Continua la discussione sul video dell’incidente del Mottarone pubblicato da molte testate giornalistiche dopo la messa in onda del Tg3. In un comunicato stampa la procura di Verbania ha fatto sapere che chi ha diffuso queste immagini ha infranto la legge. Si tratta di un video che nemmeno i familiari delle vittime avevano visto

Il caso del video del Mottarone

Un tweet del direttore di Wired Federico Ferrazza con il comunicato della Procura di Verbania

Continua far discutere la diffusione di un video delle telecamere di sorveglianza della funivia del Mottarone sul drammatico incidente avvenuto nei giorni scorsi. In comunicato stampa la Procura di Verbania ha chiarito come i giornalisti ,che hanno pubblicato queste delicate immagini, abbiano infranto la legge. Questo perchè, spiegano da Verbania, si tratta di contenuti “di cui, ai sensi dell’articolo 114 comma 2 c.p.p., è comunque vietata la pubblicazione, anche parziale, trattandosi di atti che, benché non più coperti da segreto in quanto noti agli indagati, sono relativi a procedimento in fase di indagini preliminari”. Per questo chi ha pubblicato il video lo ha fatto illegalmente.

Il procuratore Olimpia Bossi, firmataria del comunicato, ha ribadito inoltre “l’assoluta inopportunità della pubblicazione di tali riprese, che ritraggono gli ultimi drammatici istanti della vita dei passeggeri […] per il doveroso rispetto che tutti, parti processuali, inquirenti e organi di informazione, siamo tenuti a portare alle vittime, al dolore delle loro famiglie, al cordoglio di un’intera comunità“.

Le immagini non era mai state mostrate ai familiari

A rendere ancora più controversa la vicenda è che queste immagini pubblicate non erano mai state fatte vedere ai familiari delle vittime come reso noto nel comunicato stampa della Procura di Verbania. Questo perchè lo loro sofferenza, fanno sapere da Verbania, ”non può e non deve essere ulteriormente acuita da iniziative come questa”. Si tratta, infatti, di immagini di alto impatto emotivo la cui pubblicazione è stata anche giustificata come dovere di cronaca.

Stefano delle Cave