Benvenute nell’universo femminile di LetteralMente Donna. Faremo un viaggio nel tempo nella prima metà del 900′. Parleremo di guerra e di Resistenza e della forza delle donne partigiane. Abbiamo dedicato questa puntata di oggi a Renata Viganò
“La cosa più importante nelle azioni della mia vita”
Con queste parole Renata Viganò parlava della Resistenza e del suo impatto sulla sua vita. Staffetta, infermiera e giornalista clandestina la Viganò abbraccio pienamente la guerra partigiana insieme al marito. La sua è la storia di quelle donne che combatterono aldilà di un semplice ideale politico e seppero far valere la loro testimonianza in una letteratura partigiana del dopoguerra dove spesso avevano erroneamente un ruolo secondario.
Renata Viganò e la Resistenza
“L’Agnese è la sintesi, la rappresentante di tutte le donne che sono partite da una loro semplice chiusa vita di lavoro duro e di famiglia povera per aprirsi un varco dopo l’altro nel pensiero ristretto a piccole cose, per trovarsi nella folla che ha costruito la strada della libertà”
Così scrive Renata Viganò in “Matrimonio di “Matrimonio in brigata” parlando del suo famoso romanzo “L’Agnese va a morire” che le valse il premio Viareggio. La sua è una testimonianza neorealista che racconta attraverso elementi di finzione e di realtà senza retorica quella che fu la guerra partigiana per le donne e il ruolo importante che rivestirono nella Resistenza. In questo fu certamente aiutata dal fatto di essere stata personalmente una partigiana al fianco del marito che era comandante di brigata.
L’importanza della donna
La donna è sempre stata protagonista delle opere di Renata Viganò. Nel 1955 la scrittrice bolognese pubblica “Donne della Resistenza” offrendo un ritratto di vento bolognesi partigiane morte. Qualche anno prima invece era stata la volta di “Mondine” dedicato alla bracciante Maria Margotti uccisa in uno sciopero del 1949. Due opere che testimoniano quell’attaccamento alle donne del popolo nato dopo la crisi della sua famiglia borghese che la fece iniziare a lavorare e soprattutto trovare, come la Viganò stesso dichiarò, il suo “posto nella classe operaia”.
Stefano Delle Cave