Il Piemonte torna al centro di un dibattito per l’interruzione volontaria di gravidanza. La regione infatti, dopo gli ostacoli posti alla RU486, la quale non può essere somministrata nei consultori, ha stabilito che, proprio all’interno di queste strutture, vi operino soltanto associazioni pro-vita.
Tutto è partito da un testo presentato dall’assessore agli affari legali Maurizio Marrone di Fratelli d’Italia, il quale ha proposto di aprire – con finanziamenti pubblici- sportelli gestiti dalle associazioni pro-vita. Associazioni contrarie alla 194, col compito di accogliere le donne decise ad interrompere la gravidanza, per dissuaderle. È stata già inviata alle ASL, la determinazione per il bando finalizzato alla redazione dei nuovi elenchi delle organizzazioni e delle associazioni, che potranno operare nei servizi di tutela materno-infantile, tra cui i consultori. Tra i requisiti richiesti, si fa infatti riferimento alla “presenza della finalità di tutela della vita fin dal concepimento e/o di attività specifiche che riguardino il sostegno alla maternità e alla tutela del neonato”.
Piemonte: un indesiderato ritorno al passato
Un aggiornamento, preso dalla DGR n.21-807 del 2010 della Giunta di centrodestra guidata dal leghista Roberto Cosa. Questa, introdusse il “Protocollo per il miglioramento del percorso assistenziale per la donna che richiede l’interruzione volontaria di gravidanza”. In quel frangente tuttavia, le associazioni Casa delle Donne e ACTIVA DONNA si opposero, presentando ricorso al Tar. Il Tribunale Amministrativo Regionale infatti, annullò il protocollo limitatamente alla parte in cui si specificava che, tra i requisiti minimi richiesti agli enti no profit per l’iscrizione agli elenchi dell’ASL, doveva esserci la finalità di tutela della vita fin dal concepimento.
Oggi, il Piemonte ha reintrodotto il requisito, causando molto malcontento. Tra i primi a manifestare disappunto, la vice capogruppo del Pd alla Camera, Chiara Gribaudo.
La scelta della regione Piemonte di privilegiare le associazioni pro-vita nell’accesso ai consultori è gravissima e viola i diritti delle donne alla propria autodeterminazione. Di fronte alla scelta difficile dell’aborto, le donne hanno bisogno di un sostegno imparziale: mettere i pro-vita nei consultori è come privilegiare le assunzioni dei medici obiettori di coscienza.
Anche la sindaca di Torino, Chiara Appendino, ha espresso il suo dissenso con un post su Twitter.
In Piemonte sembra riaffacciarsi il delirio oscurantista e ideologico dell’assessore Marrone. Se pensa di calpestare anni di lotte per i diritti delle donne probabilmente ha sbagliato regione, sicuramente ha sbagliato città.
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