa e famiglia. Ma il fatto che questo processo sia avvenuto proprio agli albori del capitalismo, secondo Silvia Federici, non è una coincidenza. Ed analizzare questa connessione ci può aiutare a capire l’allarmante aumento della violenza sulle donne a cui stiamo assistendo negli ultimi anni.
Femminismo Marxista: un po’ di storia
Silvia Federici, nata a Parma nel 1942, è una storica, sociologa, ed esponente di spicco della corrente di pensiero del femminismo marxista. Esso interpreta il patriarcato e il capitalismo come due strutture connesse alle fondamenta, e l’oppressione delle donne come un aspetto della lotta di classe. La campagna Wages for Housework, fondata dalla studiosa nel 1972, “stipendio per il lavoro domestico” è forse l’applicazione pratica più illustrativa di questa corrente di pensiero.
Il libro Caccia alle Streghe, Guerra alle Donne, uscito nel 2020,è una collezione di articoli in cui Federici ripropone, in linguaggio più accessibile, temi già trattati in passato. Il volumetto conta infatti cento pagine scarse, e la prosa scorrevole lo rende molto più leggibile della sua opera fondamentale, Calibano e la strega.
Federici mette in chiaro immediatamente di non credere affatto che dietro ai roghi ci fosse l’intento, conscio ed esplicito, di creare il capitalismo o rafforzare il patriarcato. Ciononostante, questi processi sono confluiti nella nascita e sviluppo del capitalismo patriarcale, e non sapremo mai se avremmo potuto avere l’uno senza dell’altro.
Federici non è la prima ad analizzare questi nessi. Già Leopoldina Fortunati, insegnante di Sociologia all’Università di Udine e altra illustre esponente del femminismo italiano, aveva mosso simili critiche alle teorie di Marx. Nel suo libro L’Arcano della Riproduzione, ella esamina il ruolo delle donne sotto il capitalismo. Esse sono infatti responsabili della riproduzione della classe operaia in senso letterale, in quanto madri di una nuova generazione di lavoratori. Tramite il lavoro domestico e di cura che viene loro estratto tramite la forma della famiglia nucleare, però, il mantenimento del benessere dei lavoratori rimane prerogativa tutta femminile.
Cosa c’entra la caccia alle streghe con il capitalismo moderno?
Federici individua nella caccia alle streghe il periodo di “accumulazione capitalista” delle risorse, appunto, create da questo lavoro riproduttivo. Tramite i processi e le esecuzioni, viene gradualmente sottratta alle donne la sfera delle conoscenze naturali, e la libertà di attingervi per coprire il ruolo di “saggia del villaggio”. Nel frattempo, la recinzione delle terre comuni stava sottraendo alle classi più povere dei mezzi vitali di sostentamento. Questo colpì le donne, soprattutto le vedove, in maniera sproporzionata, per cui molte dovettero rimettersi alla carità dei vicini o al crimine per la propria sopravvivenza.
Spesso e volentieri, dunque, la “strega” non era nient’altro che qualcuno i cui mezzi di sussistenza erano contrari alle more del tempo, che stavano rapidamente diventando più conservatrici. Talvolta invece si trattava di donne che rivendicavano la loro reputazione di causare sciagure e ricattare i vicini benestanti. In questi casi possiamo osservare una tensione tra membri di diverse classi sociali costretti a vivere ravvicinati. Si tratta di un esempio, sicuramente molto più aspro, dello stesso istinto che porta la cameriera stressata a sputare nel caffé del cliente che l’ha appena molestata. Gesti del genere sicuramente non richiedono chissà quale possessione demoniaca.
Federici inoltre dipinge la caccia alle streghe come inserita in un cambiamento di clima culturale. In questo periodo, infatti, la concezione di sé stessi e del mondo passa dal magico e sovrannaturale a proto-scientifica, più facilmente sfruttabile da chi vuole trarre profitto dal lavoro altrui. La ‘razionalizzazione del mondo naturale’ è condizione necessaria per la rivoluzione industriale. Essa infatti non potrebbe avvenire se, ad esempio, la foresta restasse il luogo di residenza degli spiriti, da rispettare e temere, invece che “risorsa naturale”.
Donne al rogo, oggi come ieri
Federici nota le somiglianze tra questi processi e l’aumento della violenza sulle donne che stiamo osservando di questi tempi, a cui stiamo assistendo, dice:
Perché la globalizzazione è un processo di ricolonizzazione politica, intesa al dare al Capitale controllo incontestato sulle ricchezze naturali del mondo e del lavoro umano. Ciò non può accadere senza attaccare le donne, che sono direttamente responsabili per la riproduzione delle loro comunità.
Il femminicida, ovvio, non necessariamente scrive nel suo diario delle implicazioni socio-politiche del suo tentativo di riappropriarsi del controllo sulla sua ex. Ma è innegabile che questi crimini vadano a punire le donne per essere sfuggite dalle grinfie della famiglia tradizionale nella sua accezione più pura e pericolosa. Proprio allo stesso modo in cui l’adultera viene messa al rogo per aver “fraternizzato coi demoni”.
Le teorie di Federici fanno molto di più che semplicemente offrire una chiave di lettura per questi mezzi turbolenti. Insieme al suo operato politico, infatti, propongono una strategia di resistenza alla società moderna, che, oggi come nel XVI secolo, vuole renderci impotenti di fronte ai pericoli che il capitalismo ci mette di fronte.