Non solo Italia, Grecia, Turchia, Algeria, California: a bruciare in questa estate rovente c’è anche la Jacuzia, in Siberia. Da settimane gli incendi devastano la taiga, con una ferocia senza precedenti. Il fumo, acre, si sparge per migliaia di chilometri e la settimana passata, per la prima volta nella storia, ha raggiunto persino il Polo Nord.  Stando a Greenpeace Russia i roghi qui, per estensione, superano tutti gli altri incendi del mondo messi insieme. E c’è un singolo ‘fronte’ di ben 1,5 milioni di ettari che ormai è a un passo dal diventare il più grande incendio nella storia documentata del pianeta. L’apocalisse che sta vivendo la Jacuzia rappresenta un perfetto esempio di danni da cambiamento climatico sommati all’incuria dell’uomo. L’aumento di tre gradi centigradi dell’inizio del XX secolo, combinato alla siccità record in 150 anni e a venti forti, ha trasformato la sua vasta foresta di taiga in una polveriera. Per l’esperta di Greenpeace Yulia Davydova c’è poi la mala pratica del disboscamento, legale e non, ad aver aggravato la situazione. Inoltre le autorità regionali non sono tenute a spegnere gli incendi nelle cosiddette “zone di controllo”, ovvero aree lontane dagli insediamenti umani. Una combinazione di fattori che ha creato la tempesta perfetta.

Solo la pioggia potrebbe fermare o rallentare l’incendio, ma – secondo l’attivista – le precipitazioni che cadono sulla zona sono troppo deboli per farlo. Intanto, il fumo dell’incendio ha raggiunto il Polo Nord: non era mai successo prima. La densa colonna grigia ha viaggiato per oltre 3 mila chilometri e ha raggiunto la Jacuzia, la regione più grande e più fredda della Russia, dove una coltre scura e acre copre da giorni centinaia di villaggi. “Nel migliore delle ipotesi potremmo salvare gli insediamenti e le infrastrutture che si trovano sul percorso dell’incendio” ha concluso Yaroshenko.

Gli esperti puntano il dito contro il rapido riscaldamento climatico che ha investito la Siberia: in passato era zona più fredda della Terra, ora si registrano temperature record, intorno ai 40 gradi. Dall’inizio del ventesimo secolo la temperatura media annuale siberiana è aumentata di 3 gradi centigradi, trasformando l’habitat polare in una zona soggetta a siccità: e proprio la siccità, insieme ai venti forti che soffiano sulla taiga, ha trasformato il Polo Nord in una vera e propria polveriera. Ma le cause dell’enorme incendio non sono solo atmosferiche: per l’esperta di Greenpeace Yulia Davydova, anche il disboscamento “è un fattore chiave della diffusione senza precedente degli incendi”. A tutto questo si aggiunge anche il vuoto amministrativo creato dallo smantellamento della rete di aviazione federale per il controllo dei roghi, avvenuto nel 2007, e dal fatto che le autorità regionali delegate non sono obbligate a spegnere gli incendi nelle aree lontane alle zone abitate.