Che anche per quest’anno, sotto l’ombrellone, dovremo far spazio al virus, è un dato di fatto. Ma per favorirne la convivenza, il ministro del turismo Garavaglia sta mettendo a punto un piano: via al tampone obbligatorio (rapido) da effettuare durante la vacanza, e prima di ogni spostamento da una struttura all’altra, per assicurarci la negatività. Questa l’idea per far ripartire il turismo. Il tampone sarebbe obbligatorio per chiunque alloggi per più di una settimana in hotel, campeggi, villaggi vacanze o bad & breackfast. Ma anche per chi, durante le vacanze, decida di cambiare struttura ricettiva, a prescindere dalla durata del viaggio: dunque, chi si sposta da un albergo all’altro, o da un campeggio all’altro, anche se all’interno della stessa regione, dovrà sottoporsi ad un tampone rapido nelle 24/48h prima del nuovo soggiorno.
L’intenzione di base è quella di superare il ‘modello Sardegna‘, lo stesso che prevede un sistema di controllo gratuito, in tutti i porti e gli aeroporti isolani che, “insieme ad un’immunizzazione di massa attraverso il vaccino [consenta] di gestire la stagione estiva in sicurezza con la ripresa del traffico turistico a beneficio di tutta la filiera produttiva”, ha annunciato ieri il governatore Solinas. Stesso modus operandi della Sicilia, dove l’ingresso sarà consentito a chi arriva con un certificato che attesti la negatività al virus o la vaccinazione. Mentre chi ne sia privo, dovrà sottoporsi ad un test all’arrivo.
Ad appoggiare l’idea del tampone obbligatorio è anche Fs, tanto che si preannuncia la partenza di treni Covid free (un Roma-Milano sarà probabilmente il primo, previsto ad aprile) con obbligo di test per passeggeri e personale, grazie al supporto della Croce Rossa. E dunque anche per i voli, il ministero dei Trasporti, sta pensando di potenziare quelli Covid-tested, ma questa volta interni: dopo Roma-New York e Roma-Atlanta, infatti, per l’estate dovrebbero spuntare quelli che collegano le principali mete turistiche del Paese.
Il piano B: “Green pass”
Il piano pensato dal ministro leghista per salvare il settore del turismo, nel caso in cui il passaporto vaccinale europeo non fosse operativo per l’inizio della stagione estiva, è quello del “certificato verde” nei 27 Paesi europei: un’idea emersa nell’ultimo Consiglio Ue, durante il quale Francia, Germania, Olanda e Belgio – a differenza dei Paesi del Sud – si sono tuttavia mostrati scettici, in virtù dell’eventuale discriminazione per la quale solo chi può certificare l’avvenuta vaccinazione potrà spostarsi da un Paese all’altro, e anche all’esterno dei confini europei, escludendo tutti coloro che invece non vogliono o non hanno la possibilità di immunizzarsi.
La Cina, primo Paese ad aver ‘sperimentato’ il Coronavirs, è anche il primo a sperimentare il “gran pass”: il certificato, digitale o cartaceo, che attesta l’immunizzazione del possessore, può essere infatti richiesto attraverso la piattaforma WeChat da tutti i cittadini cinesi (al momento non è obbligatorio). Una mossa che – secondo il ministero degli Esteri di Pechino – “Servirà a promuovere la ripresa economica mondiale e a facilitare i viaggi oltre il confine”. Stati Uniti e Gran Bretagna pensano dunque a seguirne l’esempio.
Francesca Perrotta