Benvenuti nell’universo narrativo di StoryLine. Il 24 maggio 1900 nasceva Eduardo De Filippo per questo abbiamo deciso di dedicare questo racconto al grande drammaturgo napoletano. Lo abbiamo fatto ispirandoci ad alcune sue famose poesie ed alcuni aneddoti sulla sua vita.
Una nave lontana si vedeva andare via verso l’orizzonte mentre il sole illuminava la sua piccola finestra. È tutto ciò che Eduardo Iovine riusciva a vedere dal davanzale del suo piccolo appartamento in un vicolo vicino all’affollatissima via Chiaia. Una pratica consueta che gli ridava quella pace spesso perduta e sempre agognata. “Io vorrei trovare la pace ma una pace senza morte”, diceva tra se ripensando agli accadimenti degli ultimi giorni. Fatti con cui aveva cercati di cambiare la sua vita in copisteria di cui era prigioniero con una più desiderata da autore.
Eduardo, le fughe e la scrittura
“Vorrei che una fra tante porte si aprisse per poter vivere e non solo respirare”, disse tra se Eduardo ripensando a quella che nella sua mente era l’ennesima porta chiusa. Una che si sommava a quelle tante che non si aprivano mai. Si era preso un giorno di riposo dalla copisteria di famiglia, dalle richieste incessanti di studenti esauriti e dai continui richiami del padre ogni volta che perdeva tempo a cercare di scrivere la minima cosa. Il suo sogno per la famiglia era considerato una cosa da signori e non per modesti lavoratori come loro.
L’unico momento in cui riusciva a perdersi nella scrittura era quando riusciva a fuggire per le consegne di volantini pubblicitari a negozi e agenzie. S’intratteneva molto spesso a scrivere sul suo prezioso blocchetto sulle panchine in strada. Cercava di cogliere ispirazione dalla vita quotidiana nel tentativo di scrivere la sua prima opera.
Fu proprio in uno di quei momenti che la vide. “L’amore è una rosa che odora di rosa e rosa non è. Indovina cos’è?”, si ricordò di aver detto Eduardo ripensando a quello strano momento. “È un lungo sogno che lega indissolubilmente due persone”, gli aveva risposto una ragazza seduta poco distante. “Mi scusi è solo una delle cose che tento di scrivere”, aveva detto. “E molto bella sei un autore?”, gli chiese. “No veramente lavoro in una copisteria”, disse imbarazzato notando una berlina che si fermò e portò via la ragazza. “Non mi avete detto neanche il nome”, disse Eduardo notando qualcosa sulla panchina a fianco alla sua, “vi siete dimenticata il giornale”. Curiosamente notò sul retro della rivista abbandonata l’annuncio per un concorso gratuito per autori con in premio una pubblicazione presso un’importante casa editrice.
Mi chiamo Ninì
“Mi chiamo Ninì”, seppe qualche giorno più tardi quando rivide per caso la donna misteriosa in copisteria. Il motivo era realizzare e stampare un invito alla sua festa dei vent’anni in uno dei locali più ricercati della città. Quella fu l’occasione di Eduardo per stabilire con lei un contatto tramite social con la scusa di richiedere i dati per l’invito. Anzi nei giorni seguenti in altra sua famosa fuga Eduardo la rivide ma decise ancora di non parlarle. Solo qualche giorno dopo le inviò un messaggio con la scusa di chiedere ulteriori dettagli per il suo invito. “Una porta che si aprì una mattina di primavera”, rammentò Eduardo mentre stava scrivendo ferventemente qualcosa. Quando infatti le inviò il primo messaggio era maggio inoltrato.
Ninì gli rispose dando inizio ad una amicizia che per Eduardo fu un sogno che lo traghettò verso nuovi lidi. In quei giorni ebbe la possibilità di conoscere un mondo mai visto fatto di ristoranti costosi e di feste Vip. Questo però comportò litigi con il padre che vedeva quasi in modo scandaloso la cosa iniziata, a suo dire, per il capriccio di una donna ricca e sperperatrice. Eduardo dal canto suo sognava e pensava ad una grande storia per quel concorso per autori che aveva trovato per caso. Voleva diventare famoso per sposare Ninì ma ancora non riusciva a trovare la trama adatta nonostante tutti i suoi sforzi. La sua mente era ormai completamente rapita da Ninì al punto tale che spesso dimenticava anche le sue consegne.
Se ti potessi dire
Eduardo era ormai completamente preso da Ninì tanto che aveva deciso di dichiararsi scrivendo quella che era la sua prima opera completa: una poesia. “Se ti potessi dire quello che il cuore sente”, si ricordò Eduardo pensando ai primi versi di quel suo componimento. Poi improvvisamente una lacrima lo riportò alla realtà mentre riappariva davanti a lui la verità. Nel momento in cui aveva deciso di consegnargli la poesia aveva visto Nini persa in un abbraccio con un altro uomo mentre diceva: “Eduardo è solo un gioco e io ora voglio giocare con te”. Di nuovo si ricordò la sua rabbia con la quale aveva distrutto mezza stanza.
Ci ripensava ancora accorgendosi solo allora di aver scritto il suo primo soggetto e l’aveva intitolato “L’amore cos’è?”. “Continua a scrivere e avrai la risposta”, gli disse qualche giorno dopo il padre richiamando la sua attenzione su una mail che gli annunciava di essere stato selezionato per le finali del concorso. Era la prima volta che il genitore lo esortava a farlo e forse, tutto sommato, in mezzo a tanti portoni chiusi, una porta si era aperta e probabilmente lo sarebbe rimasta a lungo senza richiudersi. Eduardo si affacciò guardando il mare immaginando di ripartire come ogni nave che attraccava al porto. In quell’istante gli parve di vedere Ninì passare con l’aria triste di chi è stata abbandonata sotto la sua finestra ma era troppo tardi. Quel copione era già stato scritto ed ora di raccontarne uno nuovo.
Stefano Delle Cave