Nell’ambito delle indagini sulle ONG la procura di Trapani ha adottato il delicato strumento delle intercettazioni a tappeto. Tale mezzo di registrazione ha infatti un grande margine di lesività verso la sfera privata degli individui. Ancora più grave, quindi, se adottato senza limiti contro persone non indagate. Tra le persone non collegate alle indagini che hanno comunque subito tale misura, l’unica giornalista è Nancy Porsia. È proprio lei a commentare l’accaduto in modo lapidario: «Un attacco al giornalismo che sappiamo essere la colonna portante della democrazia».
Le intercettazioni sono andate avanti per sei mesi nel 2017 eppure non una riga è finita nell’informativa per l’istruttoria processuale. Per questo motivo il nuovo guardasigilli Cartabia ha inviato, presso la Procura ispettori che accerteranno criteri e metodi degli investigatori. «Non solo hanno intercettato la mia utenza telefonica ma hanno anche attivato il positioning» cioè una sorta di pedinamento telefonico. In questo modo, secondo la reporter, ci sarebbe stato un vero e proprio «accanimento» perché «erano compromessi non solo il mio diritto alla privacy ma le mie fonti come giornalista».
Il traffico sugli esseri umani
Una risposta ufficiale sul perché sia finita sotto intercettazione proprio la Porsia non c’è. «Si entra nella speculazione» ammette la giornalista ai microfoni di “Propaganda live”. Anche perché, è sempre la Porsia a spiegarlo, dal dicembre 2016 stava svolgendo un report che toccava il tema delle ONG nel Mediterraneo solo marginalmente. Il cuore delle ricerche della reporter, infatti, non era in mare ma sulla terraferma. Per la precisione in Libia, dove le indagini si concentravano sul traffico di esseri umani ed il coinvolgimento di ufficiali della guardia costiera. Il 1 giugno 2017 il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha inoltre inserito l’inchiesta della Porsia in un report annuale sulla Libia. «La mia ricerca era una spina nel fianco rispetto alla narrativa che stava cercando di portare avanti il governo italiano».
Minniti prende le distanze
Proprio nei giorni in cui la giornalista veniva intercettata l’allora ministro degli Interni Marco Minniti tentava di legittimare un accordo di cooperazione con la Libia. Lo stesso ex Ministro oggi prende le distanze. Attraverso un’intervista rilasciata al quotidiano “La stampa” sostiene infatti che non ci sarebbero stati per lui i tempi tecnici per agire. Stando alle parole dell’ex ministro, quando era partita l’informativa, era ancora in corso il suo insediamento. Per questo non avrebbe potuto dar ordini al riguardo. Risposta poco convincente, quella di Minniti, per la giornalista che commenta: «Escusatio non petita accusatio manifesta; l’informativa era una mera linea guida rispetto all’inchiesta». In effetti l’inchiesta e le intercettazioni partirono solo in seguito, dopo l’insediamento del Ministro.
di Serena Reda