Se da una parte il carattere e la poetica di Irmgard Keun fecero di lei una della Neu Frau, fu il suo primo libro Gilgi, eine von uns a definirla un caso editoriale italiano. Il momento in cui veniva diffusa la letteratura tedesca in Italia coincideva, come già introdotto, con l’avvento delle prime pratiche censorie. Allo stesso modo in cui la censura preventiva aveva smorzato l’energia e le tematiche dei libri di Gina Kaus, Adrienne Thomas o Vicki Baum e tutte le altre “donne nuove”, anche Irmgard Keun non ne fu risparmiata. 

Il cuore dell’unicità del suo caso fu nella modalità di taglio e intervento che venne fatto sulla prima edizione italiana Gilgi, una di noi pubblicata da Mondadori. Quando venne pubblicata questa versione nel 1934, in Germania ne era già stata proibita la diffusione da un anno. Il regime fascista ne aveva permesso la pubblicazione, ma con un compromesso che stravolse la vera natura del libro. L’edizione censurata fu pubblicata da Mondadori nel 1934, come n 35 de «I Romanzi della Palma» e tradotta da Lina Ricotti. Si dovette aspettare molto affinché la dignità della narrazione riacquistasse il suo valore. Fu una casa editrice indipendente romana a riportare alla luce la vera natura di Gilgi, una di noi. Nel recente 2016 L’orma editore recuperò l’opera di Irmgard Keun nella sua interezza più autentica e pubblicò la versione integrale Gilgi, una di noi tradotta da Annalisa Pelizzola.  Con la pubblicazione de L’orma editore nel 2016 Gilgi poté tornare a passeggiare a testa alta, con l’aria orgogliosa e fiera della Neue Frau, ma anche con tutte le contraddizioni del periodo in fermento. 


In Gilgi emergeva la tematica politica, quella della maternità e dell’aborto: tutto trattato in una chiave di sottinteso patriottismo, di opposizione alla disuguaglianza sociale. Tutte le tematiche sociali venivano esposte in un’ottica di protesta verso l’antico binomio povertà-lusso, spunto che mosse la ricerca di Gilgi nell’autonomia nel lavoro.  Quello di Keun, con il romanzo Gilgi una di noi, sembrò essere un esercizio di modernità: un libro di piacevole lettura che non stancava, e che attraverso l’ironia lasciò entrare nella scrittura anche questione più urgenti. 

Lo stile con cui Keun incorniciava il personaggio di Gilgi era paragonabile alla fisionomia stessa della protagonista: capelli corti, fianchi sottili, spalle magre. La scrittura di Keun era slanciata, lineare: un tono colloquiale ma con un distacco che rendeva la lettura scorrevole e piacevole. Nonostante la fluidità della narrazione, in Gilgi una di noi si riscontrava uno stile a tratti frammentario, caratterizzato da un alternarsi di periodi diretti e flussi di coscienza. Lo scambiarsi di discorsi diretti e indiretti fecero emergere i diversi aspetti della protagonista, quasi a dar forma a più voci – forse corali – della narrazione. In questo ritmo periodico si riconoscevano gli stessi contrasti dell’agire di Gilgi. Così Irmgard Keun associava a ogni condizione emotiva un carattere di stile pensato e ricercato.  Una scrittura che, in alcuni casi, si avvicinava più alla lingua parlata che a una narrazione ponderata: ne davano testimonianza le ricorrenti onomatopee e una fitta punteggiatura che scandiva il ritmo della narrazione. 

Quella di Irmgard Keun si rivelò una scrittura musicale, cinematografica, in cui si riconosceva il riflesso dei nuovi modelli di stile che stavano affermando negli anni Trenta. Dalla persuasione e semplicità della pubblicità, anche la descrizione dettagliata degli oggetti, degli abiti indossati, sembravano riecheggiare la moda tedesca dell’epoca. L’ironia fu il canale attraverso cui tutta la narrazione si snodava, riscontrata anche nella scelta stilistica di molti neologismi. 

Lo stile nominale e le invenzioni linguistiche, difatti, affermavano la tendenza di Keun di immergersi in una modernità fresca e semplice. L’importanza dei discorsi, in Gilgi una di noi, non fu solo legata allo stile della scrittura; per ogni personaggio Keun associava un discorso più alto: sociale, politico, morale. E così se la voce di Gilgi spesso si sdoppiava, quella degli altri personaggi si aggiungeva al coro di punti di vista. Attraverso la voce di ogni personaggio Keun riuscì a sublimare tematiche e condizioni storiche-sociali con uno stile così leggero da riuscire ad arrivare a ogni lettore senza pretese ma con precisione. Gilgi, alla luce di tutto questo, sembrò rappresentare in quel “una di noi” un senso di condivisione, la voce corale – ma non chiassosa – femminile che si oppose al silenzio della precedente generazione. Fu un prodotto di massa che scardinava tutti gli stereotipi, e che riconosceva nelle proprie forze l’unica fiducia verso la realtà.