La Danimarca ha deciso di escludere il vaccino Johnson & Johnson dal programma di vaccinazione anti-Covid.
La presa di posizione delle Autorità danesi
La Danimarca ha motivato la sua decisione con le preoccupazioni per dei gravi effetti collaterali legati alla formazione di coaguli di sangue. “L’Autorità sanitaria danese ha concluso che i vantaggi dell’utilizzo del vaccino Covid-19 di Johnson & Johnson non superano il rischio di causare il possibile effetto avverso in coloro che ricevono il vaccino”, ha sottolineato l’autorità sanitaria danese in un comunicato. Tutto questo nonostante l’Oms e l’Ema abbiano entrambi autorizzato il vaccino.
La campagna vaccinale nel Regno Unito
Intanto il Regno Unito prosegue nella sua corsa in Europa sul fronte dei vaccini anti Covid. Superato il traguardo dei 50 milioni di dosi somministrate, inclusi oltre 15 milioni di richiami. Lo certificano i dati ufficiali mentre il premier Boris Johnson e il suo governo esultano per questa nuova “pietra miliare” raggiunta. Viene confermanto l’obiettivo di garantire la copertura di tutti gli adulti over 18 residenti nel Paese con almeno una dose al massimo entro il 31 luglio. Sullo sfondo restano ai minimi da mesi i ricoveri ospedalieri totali nel Regno (meno di 1.500 al momento), come quelli dei contagi e dei decessi giornalieri. Solo un morto per Covid registrato nelle ultime 24 ore nel Regno Unito.
Le parole di Boris Johnson
Il primo annuncio della meta raggiunta è arrivato dallo stesso primo ministro Tory. “Grazie allo straordinario sforzo di ciascuno – ha scritto Johnson sul suo profilo Twitter – sono ora 50 milioni le dosi di vaccino contro il Covid-19 somministrate alle persone in tutto il Regno Unito”. Non manca poi l’appello a tutti coloro che devono ancora ricevere il siero, in un Paese nel quale dalla settimana scorsa è scattata la copertura di massa fra gli ultraquarantenni. “Per favore – conclude il premier – fatevi avanti e fatevi il vaccino quando siete convocati per riceverlo”.
Il primo ministro frena sulla ripresa dei viaggi turistici all’estero
Boris Johnson frena sulla ripresa dei viaggi turistici all’estero dal Regno Unito, confermando l’intenzione di aprire qualche spiraglio dal 17 maggio ma con cautele. Limitazioni rigorose per non alimentare il rischio connesso alla varianti del virus e alla possibilità di reimportare casi di Covid dall’estero. “Vogliamo fare qualche apertura” in materia di viaggi dal 17 maggio, “ma non credo che la gente di questo Paese voglia vedere un afflusso di malattie da ovunque altrove, e certamente non lo voglio io”. E ha comunque insistito che qualunque allentamento sarà accompagnato dalle necessità di essere “molto, ma molto duri” nelle cautele relative al pericolo d’importazione delle varianti del coronavirus. Interpellato sull’intenzione attribuita al governo di stilare una ‘lista verde’ di Paesi stranieri a più basso rischio verso i quali poter riprendere a viaggiare per turismo, Johnson ha glissato, precisando che un annuncio al riguardo sarà dato “quando possibile”. Parte della maggioranza parlamentare, dei giornali e del business spinge per un’accelerazione delle riaperture post lockdown nel Regno. Oggi stesso, però, un gruppo di deputati bipartisan (conservatori e laburisti) ha invocato il rinvio di ogni alleggerimento sui viaggi all’estero: sia per ragioni di sicurezza sanitaria legate alle varianti, sia per favorire il turismo interno.
Il programma di Boris Johnson per la ripresa
Dal 17 maggio il governo dunque annuncia l’abolizione di ogni limite sulle presenze ai funerali (per i quali al momento vige il tetto dei 30 ospiti, nonché del passaggio da un limite di 15 a 50 invitati per i matrimoni. Dal 21 giugno anche le cerimonie per le nozze saranno poi esentate da ogni tetto. Infine, secondo il Mail, dovrebbe scattare in aggiunta la fine dell’obbligo del distanziamento sociale generalizzato all’aperto di oltre un metro fra le persone.
Gaia Radino